Corriere della Sera, 15 luglio 2017
La maledizione di Modigliani, un artista (non) imitabile
È maledetto il destino di Amedeo Modigliani. Una vita estrema, se-gnata da ansie e da emargi-nazioni. È l’esistenza di un grande eccentrico, che ha dialogato con alcuni tra i protagonisti delle avan-guardie. Poi, la consacra-zione mediatica: postuma. Dopo la morte, Modigliani diventa altro. Una leggenda: prima che un grande arti-sta, capace di saldare sug-gestioni tratte da Brancusi con riferimenti alla statua-ria classica. Un mito mo-derno: non troppo diverso da Jim Morrison. Un’icona, la cui fortuna si è manife-stata attraverso grandi antologiche e studi critici, ma anche (e soprattutto) attraverso biografie roman-zate e filmate. E, inoltre: gadget. Infine, i falsi. Ecco: Modigliani è tra gli artisti che sono stati maggior-mente usati, citati e sfrutta-ti dai falsari. Forse, perché il suo è uno stile che, in sé, appare già predisposto per essere replicato: quasi pop. Anche se alcune alchimie sottese alle iconografie di Modigliani restano impos-sibili da «mimare». Esem-plare l’avventura delle scul-ture ritrovate a Livorno nel 1984: «due paracarri», le giudicò Federico Zeri. Ma, in quell’occasione, si trattò di una beffa. Diverso quel che è avvenuto a Genova, dove in uno spazio pubbli-co è stata organizzata una mostra che ha presentato 21 opere di dubbia autenticità (ieri sequestrate). Tele che, una volta «entrate» in un luogo come Palazzo Ducale, avrebbero circolato o sarebbero state rivendute a cifre alte. Puntando sulla scarsa attenzione o sulla collusione di esperti (o presunti tali). I responsabili di Palazzo Ducale afferma-no di essersi limitati ad aver commissionato la mostra a una società for profit (MondoMostre Skira), che dal canto suo conferma fiducia al curatore, Rudy Chiappini. Ma – occorre chiedere – come sono arri-vate queste opere a Genova? Da chi? Chi sta dietro que-ste speculazioni? Infine, sono davvero tutte «cro-ste»? Impossibile dipanare la matassa, dominata da pericolosi equivoci. Altrove vicende simili sarebbero inaccettabili. In una nazio-ne normale, un sito musea-le non può (e non deve) li-mitarsi ad affidare a partner privati la responsabilità di progettare e di organizzare mostre. In Italia, questo accade ovunque. Sarebbe opportuno che le amministrazioni locali ricominciassero a orientare le proprie attività culturali con rigore. In autonomia. Recuperando finalmente quella dignità e quella moralità che oggi appaiono smarrite.