Il Messaggero, 12 luglio 2017
Rino Gaetano, sotto i fanali l’oscurità
Forza delle canzoni, polaroid fulminanti della realtà. Una manciata di minuti e parole per raccontare una storia lunga molte vite e dal nome di donna. E, per scriverla, un talento istintivo, poco governabile, ribelle, indisciplinato fino a trovare la morte più stupida. Aveva solo 27 anni, Rino Gaetano quando ha fatto Aida, cantilena ambiziosa e semplice, ballata fatta di pennellate folgoranti e elementari: «Aida/la Costituente/la democrazia/e chi ce l’ha/e poi trent’anni/di safari/tra antilopi e giaguari/sciacalli e lapin». Potrebbero valere ancora oggi quei versi, quarant’anni dopo, perché ancora di Costituente e democrazia si parla tuttora, mentre antilopi (anche se in quel caso il riferimento era all’ Antilope Cobbler dello scandalo Lockeed che coinvolse il presidente della repubblica Leone), giaguari, sciacalli e lapin continuano a agitarsi selvaggiamente. Potenza di una polaroid musicale nata per rabbia e che l’anno dopo sarebbe diventata lo spazientimento meno meditato di Nuntereggae più, prima di essere tritato dai meccanismi della ricerca del grande successo popolare (il 78 fu l’anno della sua partecipazione al Festival di Sanremo con Gianna).
GENESI DI UN CAPOLAVORO
«Ultimamente, qualche mese fa, ho visto un film molto importante, che è Novecento di Bertolucci. Questo film era un po’ la storia dell’Italia, raccontata proprio in due parti. Io ho cercato di scrivere, di portare in canzonetta, la storia degli ultimi 70 anni, partendo un po’ dalle guerre coloniali fino ad oggi. E mi sono servito, per raccontarla, di una donna che ha vissuto, attraverso i suoi amori e i suoi umori e la sua cultura, la politica italiana. Questa donna si chiama Aida», così Rino spiegò una volta la sua canzone più ambiziosa. Ambiziosa fin dal titolo, un nome preso in prestito addirittura da Giuseppe Verdi, quasi un padre della patria, e attribuito metaforicamente a un paese («la nonna, la mamma, la fidanzata, un’eventuale futura mia figlia, sono tutte Aide, che hanno sofferto come forse ho sofferto io negli ultimi 28 anni e come ha sofferto mia madre negli ultimi anni») che, come la principessa etiope divisa fra l’amore per la sua terra e quello per un giovane guerriero egiziano (cioè appartenente al popolo che l’aveva resa schiava). Insieme amore e odio, proprio i sentimenti che governano le parole della canzone, scelte evocando simbologie precise e declamate con voce roca e urlante, quasi esasperata e dal tono, però, rassegnato. Siamo nel 77, l’anno di piombo, terrorismo e fatalismo. Raccontare passato e presente non era facile. E Rino lo ha fatto con una disinvoltura assolutamente originale, lui cantautore anomalo che rifiutava l’etichetta di protestatario ma, in fondo, ce l’aveva col mondo, scrivendo un pezzo sfrondato da ogni ambizione musicale e che gioca sulla forza dei rimandi storici, invitando a sfogliare un album dei ricordi affatto dolci, che passa dai tabù religiosi alle guerre coloniali, all’alalà dannunziano, al l fascismo e ai suoi «vestiti di lino e seta» (citazione da un cinegiornale dell’Istituto Luce sul matrimonio illustrati di Edda Mussolini e Galeazzo Ciano), alla guerra («sotto i fanali/ l’oscurità»), al dopoguerra «più nero nel viso/più rosso d’amor» fra «compromessi», «povertà», «salari bassi», l’agitazione dello spettro del «terrore russo» sintetizzato nella contrapposizione tra «Cristo e Stalìn» (cantato con l’accento sulla seconda vocale), ai trent’anni che sarebbero seguiti fra safari, caccia grossa, depredazioni, scandali e tentennamenti.
IL GRIDO
E, alla fine di tutto ciò, resta il grido: «Aida come sei bella» (proprio come la Bella Italia), seguito da una cantilenante lunga coda finale che ha l’andamento di una marcia luttuosa (mentre affiorano gli accordi all’organo di Toto Torquati, il jazzista del Folkstudio che, negli anni della Rca, ha condito con le sue mani molti dischi dei cantautori). Un finale amaro, che fa da richiamo a quello altrettanto amaro e assurdo che ha chiuso la vita di Rino, morto dopo un violento incidente con la sua auto alle 4 di una mattina ancora buia, ma vittima anche della malasanità perché sballottato in coma da un ospedale all’altro alla ricerca di quello attrezzato per un delicato intervento alla testa. Proprio in questi giorni Aida, che era il terzo album della carriera del cantautore calabrese, è stato ripubblicato da Sony in versione doppio cd con versioni live dei pezzi, la title track reinterpretata da Gianluca Grignani, più altre versioni delle canzoni di Rino interpretate da Fabrizio Moro, Briga e Tricarico.