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 2017  luglio 12 Mercoledì calendario

La ricerca-denuncia di due cervelli italiani emigrati a Chicago: «È racchiusa nei cognomi la prova del nepotismo delle nostre università»

Nelle università italiane il nepotismo è un fenomeno talmente vasto ed evidente da essere rilevato anche con metodi statistici elementari. Quelli utilizzati da Stefano Allesina e Jacopo Grilli, confrontando il numero di ricercatori con lo stesso cognome per ogni dipartimento nei diversi atenei e pubblicando i risultati sulla rivista dell’Accademia delle Scienze Usa, «Pnas».
Allesina, biologo, è professore all’Università di Chicago, dove Grilli svolge il dottorato. Neanche a dirlo, due italiani che lavorano all’estero. Il problema non riguarda però fughe o rientri di cervelli, bensì la situazione dei suddetti cervelli nel Paese stesso, paragonandola con quanto accade nell’universo accademico di Francia e Usa. I risultati sono quasi scontati, ma l’evidenza scientifica aggrava ulteriormente la questione, elevandola da chiacchiera da bar a problema morale e istituzionale. «Abbiamo analizzato la distribuzione geografica dei cognomi di oltre 133 mila ricercatori e professori per gli anni 2000, 2005, 2010 e 2015 – ci spiega Allesina – e con metodi statistici abbiamo osservato che in Italia si riscontrano diverse anomalie, soprattutto in alcune regioni, dipartimenti e discipline». I dati mostrano un numero di omonimie molto superiore a quello che ci si aspetterebbe per puro caso nel 2015 in Campania, Puglia e Sicilia, fenomeno che negli anni precedenti si osservava anche in Lombardia, Piemonte, Toscana, Emilia Romagna, Lazio e Sardegna. Equivalente la situazione tra le discipline: nel 2015 il numero maggiore di anomalie riguardava Medicina e Chimica, ma negli anni precedenti erano coinvolte anche Legge, Economia, Ingegneria, Biologia, e Agraria.
La principale critica mossa allo studio, naturalmente, è quasi banale: i possibili casi di omonimia, senza legami di parentela. «Ovviamente ci abbiamo pensato – chiarisce Grilli -. Così abbiamo fatto diversi tipi di randomizzazioni, creando diversi scenari casuali e confrontandoli con i dati reali». Si conferma così che le differenze con Francia e Usa sono molteplici e che il nepotismo è solo uno dei fenomeni.
«Una delle differenze più marcate – aggiunge Allesina – riguarda la mobilità, marcata negli Usa e quasi assente da noi». Mentre negli Usa i cognomi sono perfettamente mescolati a livello geografico, nelle università italiane si trovano cognomi tipici della città e della regione, a significare una mobilità minima o nulla. «Il fenomeno significa che, in America, chi lavora in università è disposto a spostarsi dall’altra parte del continente, pur di trovare un buon posto di lavoro».
I dati mostrano, però, qualche passo avanti: il nepotismo sembra essere in diminuzione negli ultimi 15 anni. «Non è dovuto solo alla riforma Gelmini – dice Allesina -. Il trend si vede già negli anni antecedenti, probabilmente a seguito dei pensionamenti e delle scarse assunzioni. D’altra parte, la nostra analisi non è in grado di individuare i casi di nepotismo madre-figli e marito-moglie, poiché i cognomi sono diversi… e quindi la situazione potrebbe essere più grave».
Un fenomeno curioso si osserva invece in Francia, dove è elevato il numero di coppie sposate che lavorano nello stesso dipartimento. «Ma è una realtà diversa da quella dei legami di parentela – spiega Grilli -. È fisiologico che chi frequenta lo stesso ambiente abbia più probabilità di sposarsi. Negli Usa le “spousal hires” – le assunzioni di coppia – sono un modo a cui ricorrono gli atenei per attirare i migliori».