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 2017  luglio 13 Giovedì calendario

Non riescono a dire «bravi» agli architetti di Mussolini

Divertente. Ieri sul Corriere della Sera c’era una paginata per spiegare che l’Unesco aveva inserito la capitale dell’Eritrea, Asmara, tra i patrimoni dell’umanità: e questo grazie «agli architetti italiani di cent’anni fa» che poi erano architetti fascisti, come dimostra la grande foto sul Corriere
Questo mentre, sempre ieri, neppure Matteo Renzi poteva esimersi dal definire «folle» l’idea boldriniana di abbattere le architetture del Ventennio: segno che la castroneria della presidente della Camera, la più imbarazzante della storia repubblicana, era riuscita persino ad oscurare le numerose altre da lei pronunciate in anni di autentico vulnus alla democrazia: anni, cioè, in cui il suo teorico ruolo di regolatrice del funzionamento della Camera (che altrove è quello di un capostazione istituzionale) diventava sempre più estensivo per sua libera e personale interpretazione. Insomma, pure Renzi non ne ha potuto più: che fare? Lei intanto ha smentito le sue sparate, anzi, l’ha fatto fare al portavoce Roberto Natale che pure non ha smentito nulla: ha solo ripetuto la frase testuale dell’altezzosa signora. Che aveva detto, tra l’altro: «Non accade altrettanto in Germania, dove i simboli del nazismo non ci sono più... È evidente che in Italia questo passaggio non c’è stato, in Germania sì». 
Pure ignorante, perché in Germania non c’è mai stato niente del genere. Le architetture naziste non esistono più soltanto laddove, tra il 1940 e il 1945, la Germania fu sottoposta a un bombardamento di circa un milione di tonnellate di ordigni nel corso di una campagna di annientamento devastante: si vedano su questo i libri Mondadori di Jorg Friedrich, collaboratore dell’enciclopedia dell’Olocausto. Questo perché, diversamente da noi, i tedeschi non si arresero. Ma a parte questo, la Germania di architetture e simboli nazisti è strapiena. Per cominciare: la vecchia banca del Reich, una delle prime realizzazioni dei nazisti che poi divenne la sede del comitato centrale, oggi è il ministero degli esteri. Il Detlev-Rohwedder-Haus, l’ex casa di Hermann Göring, oggi ospita una filiale del ministero delle Finanze. L’esempio di architettura nazista berlinese per definizione, ossia quell’Olympiastadion che fu il fiore all’occhiello delle Olimpiadi del 1936, oggi ospita le partite dell’Herta Berlino: e all’interno e all’esterno ridonda di riferimenti d’epoca. Sulla Glockenturm (il campanile dello stadio) ci sono ancora le campane con le svastiche e le aquile, pur dissimulate. Sino al 2008 era pure in funzione l’aeroporto di Tempelhof, uno dei tre di Berlino: pieno di segni del suo passato. Costruito durante il Terzo Reich, doveva essere uno degli esempi più moderni del regime. Oggi resta uno degli edifici nazisti meglio conservati a Berlino: aquile ovunque e linee moderniste e neoclassiche. Berlino, si sa, fu devastata, ma le tracce degli architetti Albert Speer e compagni sono ancora ovunque. Soprattutto a Ovest: perché a Est la Ddr preferì fare come auspicato dalla Boldrini: buttar giù e ricostruire in stile socialista. Ergo, non ci sono tracce evidenti del bunker dove Hitler si tolse la vita nel ’45 (del resto anche a Piazzale Loreto non c’è nulla, così come non c’è nulla a Parigi in piazza della Bastiglia) ma l’aquila del Reich troneggia su caserme, scuole ed edifici pubblici: in qualche caso rimaneggiate, ma sono loro. Le aquile naziste più note sono sulla Bismarkstrasse e su circa una dozzina di altre vie e piazze. Anche sedi e palazzi importanti (la Nordstern-versicherung, la Posta ad Anhalter Bahnhof) sono pura architettura nazista anche se magari non tutti lo sanno. Un’altra testimonianza? Le prigioni di Schwerbelastungskörper, visitabili a ingresso gratuito. Ma non vorremmo trasformarci in una guida turistica alla Germania nazista: guide che in Germania peraltro però sono ben presenti. 
Naturalmente è presente anche un certo dibattito su tutto questo, in Germania: ma senza sparate casuali di gente che avrebbe altre competenze. Da anni si discute del resort “Kraft durch Freude” (10mila stanze sul Mar Baltico) che i tedeschi non sanno se ristrutturare o no, visto che doveva rappresentare il futuro nazista del turismo. Si discute, tuttavia, di quali vecchi edifici nazisti conservare e di quali abbattere: con razionalità. Un’altra grande discussione riguarda il rinnovamento del Rally Grounds, l’area dei raduni di Norimberga dove Hitler guardava marciare il suo esercito a passo dell’oca: spendere o no si chiedono oltre 100 milioni di dollari per ricostruirlo? La cifra è indicata in dollari perché nel 2014 vi dedicò un lungo articolo il Washington Post. Laura Boldrini non deve averlo letto, ma per una persona così informata deve senz’altro trattarsi di un’eccezione.