12 luglio 2017
APPUNTI PER GAZZETTA - INCENDI IN SICILIAREPUBBLICA.ITSi moltiplicano gli incendi in Sicilia che da giorni è nella morsa del caldo con punte di 35-37 gradi e ostaggio degli incendi in maggior parte dolosi
APPUNTI PER GAZZETTA - INCENDI IN SICILIA
REPUBBLICA.IT
Si moltiplicano gli incendi in Sicilia che da giorni è nella morsa del caldo con punte di 35-37 gradi e ostaggio degli incendi in maggior parte dolosi. Sono 125 in questo momento, secondo i dati forniti dalla Protezione civile regionale, gli incendi che stanno minacciando la Sicilia. I roghi più grossi stanno interessando le zone di Priolo, Catania, San Mauro Castelverde (Palermo) e San Vito Lo Capo (Trapani).
Il villaggio Calampiso a San Vito Lo Capo è stato evacuato via mare, a causa di un incendio. Dieci persone intossicate sono state portate al pronto soccorso di San Vito Lo Capo. Le loro condizioni non destano preoccupazione. Le fiamme sono state completamente domate intorno alle 18. Dopo un paio di ore il corpo della Forestale, coadiuvato dai Vigili del Fuoco, andrà via dalla zona. I turisti evacuati sono circa 600. In 500 sono stati trasferiti via mare. Gli altri con i mezzi della forestale e delle altre forze che hanno operato. San Vito Lo Capo, le barche accorse al resort minacciato dall’incendio Condividi “Stiamo facendo il possibile, chiunque ha una imbarcazione ci dia una mano”, è stato l’appello del sindaco Matteo Rizzo. Le persone vengono portate nel centro di San Vito, dove sono state aperte le palestre delle scuole. "Servono mini bus e auto - è l’appello lanciato su Facebook - per accogliere le persone che arrivano al porto piccolo e portarle presso gli edifici scolastici a iniziare dalla scuola media. Le strutture ricettive che hanno disponibilità se possono mettere a disposizione gratuitamente le camere per due notti quantomeno per le persone anziane e per i bambini". Istituito anche un numero per coloro che volessero dare una mano: 346 0137953. "Siamo sempre stati una città accogliente e generosa -scrive il sindaco - serve una mano da parte di tutti. Stiamo costituendo l’unità di crisi presso il mio ufficio al comune. Diamoci tutti da fare". Sul posto sta operando un Canadair Condividi "Abbiamo vissuto momenti drammatici, io ero con la mia nipotina, quando ci hanno gridato di lasciare subito il villaggio turistico. Ho cercato di non farmi prendere dal panico. Ho visto persone che piangevano. Soprattutto le donne sole con i figli, perché i mariti erano al lavoro. La situazione è tornata alla calma solo dopo che ci hanno portato via dal mare con i pescherecci e i gommoni". E’ la testimonianza di Ferruccio Donato, un pensionato che era in vacanza con la nipotina al villaggio Calampiso di San Vito Lo Capo (Trapani) lambito dalle fiamme. Oltre ottocento turisti sono stati portati via dal mare grazie all’aiuto dei pescatori e di proprietari di barche. "Stamattina si vedevano lingue i fuoco da lontano, alle nostre spalle, ma eravamo abbastanza tranquilli - racconta il turista originario di Palermo - Facevamo il bagno con calma, in piscina. Poi è arrivato il primo Canadair ed è andato via. Verso le 13 il fuoco è ripartito e verso le 15 è tornato il Canadair. A quel punto ci hanno convocato in zona piscina e ci hanno detto che potevamo stare lì. Ma all’improvviso è cambiato il vento ed è successo l’inferno. Il fuoco ha cominciato a lambire il villaggio, e così siamo stati evacuati dalla spiaggia. Adesso ci troviamo alla scuola elementare di San Vito in attesa di capire cosa fare. L’importante è essere in salvo". Il signor Donato racconta anche che gli uomini hanno aiutato "soprattutto i bambini e le donne". Ma si dice "molto rammaricato" perché un gruppo di giovani, "hanno iniziato a scavalcare le persone più deboli pur di scappare e per questo motivo sono molto dispiaciuto. In questi momenti non può prevalere l’egoismo".
