Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  luglio 13 Giovedì calendario

L’amaca

Non ci servono, dunque, lo sfogo della bestemmia o il conforto della processione. Ci servirebbe ragionare, ma è un’attitudine poco in voga, a partire dall’uomo più potente del mondo, che si è dichiarato «non interessato» alla questione. Eppure, in questi giorni di fiamme, di fughe, di zolle spaccate, di autobotti che vanno a rifornire i paesi a secco, sentiamo, sappiamo che ogni altro discorso è meno centrale, meno importante di quello ambientale.
La protezione civile rende noto che i 700 roghi di quest’anno sono un primato. La straordinaria siccità si somma alle nostre vecchie tare (l’incuria dei boschi e del territorio in generale, il dolo dei piromani e quello degli speculatori) e ci costringe allo spettacolo di un paese riarso. L’antica angoscia dei contadini di fronte alle emergenze delle stagioni, al secco e al fradicio, non è la stessa nostra. Noi siamo costretti a sapere, dati alla mano, che non è un Dio ostile o un destino avverso, ad assetare i campi e bruciare boschi e case. È anche, in misura ben percepita dagli studi climatologici, la nostra ingombrante presenza e il nostro modo di produrre le merci e i cibi. La curva del riscaldamento terrestre, da sempre sinuosa per cause naturali, oggi è in piena impennata: in misura mai registrata prima.