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 2017  luglio 12 Mercoledì calendario

Benetton, il monopolio Telepass ricco e spietato con i suoi sudditi

L’arroganza del monopolio privato delle autostrade – cioè, per dare un nome ai prepotenti, dei fratelli Luciano, Gilberto, Giuliana e Carlo Benetton – si manifesta con una mail al suddito del Telepass. Oggetto: “Chiusura contratto”. Svolgimento: “Gentile Cliente, Le confermiamo che Carta Sì, Ente tramite il quale ha sottoscritto il contratto in oggetto, ha provveduto con motivazioni non note alla Scrivente, alla chiusura dello stesso. Le ricordiamo di restituirci entro e non oltre 20 giorni le tessere Viacard e gli apparati Telepass eventualmente ancora in Suo possesso, onde evitare la penale prevista”.
Il suddito pensa a un errore e chiede chiarimenti al numero verde, dove l’addetta è spietata come il più avido affarista di Treviso: “La sua carta di credito è scaduta, Carta Sì era il garante del suo pagamento e non garantisce più. Non possiamo farci niente”. Il suddito implora: “Sono cliente dal 1994, si prenda il numero della nuova carta di credito e chiudiamola lì”. “Impossibile”, replica lo spietato customer care à la Benetton, “vada a un Punto Blu e restituire il suo Telepass, poi se vuole fa un nuovo contratto”. Carta Sì non ci sta a fare la parte del cattivo e replica: “Telepass spa ha scelto di interrompere il suo contratto, le assicuriamo che CartaSì non entra nel merito di contratti sottoscritti da terzi”.
Ma Telepass insiste, e parla di “una situazione in cui Telepass è vittima”. Il fenomeno infatti è diffuso: “Nel primo semestre del 2017, i titolari di CartaSì che hanno ricevuto una disdetta del contratto Telepass sono stati 5.600 – comunica il monopolio dei Benetton – e rappresentano il 20 per cento dei casi di disdetta legati al venire meno del rapporto contrattuale tra il nostro cliente e la banca che gli ha fornito l’apparato Telepass”.
L’incontenibile arroganza di Telepass (controllata da Atlantia, controllata da Sintonia, controllata da Edizione, posseduta in quattro quote identiche dai Benetton) è spiegabile a patto di avventurarsi nel campo dell’inverosimile. Accadde un giorno che Intesa Sanpaolo ruppe i rapporti commerciali con Carta Sì, e da allora tutte le carte di credito in scadenza sono state sostituite da una nuova di zecca. Le società normali, per non perdere i clienti, si collegano con la banca dati di Carta Sì e, quando vedono che la tua carta di credito sta per defungere, ti chiedono con gentilezza il numero di quella nuova. Invece Telepass (cioè Autostrade per l’Italia, cioè i Benetton), non si è data il disturbo di attrezzare una procedura in grado di gestire il cambio di carta di credito del cliente. Perché buttare soldi per niente? Si sa che le grandi ricchezze si costruiscono sui piccoli risparmi.
E del resto i Benetton di che si devono preoccupare? Di Telepass ce n’è uno solo, e il suddito che non vuole fare la coda al casello passando dalla porta automatizzata è costretto ad andare al Punto Blu a implorare il prezioso aggeggio che il monopolista con degnazione concederà. Se la tua banca, per affari suoi che non conosci, ha deciso di cambiarti il numero di carta di credito, per Telepass spa sono giustamente affari tuoi. Il tuo Telepass non funziona più, se lo rivuoi vai a inginocchiarti al Punto Blu, e riportagli di corsa il vecchio apparato disattivato per non pagare la penale.
In un Paese dove la vigilanza sulle concessionarie autostradali, svolta nominalmente dal ministero delle Infrastrutture, è una barzelletta, può accadere questo e altro. La fenomenologia del Telepass è solo un sintomo minore di uno scandalo gigantesco consistente nell’aver ceduto ai Benetton (1999, governo D’Alema) il monopolio sul 60 per cento della rete autostradale italiana a pedaggio, e con esso la licenza di spolpare gli automobilisti senza alcun limite, neppure di decenza.
La società Telepass è valutata nell’ultimo bilancio della holding Atlantia 1 miliardo e 148 milioni, oltre sette volte il fatturato. Dove sta il segreto di un tale gioiello industriale? Semplice, fattura solo 158 milioni, ma su questi realizza un margine operativo lordo di 91, poco meno del 60 per cento. Tenere aperte le corsie Telepass costa solo 67 milioni, ma gli automobilisti, per utilizzarle, devono pagare ai Benetton 158 milioni di canone.
L’ingenuo liberista penserebbe infatti che il monopolista, dotandoti dell’aggeggio e risparmiando un sacco di soldi per il personale ai caselli, potrebbe pagarsi il servizio girando alla controllata quei 67 milioni che sono niente di fronte ai 3,8 miliardi di pedaggi incassati e, soprattutto, di fronte ai 930 milioni di utile netto. E invece no. Il Telepass se lo pagano tutto gli automobilisti, attraverso i canoni. Quindi ti paghi il pedaggio e – se non vuoi farti un’ora di coda al casello dovuta all’istinto del risparmio dei signori Benetton sulle corsie di pagamento manuale – paghi un altro po’.
E questi sono spiccioli. Poi ci sono le cose serie. L’amministratore delegato di Autostrade per l’Italia Giovanni Castellucci è a processo per omicidio colposo per la morte di 40 persone sul pullman che il 28 luglio 2013 a Monteforte Irpino ha sfondato un guard rail marcio ed è precipitato nel vuoto. Il tribunale di Avellino deve stabilire se quei pellegrini di Padre Pio hanno pagato con la vita i risparmi sulla manutenzione della rete autostradale. Dal 2008 al 2016, negli anni di una drammatica crisi economica che ha visto anche una drastica riduzione del traffico, il monopolio autostradale dei Benetton ha accumulato 7,2 miliardi di profitti. Complimenti alla vigilanza.