La direzione del resort: "Situazione verso la normalità". "Rassicuriamo che tutti gli ospiti del nostro villaggio stanno bene - assicura la direzione del resort - e sono stati evacuati a San Vito Lo Capo. L’incendio è ormai quasi del tutto domato e aspettiamo il nulla osta delle autorità per riportare tutti al villaggio, dove potranno continuare a godersi la propria vacanza. Un vivo ringraziamento a tutto il personale dello Stato e ai tanti volontari che si sono messi subito a disposizione".
Intanto arrivano i rinforzi dal resto d’Italia per fronteggiare l’emergenza incendi della Sicilia, finita all’attenzione della Procura di Palermo "per eventuali inadempienze della Regione". Nella tarda serata di ieri sono arrivati 36 uomini con 18 mezzi tra autobotti e automezzi antincendio boschivo dal Veneto, dalla Lombardia, dal Piemonte e dall’Emilia Romagna. Due squadre hanno proseguito in direzione Trapani mentre il resto si è trattenuta a Messina. Questa mattina un altro incendio è divampato in località Salice sempre sui colli mentre un altro rogo è scoppiato in contrada Serri a Sperone nella zona nord della città. In azione squadre di vigili del fuoco ed un Canadair. Roghi anche in provincia nella zona di Barcellona Pozzo di Gotto e nell’isola di Lipari, nelle Eolie.
Le procure di Palermo, Enna e Messina aprono inchieste. Gli incendi scoppiati in questi giorni nel palermitano, come detto, sono finiti in Procura. I magistrati della Procura di Palermo hanno aperto un’inchiesta per verificare, come si apprende, "eventuali inadempienze della Regione siciliana nel sistema della prevenzione". Inchiesta anche ad Enna e Messina.
Nuovi incendi a Messina. Riprende a bruciare Messina dopo solo poche ore di pausa. Il comandante provinciale dei Vigili del fuoco, Pietro Foderà, aveva annunciato che le alte temperature non avrebbero dato pace e così è stato. Sono ripresi gli incendi in molte zone della città e della provincia. A preoccupare in questo momento soprattutto la zona Casazza - Cataratti, le fiamme sono vicine al Centro neurolesi Irccs Bonino Pulejo, finora nessuna evacuazione prevista. Un grosso incendio anche a Salice che da stamattina non è stato ancora possibile domare, il canadair prenotato dalla Forestale è stato infatti impegnato altrove. Ancora in corso l’incendio in contrada Quattropani a Lipari, le fiamme da stamattina minacciano la più grande delle Eolie. Inchiesta contro ignoti aperta dalla procura di Messina guidata da lunedì dal procuratore Maurizio De Lucia.
A Catania il prefetto riunisce il coordinamento soccorsi. Dopo i numerosi roghi che si sono propagati nelle ultime ore nel territorio della provinciadi Catania, il prefetto Silvana Riccio ha convocato il Centro coordinamento soccorsi presso la sala operativa della prefettura. Sono presenti i vertici delle forze dell’ordine, il comandante dei vigili del fuoco, i rappresentanti della Città Metropolitana di Catania, della polizia stradale, dell’Anas, del Dipartimento regionale della Protezione civile e dell’Ispettorato ripartimentale delle Foreste al fine di coordinare gli interventi. A causa di un incendio, la Tangenziale Ovest di Catania è stata chiusa tra l’innesto con l’autostrada Catania-Siracusa e l’innesto con la strada statale 114 "Orientale Sicula". Sul posto le squadre dei vigili del fuoco e dell’Anas per la gestione della viabilità, provvisoriamente deviata su strade secondarie. La stessa statale 114, precedentemente chiusa tra Villasmundo e Brucoli, è stata riaperta al traffico, anche se permangono rallentamenti. Riaperta anche l’autostrada Catania-Siracusa, precedentemente chiusa in direzione Catania, con uscita obbligatoria ad Augusta.
