la Repubblica, 16 luglio 2017
Leggete il Dna, è pieno di storie
L’ispirazione per il mio primo libro – Il cucchiaino scomparso – nasce da quello che è probabilmente il miglior libro scientifico- letterario degli ultimi cento anni, Il sistema periodico di Primo Levi. Ho sempre desiderato contribuire, per quanto modestamente, a questa tradizione. Oggi la scienza narrata è più vitale che mai, in quanto nell’ultimo mezzo secolo la scienza ha conosciuto un’evoluzione rapidissima, diventando sempre più prestigiosa e affascinante, ed entrando a far parte di sempre nuovi ambiti nella nostra vita. Ma al tempo stesso ha ormai assunto una complessità tale che talvolta persino i chimici, i biologi e i fisici non riescono a comunicare tra di loro. La conseguenza è stata una difficoltà di comprensione da parte del grande pubblico. Chi sostiene e ama la scienza deve riuscire a coinvolgere e a entusiasmare le persone comuni, di modo che non la guardino come un nemico. Sono convinto che il racconto scientifico sia il modo migliore per colmare la distanza. Racconti che rendano la scienza più accessibile e meno ostile. Racconti che ci ispirino e ci riempiano di stupore, quello stesso stupore che tutti abbiamo provato di fronte alla scienza: ammirazione per le immense dimensioni e distanze dell’universo; gioia davanti alla maestosità di una gemma o di un fossile; sollievo per aver salvato una vita grazie alla medicina. I racconti possono inoltre aiutare le persone a capire meglio la scienza. È un dato di fatto che il cervello umano ricorda meglio le informazioni se queste vengono trasmesse sotto forma di racconto. È molto più difficile memorizzare fatti tra di loro scollegati o elenchi di numeri. Ma se si presenta invece qualcosa che ha un inizio, una parte centrale e una fine, che ha al suo interno personaggi buoni e cattivi, con un punto culminante e una risoluzione, allora la comprensione è immediata. La scienza non è solo narrativa, c’è anche la matematica ogni tanto, ma persino gli scienziati, quando lavorano al meglio, finiscono per raccontare una storia: la storia di come è avvenuta una determinata reazione o di come si è comportato un certo animale durante una crisi. Mi sembra opportuno che un premio scientifico/ letterario venga conferito ad un libro che abbia come protagonista il Dna, poiché il Dna è lo strumento che la biologia usa per raccontare delle storie. All’interno delle cellule il Dna svolge le funzioni di linguaggio, un linguaggio i cui caratteri sono sostanze chimiche, ma che ha comunque la funzione di trasmettere informazioni.
Oggi i genetisti non potrebbero neanche parlare del proprio lavoro senza tutti i termini che hanno preso in prestito dallo studio delle lingue. Il Dna ha sinonimi, traduzioni, punteggiatura, prefissi e suffissi. Le mutazioni sono essenzialmente degli insidiosi refusi. La genetica ha persino una sua grammatica e sintassi, ossia le regole che stabiliscono come le “parole” biologiche vengono abbinate in “frasi” proteiche che possono essere lette dalle cellule. E, cosa ancora più importante, il genoma umano racconta una storia, e il Dna è la lingua nelle quale è scritta. Di che storia si tratta? Della più incredibile storia mai raccontata: l’improbabile ascesa degli esseri umani sul pianeta terra.
Per me la cosa più straordinaria è che in passato si era pensato che molti capitoli di questa storia fossero scomparsi per sempre. O era trascorso troppo tempo, o mancavano i reperti fossili o archeologici che ci avrebbero consentito di ricostruire gli eventi del nostro passato. Abbiamo però scoperto che in realtà abbiamo sempre portato con noi questi capitoli “perduti”: migliaia di miliardi di copie fedelmente conservate, che gli amanuensi all’interno delle nostre cellule hanno trascritto ad ogni ora di ogni giorno nei secoli bui del nostro Dna, in attesa che fossimo in grado di comprenderne il linguaggio. È il racconto delle nostre origini; di come a un certo punto ci siamo trovati sull’orlo dell’estinzione; di come ci siamo evoluti dal brodo primordiale fino a diventare la specie più dominante che il nostro pianeta abbia mai conosciuto; e molto altro ancora. Ma sono anche storie che ci parlano in modo molto personale: storie di vita e di morte, di malattia e di perdita, di eroi e di miti. Anche nel caso di questi racconti stiamo vivendo un momento speciale. Solo negli ultimi decenni abbiamo imparato a decifrarli, grazie agli straordinari progressi della tecnologia del Dna. Venti anni fa mi sarebbe stato impossibile scrivere questo libro. Nel frattempo abbiamo appreso così tante cose, volumi e volumi di storie. Questi racconti sono stati salvati per sempre, e ne stiamo decrittando di nuovi, traducendoli dal linguaggio del Dna nei nostri linguaggi. E sono felice che, scrivendo Il pollice del violinista, io abbia potuto avere una piccola parte nel rendere queste storie note al pubblico.