Libero, 15 luglio 2017
Io odio l’islam e i giornalisti odiano se stessi
Dunque. Il mese scorso l’Ordine dei giornalisti (della Lombardia) ha sospeso dalla professione il giornalista Filippo Facci (lo scrivente) per l’articolo «Perché odio l’Islam» pubblicato da Libero, ma giovedì scorso l’Ordine dei Giornalisti (dell’ Abruzzo) ha accreditato l’incontro «Perché odio l’Islam. Come cambia il giornalismo dopo il caso Facci» al festival della comunicazione «Contronsenso» tenutosi a Tagliacozzo (L’Aquila) alla presenza di Facci medesimo, dell’ Iman Samiri Elhaj, della giornalista Tiziana Ciavardini e del formatore Guido Ottombrino.
Va aggiunto che l’incontro ha fruttato a Facci un numero imprecisato di crediti formativi dell’Ordine dei Giornalisti (da 6 a 12) e che Facci ovviamente è stato spesato per il viaggio e l’alloggio; va pure aggiunto che tutti i relatori dell’incontro si sono detti sostanzialmente d’accordo con Facci in linea generale (ossia sull’importanza della libertà di opinione, ma soprattutto sull’abnormità della sentenza espressa dall’Ordine dei giornalisti, quello della Lombardia) e va pure aggiunto che, presente al Festival, era anche Stefano Pallotta, presidente dell’Ordine dei giornalisti (dell’Abruzzo) e prodigo consigliere di vie alpinistiche del Gran Sasso che Facci avrebbe scalato l’indomani: tra l’altro con la sfiga d’incontrare, sulla via normale del Corno Grande, lo scrittore Erri De Luca.
Detto questo, siamo perfettamente consapevoli d’aver esposto i fatti in maniera che può sembrare ubriacante: ma è andata precisamente così, i fatti sono questi, e i commenti vengono dopo.
E potrebbero essere tanti e diversi, i commenti. Uno, per esempio, potrebbe essere che gli ordini dei giornalisti (regionali) non sono tutti uguali, ma che quello dell’Abruzzo e gli intervenuti all’incontro (imam compreso) hanno capito ciò che l’ordine della Lombardia non è riuscito a dissimulare neppure con una sentenza malfatta e incespicante: che anche il più duro e ruvido degli articoli serve a discutere esattamente come si è fatto, a patto di non violare nessuna legge dello Stato e all’apparenza neppure nessuna regola deontologica dell’Ordine medesimo.
La procura, che pure ha visionato l’articolo e la sentenza dell’ordine lombardo, non ha ravvisato reati; la legge professionale dei giornalisti che regola la deontologia, inoltre, parla solo della necessità di tutelare «la persona umana e il rispetto della verità sostanziale dei fatti» e però l’articolo in questione non parlava di singole persone umane (neanche animali) e neppure di fatti, in quanto trattavasi di un’opinione sganciata da qualsiasi episodio di cronaca: era solo una chiara e provocatoria invettiva contro l’impossibilità di criticare l’Islam (tutto l’Islam) come paradossalmente, nell’Italia del 2017, è possibile fare per qualsiasi altra religione, ideologia o dimensione culturale. Insomma, l’accreditato Festival abruzzese ha reagito come la maggioranza dei giornalisti e degli opinion-maker hanno fatto nelle settimane scorse: difendendo la libertà di espressione da una decisione che è parsa assurda logicamente, tecnicamente e giuridicamente. Dopodiché, beninteso, un articolo può anche far schifo a chi lo legge. Ma l’impedire di scriverlo (di scrivere: per due mesi senza stipendio) non può essere lasciato nelle mani del primo che passa, come ha dimostrato essere mia opinione – l’estensore della sentenza di cui stiamo parlando.
In Italia, così pare, è permesso criticare e persino odiare (o amare) una religione e un inseparabile sistema politicoculturale, è permesso esprimere delle idee dichiarando di detestarne altre, e il dire che si odia qualcosa non può essere fatto automaticamente equivalere a fomentare odio, altrimenti la parola odio diverrebbe inutilizzabile in ogni occasione. In Italia, così pare, il termine «razzismo» ha ancora un preciso significato anche se ormai è un’espressione usata come il prezzemolo, a dispetto di quanto riferiscono vocabolari o enciclopedie. In Italia, soprattutto, c’è l’articolo 21 della Costituzione: se qualcuno non volesse leggere gli articolacci di Libero, può sempre andare a rileggersi quello.