ILPOST
La procura di Torre Annunziata, in provincia di Napoli, ha aperto un’inchiesta per stabilire le cause del grande incendio che si è sviluppato a partire dal 10 luglio alle pendici del Vesuvio: la procura ritiene che l’incendio – o meglio, la serie di incendi – abbia avuto origine dolosa, ma per ora l’accusa è a carico di ignoti. Che gli incendi siano di origine dolosa è stato confermato dal ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti che oggi pomeriggio ha detto: «Voglio dirlo con molta fermezza: faremo di tutto per catturare i colpevoli». Galletti ha anche annunciato che un piromane è stato arrestato dai carabinieri mentre era intento ad appiccare il fuoco.
Il sito di news Fanpage, di solito ben informato sulle cose che succedono in Campania, ha scritto che i vigili del fuoco hanno individuato almeno otto inneschi usati per appiccare il fuoco; il Mattino ha scritto che gli otto inneschi, tutti posizionati in aree difficili da raggiungere, sono stati attivati contemporaneamente e che probabilmente gli autori degli incendi hanno usato dei gatti per far diffondere le fiamme più velocemente.
L’incendio non è ancora stato spento del tutto: tre aerei canadair e squadre di vigili del fuoco che lavorano da terra insieme alla Protezione civile stanno lavorando per spegnere i roghi di Ottaviano, Torre del Greco ed Ercolano. Tra le aree colpite dall’incendio c’è il Parco nazionale del Vesuvio.
Anche il sindaco di Napoli Luigi de Magistris ha detto di essere convinto che gli incendi siano stati appiccati per una «attività criminale». De Magistris ha anche detto che per lui dovrebbe essere dichiarato «lo stato di emergenza nazionale sia per quanto riguarda la siccità che per l’emergenza incendi», e ha criticato l’assorbimento del Corpo Forestale dello Stato all’interno dell’Arma dei Carabinieri, avvenuto all’inizio dell’anno. Anche l’ex comandante regionale del Corpo Forestale Vincenzo Stabile ha criticato la decisione perché ora sono i carabinieri a indagare sulle cause degli incendi e a occuparsi della prevenzione, mentre i vigili del fuoco si occupano di gestire le emergenze: in precedenza tutti questi compiti spettavano ai forestali, cosa che secondo Stabile faceva funzionare meglio le operazioni (ma Stabile non ha fornito argomenti a sostegno di questa tesi). La Protezione civile della Campania ha detto che tra il 15 giugno e il 10 luglio 2015 nella regione c’erano stati 158 incendi; nello stesso periodo di quest’anno gli incendi sono stati 927.
L’autocombustione è un evento rarissimo e quelli sul Vesuvio sono incendi che hanno nome e cognome, sono dolosi. A denunciare è Legambiente Campania: “Da giorni il Vesuvio brucia ma siamo davanti ad una sfida impari. Sotto l’odore acre degli alberi incendiati , c’è la puzza insopportabile del malaffare, dietro quelle fiamme ci sono mani spinte da interessi illegali. La dinamica è sempre la stessa: si appicca il fuoco in diversi punti del territorio, le fiamme divampano in contemporanea disorientando chi deve intervenire.“ In una nota Antonio Gallozzi, direttore regionale Legambiente commenta così l’ennesimo rogo che sta colpendo il Vesuvio. A quanto si apprende i vigili del fuoco hanno già individuato almeno 8 inneschi, segnale inequivocabile della mano che volontariamente ha appiccato le fiamme distruttive. La procura di Torre Annunziata ha aperto una inchiesta contro ignoti.
Incendi, i dati Legambiente
In Italia nel 2016 su 47.926 ettari di superfici andate in fumo ben 27.728 ettari di territorio sono bruciati a causa di roghi dolosi: circa il 60%, non da meno le cifre per la Campania dove lo scorso anno sono stati 759 gli incendi pari al 16,4% del totale nazionale, roghi che hanno mandato in fumo oltre 4mila ettari di aree verdi regionale.
