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 2017  luglio 12 Mercoledì calendario

Asilo anche in altri Paesi, il ricorso che può far saltare il Trattato di Dublino

ROMA È la carta jolly che il governo Gentiloni si giocherà per venir fuori dall’emergenza immigrazione. Far saltare di fatto l’accordo di Dublino. E per farlo, l’Italia punta sulla Corte europea di Giustizia e sulla sentenza attesa per il 26 luglio.
L’obiettivo è scardinare il concetto di “ingresso illegale” che finora ha consentito ai riottosi partner europei di chiudere i loro porti e le loro frontiere, lasciando Roma da sola a gestire la massa di richiedenti aiuto e asilo. Se la Corte di Lussemburgo imprimerà la svolta sperata da Palazzo Chigi, allora Francia, Austria e altri Stati membri Ue non potranno rifiutarsi di accogliere i migranti che puntano a varcare i confini dell’Italia.
Le due “cause” che tra pochi giorni andranno a sentenza non riguardano direttamente l’Italia (controversie tra i governi di Croazia e Slovenia in un caso, di Croazia e Austria nell’altro). Ma avranno ricadute di portata generale su una questione dirimente, fondamentale. Ovvero, la possibilità che venga riconosciuta all’immigrato la possibilità di chiedere asilo non già esclusivamente al paese del suo primo approdo, bensì al paese nel quale l’immigrato desidera andare a vivere. Ma perché questo sia possibile, prevede ad oggi l’articolo 13 del trattato di Dublino, è necessario che l’immigrato non abbia varcato «illegalmente» o «irregolarmente» i confini di uno Stato membro. Perché se questo avviene, allora sarà il solo Paese di approdo a doverlo gestire. Domanda di asilo compresa. È proprio la zavorra che pesa sull’Italia, in forza di quella interpretazione restrittiva che ha preso il sopravvento in Europa e che considera gli sbarchi comunque illegali.
Nei due casi che vanno a sentenza la rotta è quella balcanica occidentale, cuore dell’emergenza nel 2015. Il governo italiano si ritiene tanto parte in causa da aver presentato alla Corte delle osservazioni (è consentito), proprio per sostenere la tesi che gli ingressi non possono essere considerati «illegali» (e quindi vincolanti per la richiesta di asilo) se sono avvenuti attraverso operazioni umanitarie, supportate nel nostro caso dalla Marina o dalla Guardia costiera. Migliaia di immigrati quotidianamente vengono salvati, raccolti dai barconi e condotti nei nostri porti «conformemente agli obblighi discendenti dalla Convenzione di Ginevra», hanno sottolineato gli avvocati di Palazzo Chigi e Farnesina.
Ci sono buone possibilità che la Corte accolga i ricorsi. Pochi giorni fa infatti l’Avvocata generale (sorta di relatore in giudizio) Eleanor Sharpston, britannica, ha presentato le sue conclusioni in cui tra l’altro sottolinea di «condividere la posizione italiana circa l’interpretazione dell’articolo 13 del Regolamento di Dublino alla luce della Convenzione di Ginevra». Se la sentenza andasse nella direzione sperata dal governo italiano (e da quello croato) quel cardine dell’accordo di Dublino sarebbe destinato ad essere rinegoziato.
Un terremoto, scatenato da due casi minimi tra milioni. Un cittadino siriano, A.S. che ha viaggiato dalla Siria alla Slovenia attraverso la rotta dei Balcani occidentali è entrato in Croazia. Le autorità locali ne hanno organizzato il trasferimento verso la Slovenia e alle autorità slovene nel 2016 lui ha presentato domanda di protezione internazionale. Rigettata perché queste hanno ritenuto che A.S. fosse entrato in Croazia, cioè in un paese Ue, «illegalmente» e che perciò fossero i confinanti croati a doversi riprendere in carico il profugo e a valutarne la domanda di asilo. Per i croati l’ingresso non è stato affatto irregolare e da qui il ricorso. Stessa fattispecie nella seconda istanza, che riguarda invece due donne afgane (Khadija Jafari e Zainab Jafari) e i loro figli. Fuggite attraverso i Balcani in Austria ma passate anche loro attraverso la Croazia. Con analoga controversia tra i due Paesi sulla competenza in merito al diritto di asilo. Ecco, oggi l’Italia è la Croazia di allora. E infatti al fianco del governo di Zagabria sta combattendo la disputa in punta di diritto sull’espressione «ha varcato illegalmente la frontiera». L’avvocata generale Sharpston ha già scritto nelle sue conclusioni che «le parole attraversamento clandestino di cui al Dublino III non sono applicabili a situazioni in cui, a seguito di un afflusso massiccio di cittadini che chiedono protezione, gli stati membri Ue consentano di attraversare la frontiera e transitare verso altri Stati». Per il governo italiano è il caso delle migliaia che sbarcano sulle nostre coste attraverso navi militari o di associazioni. Dell’emergenza ridiscuteranno oggi a Trieste Gentiloni-Merkel-Macron nel trilaterale che precederà il Vertice sui Balcani.