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 2017  luglio 16 Domenica calendario

Addio a Maryam, il genio iraniano della matematica (amata negli Usa)

Era una delle scienziate più geniali dei nostri tempi, famosa perché nel 2014 fu la prima donna nella storia a vincere la Fields Medal, l’equivalente del Nobel per la matematica. Ma l’anno prima le era stato diagnosticato un cancro al seno. E ieri, all’età di 40 anni, Maryam Mirzakhani è morta in California. La sua scomparsa unisce nel dolore due nazioni, l’Iran e gli Stati Uniti, spesso divise dalla politica. Mirzakhani apparteneva a entrambe, entrambe l’hanno resa la donna che era. Ora i media di Stato della Repubblica Islamica la piangono ritraendola con un foulard (photoshoppato), mentre le femministe ricordano che non portava l’hijab sui capelli cortissimi ed era sposata con un non musulmano. 
La sua vita scorre parallela a quella dell’Iran rivoluzionario: nata a Teheran nel 1977, completa le elementari alla fine della durissima guerra Iran-Iraq. Da piccola sognava di fare la scrittrice, ed è stata la fantasia a guidare il suo destino, permettendole di fare cose prima impensabili per una donna in mondi tradizionalmente maschili e di aprire la strada alle generazioni future. Alle superiori, lei e la sua amica Roya furono le prime ragazze in Iran a partecipare alle Olimpiadi internazionali di matematica grazie all’aiuto della preside: così, nel 1994, la 17enne Maryam vinse la medaglia d’oro. Dopo la laurea si trasferì a Harvard, completò il dottorato con una tesi sulla geometria delle superfici iperboliche, poi andò a insegnare a Stanford. I suoi campi di studio includevano la teoria ergodica e la geometria simplettica, settori molto astratti della matematica pura. Per concentrarsi amava scarabocchiare la stessa figura all’infinito, tanto che la figlia Anahita la credeva una pittrice. 
Mirzakhani si definiva una pensatrice lenta. Gravitava intorno ai problemi più profondi. Il marito Jan Vondrak, anche lui matematico, raccontava che una volta, da fidanzati, andarono a correre. «Io ero in forma, lei gracile. Così all’inizio io ero in testa. Ma un’ora dopo mi ero fermato. Lei invece continuava a correre, alla stessa velocità».