"È assurdo tutto quello che sta succedendo, non esiste evento in Italia, ed in particolar modo in Campania più prevedibile e puntuale degli incendi estivi. Non possiamo più considerarli un’emergenza, visto che ogni anno si ripetono le stesse scene; e nonostante ciò questo Paese si fa trovare sempre impreparato alle prime fiamme estive.Le fiamme sul Vesuvio sono un pericoloso segnale di rifiuto di legalità. Si valuti con grande attenzione se dagli incendi, per le loro caratteristiche, la loro diffusione e gli impatti che causano, oltre alle aggravanti già previste dal delitto regolato dall’art. 423bis del Codice penale, non si debba contestare anche quello di disastro ambientale.
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LO SCIOGLIMENTO DELLA FORESTALE
Lo scorso 12 settembre è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale il decreto legislativo che stabilisce l’assorbimento del Corpo Forestale dello Stato all’interno dell’Arma dei Carabinieri. Il decreto riguarderà circa 7 mila agenti della Forestale, che diventeranno membri dei carabinieri e quindi militari. Adesso il governo ha 60 giorni per pubblicare un nuovo decreto che disciplini le modalità di scioglimento. L’assorbimento del personale inizierà a partire dal prossimo primo gennaio. Nel frattempo il Corpo Forestale continuerà a operare con il suo nome e le sue insegne.
In tutto, su 7.781 forestali, 7.177 saranno spostati nell’Arma dei carabinieri, 390 andranno in organico nei Vigili del fuoco, 126 nella Polizia e 41 nella Guardia di finanza. Per gli agenti ci sarà anche la possibilità di chiedere il trasferimento a un’altra amministrazione pubblica. Alcuni dei forestali trasferiti all’interno dei carabinieri saranno assegnati ad un’unità speciale che si occuperà di sicurezza agroalimentare. Quest’unità continuerà a restare alle dipendenze del ministero delle Politiche agricole e alimentari e forestali (da cui oggi dipende tutto il Corpo Forestale). I forestali che continueranno a occuparsi degli altri incarichi del corpo, per esempio la lotta contro i reati ambientali e il bracconaggio, saranno invece alle dipendenze del comando dei Carabinieri.
Il SAPAF, il sindacato del Corpo forestale dello Stato, si è opposto all’assorbimento del corpo e nel giorno dell’approvazione del decreto ha pubblicato un comunicato in cui ha definito la decisione del governo un “omicidio di stato”. Secondo il sindacato, l’assorbimento porterà alla perdita di importanti competenze professionali e a una diminuzione dell’efficacia nella lotta ai reati ambientali. Secondo il segretario del SAPAF: «In un solo colpo si cancellano la storia di un Corpo quasi bicentenario e un patrimonio inestimabile di professionalità e competenze che nell’Arma dei carabinieri non potranno essere valorizzate, rendendo il cittadino italiano più debole nei confronti di chi commette reati ambientali e soprattutto delle ecomafie».
Secondo il governo, però, il mantenimento di un corpo autonomo non garantiva una maggiore efficienza nella lotta ai reati ambientali. Per giustificare la decisione, il governo ha spesso citato la distribuzione nei vari incarichi dei forestali: circa 1.500 su quasi ottomila agenti sono destinati alle funzioni di polizia ambientale e tengono aperte 1.100 stazioni del corpo. Il resto è assegnato a funzioni amministrative, tra cui il Comando generale di Roma, oppure si occupa di altri incarichi, come i Nuclei tutela della biodiversità.
La decisione di assorbire il Corpo Forestale fa parte di un decreto più ampio sulla razionalizzazione delle forze di polizia. Oggi ce ne sono cinque diverse in Italia: la Polizia, l’Arma dei Carabinieri, la Guardia di Finanza, la Polizia Penitenziaria e il Corpo Forestale (la guardia costiera fa parte della marina militare). Il decreto era stato discusso inizialmente nel 2015 e aveva obiettivi molto ambiziosi, ma i singoli corpi di polizia e le loro rappresentanze si sono opposti agli accorpamenti e alla riduzione delle competenze. Alla fine il testo approvato nell’agosto scorso è risultato abbastanza diluito.
