La Gazzetta dello Sport, 15 luglio 2017
I cinesi del Milan hanno speso più di tutti: 211 milioni. Li Yonghong lancia la grande scommessa
Musacchio 18, Kessie 5+23, Rodriguez 15, André Silva 38, Borini 1+5, Calhanoglu 22, Conti 24, Antonio Donnarumma 1, Bonucci 42, Biglia 17. Non sono i numeri della lotteria ma i milioni degli acquisti, in ordine cronologico, di questa clamorosa campagna del Milan, considerando sia le operazioni a titolo definitivo sia i prestiti con obbligo di riscatto. In tutto fanno 211 milioni. Se si sottraggono i 5 della cessione di Kucka il saldo netto è di 206 milioni. Al momento, nessuno in Europa può vantare uno sbilancio simile: il Manchester City, pur avendo messo a segno i costosissimi colpi Walker, Silva e Ederson, è fermo a una spesa netta attorno ai 130 milioni. E non è finita qui perché i manager rossoneri devono riempire la casella del centravanti, con un affare da almeno 25-30 milioni: tenuto conto che dalle cessioni sperano di incamerare una cinquantina di milioni (tra Lapadula, Bacca, Suso), il saldo definitivo dell’estate 2017 dovrebbe aggirarsi su quota 170-180.
CONFRONTI In quest’era di calcio globalizzato campagne così sontuose se le sono potute permettere solo le squadre di oligarchi e sceicchi, cioè City, Psg e Chelsea, e macchine da soldi in grado di autofinanziarsi con fatturati da mezzo miliardo e oltre, quali Manchester United e Real Madrid. Anche la Juventus non ha lesinato investimenti ma nell’ottica della sostenibilità: esemplare lo «scambio» indiretto del 2016 tra Pogba e Higuain. Se analizziamo le sessioni estive dell’ultimo decennio in Europa, ecco chi ha registrato gli acquisti (al netto delle cessioni) più alti, secondo i dati di Transfermarkt: 2007-08 Real Madrid 79 milioni, 2008-09 Manchester City 75, 2009-10 Real 170, 2010-11 City 113, 2011-12 Psg 84, 2012-13 Psg 107, 2013-14 Monaco 144, 2014-15 Manchester United 152, 2015-16 City 146, 2016-17 United 177. E quest’estate è il turno del Milan della nuova proprietà cinese.
NUOVI RICCHI Un impatto del genere sul mercato calcistico europeo lo hanno avuto pochissimi patron. Viene in mente Roman Abramovich che comprò il Chelsea nell’estate 2003 e spese subito 150 milioni sul mercato, pescando pure in Italia (Crespo e Mutu). Oppure Mansour che rilevò il Manchester City nel settembre 2008, cominciò lo shopping nella finestra di riparazione (70 milioni) e si scatenò nell’estate successiva con oltre 100 milioni spesi per i vari Tevez e Adebayor. La stessa Suning, che pure ha stravolto le precedenti abitudini dell’Inter di Thohir, un anno fa è arrivata a spendere 115 milioni in acquisti. Bene, parliamo in tutti i casi di proprietà facoltose e in grado di iniettare nelle squadre risorse proprie. Tanto per fare un esempio, il Manchester City al 30 giugno 2016 vantava zero debiti finanziari e un patrimonio netto di quasi 800 milioni, frutto delle costanti iniezioni dello sceicco. Un mecenatismo bello e buono. Al Milan è diverso, e non soltanto perché il mecenatismo all’italiana è tramontato con la stella di Berlusconi. L’azionista Li Yonghong ha messo in piedi un’architettura finanziaria per l’acquisto e il rilancio del club rossonero, che fa perno sul maxi-prestito del fondo Elliott da 303 milioni: 180 sono serviti a Li per arrivare ai 520 richiesti da Fininvest per il passaggio di proprietà, 73 sono stati destinati a liquidare le banche creditrici e 50 sono finiti nelle casse della società per il mercato. In più è stato deliberato un aumento di capitale di 60 milioni per la gestione corrente, tenuto anche conto che il Milan è in perdita.
BILANCIO Dal punto di vista della cassa, gli stimati 170-180 milioni definitivi di esborso netto di questo mercato verranno spalmati su più rate annuali: in questo esercizio dovrebbero impattare per una sessantina di milioni. Per ora i soldi, insomma, paiono esserci. Gli impegni di spesa, tuttavia, sono più rilevanti e andrà verificata la copertura finanziaria. Senza dimenticare che tra nuovi arrivi e il rinnovo di Donnarumma il monte-stipendi crescerà di quasi 50 milioni lordi annui (nel 2016 il costo del lavoro ammontava a 158 milioni). D’altronde, si sapeva che quella del Milan orientale sarebbe stata una grande scommessa. È come l’all-in del poker. Operazione a rischio per patrimonializzare il club, agganciare il treno della Champions, far risorgere il marchio e attingere a quei proventi-extra, con grandi aspettative sul mercato cinese, in grado di generare risorse tali da produrre margini. Li Yonghong si è impegnato a rimborsare Elliott in 18 mesi. Non è un caso se tutte le mosse di mercato stiano ricevendo il timbro, come da statuto, del cda: il fondo americano, che ha in pegno il Milan, sa che un asset come una squadra di calcio vale di più se l’organico è ricco di pezzi pregiati.