la Repubblica, 15 luglio 2017
Mafiosi, pastori, piromani seriali. Ecco chi brucia i boschi del Sud
Sono pastori, come quelli condannati a Santa Maria Capua Vetere qualche mese fa e beccati a dare alle fiamme i campi per rinnovare l’erba. Sono agricoltori imprudenti, che bruciano sterpaglie e poi non controllano il fuoco, come il coltivatore arrestato martedì scorso sulla Sila per aver causato un incendio che ha devastato sessanta ettari di bosco. Sono i precari del settore della forestale, che sperano di avere più lavoro dando fuoco a tutto, come il bracciante arrestato a Palermo la scorsa estate. Sono i pazzi e gli stupidi, sì perché anche questi non mancano, che amano il fuoco, come i ragazzini che a Crotone si divertivano ad appiccare le fiamme con carta e accendini a ridosso del bosco. Ma c’è anche dell’altro, almeno questo è il sospetto degli inquirenti che indagano su quanto accaduto in questi giorni: un’organizzazione criminale che sul Vesuvio potrebbe avere interessi a creare l’inferno per gestire poi discariche abusive e far diventare terra di nessuno un pezzo del Parco, mentre sui Nebrodi la pista si chiama «mafia rurale». La mafia dei pascoli, che impone la sua legge ai proprietari che non vogliono cedere in affitto i terreni sui quali poi l’Unione europea fa scendere una pioggia dorata di contributi, la mafia che reagisce alla stretta sulle concessioni dei terreni demaniali dopo la firma del protocollo che obbliga ad avere la certificazione antimafia.
Eccoli qui i piromani d’Italia che quest’anno hanno fatto andare in fumo 26mila ettari di boschi in appena un mese e mezzo, quanto in tutto il 2016. Un quinto soltanto in Sicilia, con 5mila ettari di aree boschive che oggi non esistono più, da Messina a San Vito Lo Capo. Boschi devastati dalla mano dell’uomo, perché una cosa è certa: «Il 99 per cento degli incendi è causato dalle persone, per dolo o per colpa e volontà di commettere reati», dice il tenente colonnello Marco Di Fonzo del comando Tutela forestale dei carabinieri.
GLI ARRESTI E LE CONDANNE
Ma chi sono i colpevoli di questo disastro? Quanti sono stati fermati e cosa raccontano le condanne definitive degli ultimi anni? Mediamente sono circa 600 i piromani denunciati o fermati annualmente. Molte meno le condanne, visto che, secondo il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, sono solo 17 i detenuti per reati che hanno a che fare con l’incendio boschivo.
I SOLITARI
Ad appiccare il fuoco sono spesso piromani senza alcuna motivazione apparente. Qualche giorno fa a Crotone sono stati fermati un ventinovenne e un ragazzino che con in mano un accendino e alcuni giornali davano alle fiamme gli arbusti secchi a ridosso di una zona boschiva. Lo scorso 10 giugno, a Bologna, è stato denunciato, con l’accusa di essere un piromane seriale, un pensionato che dava fuoco alle sterpaglie nelle zone attorno alla città. Ieri alle porte di Roma è stato fermato un operaio che accendeva roghi in diversi punti della strada, senza apparente motivo.
ALLEVATORI E BRACCONIERI
Ma i grandi incendi nei boschi e nei terreni sono spesso voluti per motivi economici. Sul banco degli imputati finiscono in primis allevatori e agricoltori, convinti che le fiamme servano a rigenerare i campi e quindi a creare più foraggio per i loro armenti. Le storie parlano chiaro: a Taormina il mese scorso è stato denunciato un pastore che stava dando fuoco ai monti che sovrastano la cittadina, a Trapani è andato in fumo tutto il monte di Erice e gli inquirenti hanno fermato un pastore romeno. Ma tra i piromani oltre che gli allevatori ci sono pure i cacciatori di frodo, come quello denunciato a Brescia a gennaio perché aveva dato alle fiamme un bosco in Valcamonica per far scappare gli animali e prenderli più facilmente.
CRIMINALITÀ E CLAN
Su quanto accaduto sul Vesuvio e sui Nebrodi le piste sono anche altre: «Non escludiamo nulla, anche una reazione contro i Parchi che qui hanno portato legalità e controlli e dato fastidio a qualcuno», dice il colonnello Di Fonzo. In Sicilia qualcosa di strano sta avvenendo dal 2014. «Guarda caso, rispetto al 2013, gli incendi sono cresciuti del 700 per cento, questo dopo che abbiamo esteso a tutta l’Isola il protocollo voluto dal presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci, che impone la certificazione antimafia per gestire terreni pubblici», dice l’ex assessore all’Agricoltura Nino Caleca. A fine giugno la zona sopra Patti è andata in fumo con almeno una dozzina di roghi accesi in punti differenti. «Siamo sotto attacco, duemila roghi da Palermo a Catania non sono un caso», dice l’assessore al Territorio, Maurizio Croce. Ma in Sicilia nessuno indaga sui piromani. Carabinieri e polizia sono indaffarati su altri fronti, e il Corpo forestale rimasto in vita solo nell’Isola non ha i soldi nemmeno per la benzina.