Oltre all’assorbimento dei forestali, gli altri provvedimenti prevedono la soppressione delle unità navali della Polizia e dei carabinieri: i loro mezzi saranno trasferiti alla Guardia di finanza, che si occuperà della sicurezza in mare. Viene anche ribadito che la polizia deve essere impiegata soprattutto nei comuni capoluogo, mentre i carabinieri sono distribuiti sul resto del territorio. Infine il decreto stabilisce una serie di nuove procedure per centralizzare gli acquisti da parte delle forze di polizia. I risparmi sono calcolati in 122 milioni di euro in tre anni: 7,9 milioni per il 2016, 58,3 per il 2017 e 56,2 per il 2018.
11/7/2017
Sulle pendici del Vesuvio sono in corso le operazioni dei pompieri per spegnere una serie di grandi incendi che si sono sviluppati tra ieri e oggi. L’incendio principale si è formato dall’unione di due minori, che si erano sviluppati nelle zone di Ercolano e di Ottaviano: ora si estende per circa due chilometri di lunghezza e una grossa nuvola di fumo è ben visibile dalla città di Napoli, come mostrano le foto. La Protezione Civile ha comunicato che attualmente in Campania 600 persone sono impiegate nel contenere e spegnere circa cento incendi, col supporto di aerei ed elicotteri: circa 60 persone sono dispiegate sul Vesuvio.
DALLA STAMPA DI STAMATTINA
L’Italia brucia. E non era mai successo con tanta intensità. Brucia la Sicilia: Messina, Enna, Palermo. Brucia il Vesuvio. Il Gargano, la Basilicata, la Calabria. Trentasette interventi della Protezione Civile ieri, 47 lunedì. Dal 15 giugno già 430, e non era mai accaduto: nell’anno più drammatico che si ricordi - il 2007, l’anno di Peschici incenerita - erano stati 308 nello stesso periodo.
«È la peggiore estate che abbiamo affrontato», ragiona sul far della sera Luigi D’Angelo, il direttore dell’Ufficio emergenze della Protezione Civile, uscendo dall’ennesima riunione operativa di una giornata in cui mezzi di soccorso e Canadair hanno dovuto volare ovunque. «Il problema è che è cominciata presto: a inizio giugno certi giorni viaggiavamo già sulle trenta richieste di soccorso. Non era mai accaduto».
Mai così tanto, mai così presto. Dieci anni fa, quando bruciava il Gargano, era capitato tutto, o quasi, in un frammento di luglio. Nel 2012, altra annata critica, c’erano stati 261 interventi dal 15 giugno all’11 luglio. Adesso è uno stillicidio: 30, 40, 50 operazioni al giorno. L’Italia brucia perché fa caldo, tira vento e le piogge non arrivano. Manca l’acqua: in Campania, addirittura a Ischia, in varie zone del Lazio, dove l’erogazione viene razionata o sospesa tra le otto di sera e le cinque del mattino. Il Po è ai minimi storici e così l’Adige, in secca da aprile e con le dighe vuote.
La situazione più complessa ora è in Campania. Sul Vesuvio si è sviluppato un incendio con un fronte di due chilometri. I fumi sono arrivati fino in Puglia. Un tratto dell’autostrada verso Taranto è stato chiuso per alcune ore. Decine di persone sono state evacuate. E poi le province di Napoli, Salerno e Avellino: un centinaio di incendi, 600 persone impegnate. Messina chiede lo stato di calamità. La ferrovia Catania-Palermo è interrotta all’altezza di Enna: si può solo viaggiare in autobus. Secondo Coldiretti sono andati in fumo duemila ettari di uliveti e vigneti in Sicilia. E poi la Calabria, il Lazio, la Sardegna.
