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 2017  luglio 14 Venerdì calendario

Quando T. S. Eliot fuggiva di nascosto dall’ufficio per evitare la moglie

La casa editrice londinese Faber & Faber ha appena pubblicato il settimo volume delle lettere di T. S. Eliot, che copre la corrispondenza di due anni cruciali nella sua vita, il 1934 e il 1935. Cruciali per il suo lavoro di poeta e di redattore editoriale, ma cruciali anche per la sua vita privata. Di grande interesse sono infatti le lettere di Eliot e di Vivien Haigh-Wood, la donna che aveva sposato nel 1915 e da cui si era separato nel 1933, ponendo fine a un matrimonio che ormai si era trasformato, disse Eliot, in un’orribile farsa.
Lo studioso di Eliot troverà nel volume molti spunti di approfondimento a proposito della sua collaborazione con il festival di Canterbury, che culminò con la stesura del suo capolavoro drammatico, Assassinio nella cattedrale, andato in scena nel giugno del 1935. E vi troverà anche puntuali riferimenti all’impegno di Eliot in campo religioso, che si tradusse, tra l’altro, nella promozione, presso la casa editrice Faber & Faber per cui lavorava, di una collana di testi riguardanti teologia e storia della Chiesa.
Tanto per gli studiosi quanto per i comuni lettori la parte più avvincente del volume è però quella che riguarda Vivien, una donna fragile, malata nel corpo e instabile nella mente, a cui la separazione era apparsa come qualcosa non solo di inaccettabile, ma addirittura di inverosimile. Non riusciva a concepire che Eliot non volesse più avere alcun rapporto con lei e si ostinava a credere che fosse stato indotto da altri a lasciarla, che volesse tornare da lei ma che altri gli impedissero di farlo. Il volume raccoglie anche alcuni passaggi del diario di Vivien finora mai pubblicati che confermano quanto profonda fosse la sua disperazione per l’abbandono: pari soltanto all’illusione di un possibile «ritorno a casa» dell’amato Tom.
Per riuscire a vederlo si presentava alla sede della casa editrice dove lui lavorava nella speranza di essere ammessa nel suo ufficio, quasi implorante ma al tempo stesso piena di fiera dignità. E, secondo alcune testimonianze, a Eliot, in qualche occasione, non restò altro da fare che uscire da una porta sul retro. Nel dicembre del 1934, per recuperare i libri e le carte che gli servivano per lavorare al testo del dramma che avrebbe dovuto completare nel giro di pochi mesi (cioè Assassinio nella cattedrale), Eliot, che non poteva certo andare a prenderseli lui stesso, perché Vivien avrebbe potuto interpretare la cosa come un ritorno a casa, dovette rivolgersi agli ufficiali giudiziari.
Una trentina di anni fa il drammaturgo inglese Michael Hastings, dopo essersi ampiamente documentato e avere intervistato alcune delle persone che erano state a vario titolo testimoni della vicenda, scrisse un testo teatrale, Tom and Viv, che suscitò un acceso dibattito sull’attendibilità della versione che proponeva. Era un testo «dalla parte di Viv», che accusava Eliot di totale insensibilità e indifferenza nei confronti della disperazione della donna – che nel 1938 fu internata in un manicomio, dove morì una decina di anni dopo, e che, in effetti, Eliot non volle mai rivedere.
Nella versione di Hastings l’allontanamento tra i due ebbe anche molto a che fare con una sorta di disgusto sessuale da parte di Eliot nei confronti della moglie. Forse anche del sesso in generale, come farebbero supporre certe osservazioni di chi all’epoca lo frequentava. Questa, tuttavia, altro non è che un’ipotesi, magari non priva di un qualche fondamento, che non trova però alcun preciso riscontro nella vastissima documentazione che abbiamo a disposizione.
Quello che emerge dalla carte è invece il ritratto di un penoso dramma coniugale in cui la sofferenza è di entrambi e rispetto al quale non sembra corretto andare a cercare delle «colpe». Possiamo piuttosto riconoscere che quello fu un matrimonio in cui a un certo punto venne a mancare ogni possibilità di trovare un terreno comune di comprensione e di confronto. E a quel punto il riserbo quasi nevrotico dell’uno e la fragilità psicologica dell’altra, prima trasformarono il loro matrimonio, come disse Eliot, in un’orribile farsa. E poi, per Viv, in una disperata tragedia.