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 2017  luglio 18 Martedì calendario

La Cina cresce oltre le attese: +6,9%

Il battage che ha preceduto la Central financial work conference – un evento ad altissimo livello governativo che si è svolto a porte chiuse nel weekend – ha trovato un riscontro nella nascita annunciata di un organismo di coordinamento delle autorità finanziarie – borsa, banche, assicurazioni – accentrato in capo alla Banca centrale cinese.
Il timore di rischi sistemici – ricordiamo che, esattamente due anni fa, la borsa crollò clamorosamente e lo yuan iniziò la sua lunga discesa, seminando il panico nei mercati globali – è talmente forte che la Central financial work conference ha “partorito” il super organismo necessario a gestire l’implementazione delle riforme per aprire i mercati finanziari, spesso bloccate dalle lotte intestine tra i vari poteri. Viene accolto così un invito più volte lanciato dal governatore Zhou Xiaochuan a snellire le procedure, anche se Zhou, ormai al terzo mandato, ha superato già da un pezzo l’età della pensione: chi prederà il suo posto dovrà farsi carico anche di questi nuovi onerosi compiti.
Il presidente Xi Jinping ha ribadito la necessità di queste riforme che, peraltro, si stanno realizzando anche in altri ambiti, ad esempio nelle 11 free trade zones autorizzate dove, dallo scorso 10 luglio, è in vigore una nuova negative list degli investimenti, mentre dal prossimo 28 luglio parte il nuovo catalogo degli investimenti autorizzati.
L’economia cinese, ieri – data di presentazione del Pil del secondo trimestre – è cresciuta del 6,9 per cento. Su base trimestrale, ha rivelato l’Istituto nazionale di statistica – la crescita è salita all’1,7 per cento dall’1,3 per cento nel primo trimestre, in linea con le aspettative. Pechino ha fissato un target di crescita più basso pari al 6,5 per cento per il 2017, nel 2016 la crescita del 6,7 per cento è stata la più debole in 26 anni.
Domani, all’apertura del nuovo Dialogo economico Usa-Cina che si terrà a Washington dopo la fine (ieri per chi legge) dei 100 giorni interlocutori decisi a Mar a Lago in Florida da Xi e Donald Trump, la Cina si presenta in buona forma, anche se, precisa sempre l’Istat cinese, «l’instabilità e le incertezze internazionali sono ancora relativamente grandi e l’accumulo a lungo termine degli squilibri strutturali a livello nazionale rimane».
L’output della Cina è cresciuto del 7,6 per cento in giugno dallo stesso mese dell’anno scorso, mentre gli investimenti in immobilizzazioni sono aumentati dell’8,6 per cento nei primi sei mesi dell’anno. Le vendite al dettaglio sono aumentate dell’1 per cento in giugno, il ritmo più veloce dal dicembre di due anni fa.
Una ripresa nella domanda mondiale di prodotti cinesi è un valore aggiunto per Pechino, alle prese con un incremento del debito al 277 per cento del Pil e riforme cruciali come la riduzione dell’overcapacity nell’acciaio e nel carbone e le misure di raffreddamento dei prezzi degli immobili che sembrano gradatamente andare a regime. La scorsa settimana, comunque, l’import-export cinese è aumentato più velocemente di quanto previsto in giugno rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, il che potrebbe compensare altri elementi meno forti del quadro del secondo trimestre.