«La siccità ha creato il carburante, venti e caldo stanno facendo il resto», spiega D’Angelo. È l’eredità dello scorso inverno: poche piogge e poca neve, fiumi in secca. Si era già capito che sarebbe stata un’estate complicata: tra febbraio e aprile la Protezione Civile è stata allertata 111 volte; il doppio rispetto a due anni fa.
La siccità è il detonatore di questa emergenza. Lo rivela anche il Cnr, che con le università di Barcellona, Lisbona e della California, ha sviluppato un modello matematico in grado di prevedere pericolosità ed estensione degli incendi. «Studiando le variazioni annuali di piogge, suolo che si prosciuga e delle aree bruciate emerge che se l’aridità in un certo anno raddoppia rispetto all’anno precedente, anche l’area bruciata tenderà a essere il doppio di quella dell’anno passato», spiega Antonello Provenzale, direttore dell’Istituto di geoscienze del Cnr. Gli effetti si pagano a distanza di mesi, ma sono esponenziali: le aree boschive che rischiano di andare incenerite crescono di anno in anno all’aumentare dell’aridità del suolo. E i modelli finora utilizzati per prevenire e combattere i roghi rischiano di non essere più efficaci: «La maggior frequenza e intensità di condizioni siccitose attese per il prossimo futuro rischia di ridurre l’efficacia delle strategie di prevenzione attuali», spiegano i ricercatori.
L’Italia insomma sconta anni di caldo e scarse precipitazioni: il 2015 è stato il meno piovoso dal 1940. E in futuro rischia di pagare a caro prezzo questo 2017 secco come non mai. «È un’estate complicata che segue un inverno molto più arido rispetto al passato», ragiona il direttore dell’Ufficio emergenze della Protezione Civile. E non è finita: al momento il meteo non lascia molte speranze. «I prossimi giorni saranno ancora molto complicati».
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Il complesso turistico di Calampiso è in prossimità della riserva naturale dello Zingaro: un’area protetta, molto suggestiva. L’hotel ha un’unica strada di accesso che è stata interrotta dal fronte delle fiamme. Il fuoco sta continuando ad avanzare sospinto anche dal vento verso il mare e questo ha chiuso ogni via di fuga ai turisti intrappolati a Calampiso. Il sindaco di San Vito ha già sollecitato l’intervento di un Canadair ma gli aerei nelle stesse ore sono impegnati per domare altri roghi in Sicilia. In totale sono 125 gli incendi registrati oggi in Sicilia; oltre a quello di San Vito, i più virulenti si sono sviluppati a Priolo (Siracusa), Catania e San Mauro Castelverde (Palermo).
DALLA STAMPA DI STAMATTINA
Come un’eruzione. Tutti a fissare il cielo, increduli, a guardare quella gigantesca nube che ieri si è alzata altissima sino a coprire il sole su tutta l’area del Vesuvio, una scena subito immortalata dai telefonini e moltiplicata dai social. L’inquietante fungo - visibile anche da Capri e dalle montagne dell’entroterra - ricorda le immagini in bianco e nero girate nel 1944 dalle truppe alleate intorno al vulcano più famoso del mondo, anche se ora a volare non sono i cacciabombardieri Usa ma i Canadair e gli elicotteri. Questa volta, infatti, la «Montagna», come la chiamano le oltre settecentomila persone che vivono lungo le sue pendici, ribolle non per il magma ma per i focolai appiccati dai piromani, lingue di fuoco che in poche ore si sono unite in unico fronte sino quasi a cingere il cono in una morsa infernale, coinvolgendo popolosi comuni come Ercolano Torre del Greco, Ottaviano, Terzigno, Boscoreale.
«Ho capito che non era il solito incendio estivo quando mi mia cognata, che vive in un paese vicino, al telefono mi ha detto che stavano lasciando le case», spiega un pensionato mentre fissa la colonna di fumo sopra Trecase. Poco distante, un gruppo di vigili del fuoco che sta cercando di salvare la pineta trova i resti carbonizzati di una discarica abusiva, una delle tante che avvelenano la terra amata da Giacomo Leopardi. Il terreno secco e il caldo rendono complicate le operazioni di spegnimento. In varie zone i roghi avanzano veloci e vengono fatte evacuare abitazioni e ristoranti. Chiuse le vie di accesso al Gran Cono, turisti in fuga, stop a bar e trattorie. Le lingue di fuoco attaccano l’area del Parco nazionale e si avvicinano alla sede storica dell’Osservatorio vulcanologico vesuviano - il più antico del pianeta - minacciando il suo splendido museo e danneggiando la rete di sensori usati dai geologi per tenere sotto controllo il vulcano.
