Il Messaggero, 14 luglio 2017
Droni e video satellitari contro i killer dei boschi
ROMA Satelliti per valutare la velocità di espansione del fuoco, Droni per monitorare, giorno e notte, in tempo reale, eventuali movimenti sospetti e individuare piromani in azione, consentendo interventi immediati. Smartphone per creare una rete di allerta. E software per calcolare danni al territorio, anche idrogeologici. È nella tecnologia il cuore delle nuove misure per affrontare l’emergenza incendi e contrastare l’azione dei piromani. Il progetto europeo AF3- Advanced Forest Fire Fighting, cui partecipa il Politecnico di Torino, mira a mettere in rete dati e informazioni rilevati da apparecchiature diverse, pure private, presenti sul territorio, a partire dagli smartphone e dalle foto pubblicate sui social per geolocalizzare roghi e tentare di prevederli, analizzando dati storici, velocità e direzione del vento, condizioni climatiche.
GLI STRUMENTI
Tra gli strumenti tecnologici nelle strategie più innovative di monitoraggio incendi, i droni. Proprio l’uso diffuso di questi ultimi, potrebbero segnare una rivoluzione nel contrasto di fuochi dolosi. «I droni – dice Tommaso Solfrini, socio Italdron – possono essere dotati di sensori elettronici con zoom molto potenti, capaci di acquisire dettagli a distanze elevate, e di sensori temici, anche per la notte. Volano per oltre un’ora, sono silenziosi, possono essere usati per tenere sotto controllo movimenti sospetti di persone, avvicinandosi senza essere visti e trasmettendo informazioni in tempo reale a centrali operative. Sono facilmente gestibili e necessitano di pochi minuti, quelli necessari a cambiare le batterie, per tornare in volo». Le tecnologie sono già disponibili, potrebbero essere integrate al monitoraggio abituale. «I costi variano a seconda delle performance. Un sistema con sensori termici si può acquistare tra 8mila e 10mila euro. Aumentando la potenza dei sensori si può arrivare a decine di migliaia di euro. Il termine di paragone però dovrebbe essere il costo di un elicottero, peraltro non impiegabile per controlli da vicino. L’efficacia della sorveglianza aumenterebbe e il risparmio sarebbe considerevole». Dai droni ai satelliti. «Le immagini e i dati satellitari – spiega Rosa Lasaponara, senior Researcher IMAA-CNR – uniti a informazioni meteo permettono di costruire dettagliate mappe del rischio incendi, pure per quelli di natura dolosa o colposa. La metodologia, che già usiamo da tempo in Basilicata, consente di simulare il fronte di espansione del fuoco, quindi di definire, sulla base della forza dei venti e del tipo di vegetazione, la virulenza delle fiamme e quali saranno le aree nelle quali si espanderanno più velocemente, di conseguenza quelle dove è prioritario intervenire».
LA VALUTAZIONE
Successivamente il sistema consente la valutazione dei danni e dell’impatto sul rischio idrogeologico. «Il fuoco, in talune condizioni, a seconda della temperatura, può danneggiare il suolo, modificandolo e rendendolo più esposto a rischi idrogeologici. Se l’incendio è molto intenso, nella stagione delle piogge l’aria boschiva potrebbe non avere più la necessaria capacità di ritenzione idrica e questo accentuerebbe fenomeni di frane superficiali». Non solo. «Gli incendi di grandi dimensioni – aggiunge – hanno un impatto anche sull’atmosfera, con inevitabili problemi alla salute. Alcuni effetti sono immediati, altri si manifestano più lentamente». Dall’Italia all’Europa. Il Cnr, proprio con Rosa Lasaponara, coordinerà il progetto europeo Serv-ForFire che prenderà il via a settembre, incentrato sull’impatto dei cambi climatici. «Lo stiamo vedendo quest’estate: i cambiamenti climatici hanno portato all’aumento delle temperature e a stagioni sempre più calde, con ciò che può comportare per il rischio incendi. Ciò è evidente nella fascia mediterranea ma lo sarà sempre più pure nei paesi nordici. L’obiettivo è usare i dati satellitari per definire strategie adeguate e concrete».