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 2017  luglio 14 Venerdì calendario

Metropolitana da incubo, l’ultima Caporetto romana

ROMA Le grida di paura e di dolore di Natalya Garkovich entrano di diritto nel libro degli orrori di Atac. Bielorussa, 43 anni, è l’ultima vittima dell’ormai cronico disservizio offerto dalla municipalizzata capitolina dei trasporti. Mercoledì sera, poco dopo le 21, le porte dell’ultimo vagone di un treno della linea B della metropolitana hanno agganciato la donna per poi trascinarla per più di dieci metri lungo la banchina della stazione Termini. Solo un ultimo strattone e l’intervento di una guardia giurata hanno evitato il peggio. Il convoglio, come nulla fosse, ha proseguito la sua corsa fino alla fermata successiva. E il macchinista alla polizia ha raccontato di non essersi accorto di nulla. Il bestione che conduceva, un Mb100 acquistato dall’azienda di via Prenestina a fine anni ‘80, non ha fatto una piega: non ha segnalato intoppi alla chiusura delle porte, men che meno pare aver dato risposte ai passeggeri che hanno provato a tirare la leva d’emergenza.
Insomma, qualcosa non ha funzionato. I colleghi del macchinista raccontano di aver visto il filmato, spiegano che la donna avrebbe provato a saltare all’ultimo momento a bordo, rimanendo incastrata tra le ante della porta per il lembo della borsa che portava in spalla. Il dispositivo di sicurezza a quel punto non avrebbe individuato alcun ostacolo, permettendo al treno di ripartire. La procura e la stessa Atac, però, vogliono vederci chiaro. Considerati gli incidenti del passato e i piccoli guasti quotidiani, non si può escludere davvero nulla.
L’inchiesta, quindi, si è subito sdoppiata. I pm di piazzale Clodio stanno vagliando le testimonianze dei protagonisti e dei passeggeri, impotenti davanti al sistema di allarme della metro B. A stabilire se, come sembra, sia andato in tilt nel momento più delicato sarà l’indagine interna della partecipata del Campidoglio. Di quell’azienda in cui qualcuno da ieri deve sentirsi un miracolato, più della vittima stessa: la 43enne è finita in ospedale in codice rosso, sarà operata per ridurre le fratture al bacino e alla mascella. È fuori pericolo, ma sotto shock. Si starà chiedendo cosa sia andato storto.
Proprio come i magistrati: nell’inchiesta sarà impossibile sfuggire dal peso dei numeri di Atac. Raccontano una partecipata ormai uscita dai binari. Nel 2015 sono stati spesi 12,5 milioni di euro per la manutenzione dei convogli delle metro romane, tre in meno rispetto al 2014. E il nuovo bilancio? Nonostante i termini per l’approvazione siano scaduti a fine giugno, il rendiconto 2016 latita. Ma a giudicare dalle parole di Massimo Colomban, l’assessore alle Partecipate della giunta Raggi, non c’è di che star sereni: Atac chiuderà di nuovo in rosso. Traduzione: altra mazzata all’orizzonte per la manutenzione di una flotta sempre più vecchia, con pezzi di ricambio ormai irreperibili e autofabbricati in officina. Perché il fai da te è spesso l’unica soluzione per la municipalizzata da 1,2 miliardi di debiti.
Si tratta della stessa cifra che il Campidoglio M5S dovrà tirare fuori dal cilindro entro il 2022 per rimettere in sesto l’intera infrastruttura delle linee A e B della metro: 600 milioni a tratta per impianti antincendio (sempre mercoledì sera i vigili del fuoco sono intervenuti alla fermata Repubblica facendosi strada tra il fumo per sedare il possibile incendio di una cabina elettrica) e il restauro di tunnel realizzati 37 anni fa e poi abbandonati al tran tran quotidiano. Ancora, per il ripristino di scale mobili e ascensori spesso fatiscenti. Nella memoria del pendolare romano è sempre impressa l’orribile fine di Marco, il bimbo precipitato nella tromba dell’ascensore della fermata Furio Camillo due anni fa. Un altro capitolo dell’horror Atac. Finale a sorpresa: la partecipata in perenne debito (e in affanno sulla sicurezza) si prepara a pagare ai suoi 46 dirigenti 1.132.141 euro di premi entro la fine dell’anno. Basterà raggiungere gli obiettivi di produzione.