Lo spiegamento di forze appare proporzionato alla gravità della situazione ma l’impressione di molti è che ci sia stato qualche ritardo nella mobilitazione, quasi che gli incendi dei giorni scorsi (è una settimana che i piromani si danno da fare) avessero spinto a una sottovalutazione dell’emergenza. Ora però sono oltre duecento gli uomini schierati in difesa delle abitazioni e del patrimonio boschivo: pompieri, carabinieri, forestali, poliziotti, protezione civile, vigili urbani, oltre alle squadre dei volontari. Il fumo nero non fa respirare. Si sollecita l’invio di altri aerei, ma non è la giornata giusta: sono un centinaio gli incendi divampati in Campania che hanno impegnato molti mezzi e oltre 600 uomini. La battaglia è sempre impari, anche perché intanto si è alzato il vento.
«Qui scendono fiocchi di cenere», dice al telefono l’architetto Maria Anna Martignetti che opera spesso sul Vesuvio ma oggi si trova a casa sua, in Irpinia. Ormai la percezione del disastro è evidente a tutti. Il Comune di Torre del Greco attiva il Centro operativo per il coordinamento dei servizi di soccorso e assistenza alla popolazione. Dallo stesso versante del vulcano giunge l’accorato appello di Giulia Pugliese, presidente di “Vesuvio Natura”: «Il fuoco si sta espandendo, serve un presidio notturno o sarà persino peggio». Il sindaco di Terzigno ordina ai cittadini di tener chiuse porte e finestre, quello di Ottaviano parla di «calamità che rischia di mettere per sempre in ginocchio un’intera area». Il primo cittadino di Boscotrecase dispone lo sgombero della strada panoramica e devono abbandonare i molti ristoranti della zona anche le coppie di sposi che stavano festeggiando con parenti e amici. Alle 18 sui cieli vesuviani ci sono complessivamente 6 Canadair e 3 elicotteri dei vigili del fuoco.
«Sono mani criminali quelle che hanno appiccato il fuoco, un’escalation giunta all’indomani dell’annuncio, da parte della Regione Campania, dell’acquisto di droni per la prevenzione degli incendi», dice Paola Silvi, che con il suo circolo Legambiente “Parco letterario Vesuvio” ogni anno porta un migliaio di studenti sul vulcano. Niente di nuovo - lo scorso anno sono stati 759 gli incendi registrati in Campania, oltre quattromila gli ettari di verde in fumo - ma un incendio di queste proporzioni non si vedeva da molto tempo. Un altro disastro che si aggiunge a quello che si consuma senza sosta nell’hinterland nord, dove i roghi sono appiccati ai rifiuti tossici delle discariche abusive: ancora l’altra notte il fumo e la puzza hanno tenuto svegli gli abitanti di Giugliano, Villaricca, Mugnano, Calvizzano e di altri comuni limitrofi. Pure questa una tragedia annunciata.
