la Repubblica, 15 luglio 2017
Ma così il Grande freddo ci ha cambiato la vita. Rispetto al 2011 più debiti e meno spese. Export in corsa
MILANO L’Italia prepara l’operazione riaggancio. La remuntada – parola della Banca d’Italia – è iniziata. Nel 2019 il Pil nazionale tornerà ai livelli di inizio 2011, quando non avevamo ancora fatto i conti con le fibrillazioni dei debiti sovrani e dello spread. Unico problema: i numeri saranno (forse) quelli di allora, ma la crisi ha cambiato l’identikit della nazione. Il Belpaese di oggi è il “gemello diverso” di quello di sei anni fa: molto più indebitato, con il 15% di famiglie in più che vivono in povertà assoluta e un mercato del lavoro che non riesce a tenere il passo con la finanza. Un Bengodi per chi fa affari in Borsa (Piazza Affari è già tornata ai prezzi del 2011) o può permettersi di campare di rendite. Un disastro per chi cerca lavoro, visto che il tasso di disoccupazione è più alto del 41% rispetto a quello di allora. Risultato: gli italiani costretti ad andare a cercar fortuna all’estero, con buona pace delle illusioni ottiche del Pil, sono raddoppiati rispetto a sei anni fa.
Gli stranieri – abituati a leggere i numeri in controluce – hanno mangiato la foglia da tempo e non si fanno troppe illusioni. È vero che la nostra economia dà segni di ripresa e che grazie ai piccoli miracoli quotidiani del made in Italy esportiamo oggi il 10% in più del 2011. Ma il motore del Belpaese resta imballato. Gli investimenti – pubblici e privati – sono crollati, il debito pubblico a carico di ogni italiano è salito dai 31.516 euro di sei anni fa ai 37.450 di oggi. E gli investitori esteri hanno tagliato drasticamente (non si sa mai) gli acquisti di Bot e Btp: prima della crisi avevano in portafoglio il 42% dei titoli di Stato tricolori. Ora sono scesi al 31% e hanno lasciato il cerino in mano alle banche di casa nostra.
I conti non tornano nemmeno nelle tasche degli italiani. Negli ultimi anni il crollo del potere d’acquisto del ceto medio ha costretto gran parte delle famiglie a improvvisarsi ministri delle finanze (personali) e varare dolorosissime finanziarie fai-da-te: abbiamo tagliato viaggi, usato meno le auto – 5mila tonnellate di carburante “risparmiato” dal 2011 ad oggi – rimandato il cambio della lavatrice o quello della casa, sforbiciato sfizi come ristoranti e cinema. Il 6,5% dei nostri concittadini – certifica l’Istat – è stato costretto addirittura a rinunciare a curarsi per sbarcare il lunario. Ma è servito a poco: sei anni fa solo il 15% delle famiglie era costretto a mettere mano ai risparmi o a indebitarsi per fare quadrare i conti di casa. Oggi sono il 25%.
Quando le cose vanno così, la crisi diventa un gatto che si morde la coda. Soldi sul conto corrente ce ne sono sempre meno. Le entrate – complice l’aumento della disoccupazione e tanti giovani, il 37%, che non trovano lavoro – calano. Le scadenze dei prestiti e dei mutui invece arrivano, puntuali come incubi, ogni fine mese. E nemmeno i tassi scesi a livelli bassissimi grazie a San Mario Draghi sono bastati ad assorbire lo choc della recessione: il numero di italiani che non riescono a onorare le rate è quasi raddoppiato: i prestiti in sofferenza delle banche sono saliti dai 95 miliardi dell’era pre-spread ai 173 di oggi, trascinando al crac – cronaca di queste settimane – qualche istituto di credito.
La crisi, ovviamente, non è uguale per tutti. La riduzione del Pil pro capite dai 26.869 euro del 2011 ai 25.876 di oggi nasconde una nazione che si muove a differenti velocità. Dove chi dispone di rendite – come spiega l’Istat – può permettersi di spendere senza pensarci troppo su, gonfiando consumi costosi come il “bio” e l’esotico. Mentre chi conta sul lavoro sempre più precario – fatica a far quadrare i conti. La maledizione colpisce soprattutto i più giovani: il tasso di povertà assoluta tra i 18-34 enni è molto più alto, il 10%, rispetto alla media nazionale. E il 70% degli under- 35, etichettati un po’ a sproposito come bamboccioni o “choosy”, è costretta a vivere con i genitori. Lo “specchio” dei numeri del Pil, insomma, inganna. L’immagine reale dell’Italia oggi è molto diversa da quella di sei anni fa. E molti, non a caso, preparano le valigie e vanno via: nel 2016 l’hanno fatto circa 120mila persone, 60mila in più del 2011.