LA STAMPA DI STAMATTINA
ROBERTO GIOVANNINI
Che d’estate in Italia ci siano gli incendi non è una novità. Non è neanche una novità constatare che il sistema di lotta antincendio non funzioni come dovrebbe. Le Regioni sarebbero titolari per legge della materia; ma si organizzano in ritardo e male per limitare i rischi e approntare i servizi necessari poi. Addirittura sette Regioni - Abruzzo, Basilicata, Marche, Molise, Puglia, Sicilia e Umbria - non dispongono di nessun aereo o elicottero per spegnere i roghi. I Vigili del Fuoco denunciano perduranti carenze di uomini e mezzi. Lo scioglimento del Corpo Forestale dello Stato, passato ai Carabinieri, ha creato problemi gravissimi: come nel caso delle Province, oggi molti rimpiangono un organismo che non era molto efficiente, ma che un suo ruolo lo svolgeva. La pressione sulle strutture della Protezione Civile è quasi insostenibile: gestisce una flotta aerea di Canadair ed elicotteri di discrete dimensioni, ma non può certo fronteggiare in modo efficace le 430 richieste di intervento («concorso aereo») pervenute dal 15 giugno a oggi. Erano state «solo» 308 nello stesso periodo del 2007, l’annus horribilis per i boschi italiani con oltre 10mila roghi.
Il risultato lo abbiamo sotto gli occhi: dopo un 2013 e un 2014 relativamente «tranquilli», gli ultimi tre anni hanno visto un aumento significativo sia del numero degli incendi che della superficie devastata dalle fiamme. Colpa del cambiamento climatico e della siccità che ne consegue, che insieme all’abbandono del territorio fanno sì che i nostri boschi siano degli zolfanelli pronti ad accendersi in modo devastante. O meglio, ad essere accesi: secondo il recente rapporto Ecomafie 2017 di Legambiente, ben il 60% degli incendi registrati lo scorso anno sono da considerare dolosi. Accesi a fini speculativi (anche se la legge vieta di costruire nelle aree bruciate), oppure dagli stessi lavoratori stagionali impiegati nel lavoro di spegnimento.
La legge affida alle Regioni l’azione di prevenzione e contrasto agli incendi. Sulla carta, entro il 15 giugno di ogni anno le Regioni dovrebbero presentare i propri programmi di azione e di intervento anche preventivo. Ma anche quest’anno gran parte di esse si è mossa in ritardo, tra fine giugno e l’inizio di luglio. Qualcuna ancora non ha nemmeno varato il suo piano. Sempre le Regioni sono tenute ad attivare una propria flotta di mezzi, aerei ed elicotteri. Come detto, sette non ne dispongono: alcune finora utilizzavano quelli del Corpo Forestale o dei Vigili del Fuoco, con una convenzione a pagamento. Ma la Forestale non c’è più, assorbita dai Carabinieri, e in alcuni casi (come in Sicilia) non c’è né la flotta regionale né quella in convenzione. Ma il governatore siciliano Crocetta i soldi per finanziare un esercito di «forestali» assunti dalla Regione li ha trovati.
Esiste una flotta aerea della Protezione Civile, coordinata da una sala operativa. È formata in tutto da 16 Canadair e 12 elicotteri speciali dei Vigili del Fuoco e della Difesa, e viene attivata su richiesta delle Regioni. In base alla possibilità operative: quando si arriva a chiedere l’intervento della flotta «centrale», vuol dire che le fiamme sono già estese. A quel punto la battaglia è già persa.
A terra le operazioni di spegnimento sono affidate ai Vigili del Fuoco, con cui collaborano uomini e mezzi delle Regioni, dei Comuni, e molti volontari. Un coordinamento difficile, che viene affidato alle cosiddette DOS, le direzione operative di spegnimento. Sale operative attrezzate dove operano tecnici qualificati. Erano circa 2000, tra dirigenti e operatori, fino al 2016 alle dipendenze della Forestale. Di questi però solo 300 sono passati ai Vigili del Fuoco, che avrebbero dovuto assorbire le competenze e i mezzi del disciolto (e considerato non particolarmente efficiente) Corpo Forestale. L’Arma dei Carabinieri, dopo la riforma Madia, si è invece «tenuta» il grosso degli uomini e dei mezzi. Ma il personale è stato affidato ad altri compiti. Le Regioni non hanno voluto utilizzare i servizi dell’Arma in convenzione. I Carabinieri, dicono ai sindacati dei VVFF, si sono tenuti persino le autobotti. E molti elicotteri oggi passati ai militari - che pure volavano regolarmente ai tempi della Forestale - non sono considerati più utilizzabili. E sono a terra, in manutenzione.
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