La Stampa, 12 luglio 2017
Ritorna la pubblicità in tv: +7%. Ma i giornali continuano a soffrire
La televisione torna a crescere, con un aumento dei ricavi pubblicitari nel 2016 pari al 7%, dopo anni di cali continui e un 2015 sostanzialmente stabile. È la sorpresa contenuta nella relazione annuale dell’Autorità garante delle comunicazioni (Agcom) presentata ieri a Montecitorio, secondo la quale aumentano in particolare i ricavi pubblicitari dalla tv in chiaro mentre calano gli introiti dalla vendita di offerte televisive. Risultato: cresce la Rai mentre fa passi indietro Mediaset. Stando al rapporto, il 2016 per il mercato dei media in Italia è stato un anno ri ripresa, con ricavi complessivi per 14,7 miliardi di euro, in rialzo del 3,9% rispetto all’anno precedente. Stabile il mercato delle telecomunicazioni, che segna un +0,2%, con la rete mobile che cresce del 2,4% a fronte di un arretramento di quella fissa del 2%.
Nei media, la parte del leone la fa come sempre la pubblicità, che pesa per il 49%, mentre il 37% arriva dalla vendita di servizi e il 14% da canone e contributi pubblici. Corre internet, col +15%, tiene la radio, con un +0,8%. La nota dolente è quella di giornali. «La stampa – spiega il presidente dell’Agcom Angelo Cardani – è il settore che evidenzia i segnali di maggiore sofferenza». I quotidiani continuano a mostrare il declino strutturale – si legge nella relazione -. I ricavi complessivi subiscono una contrazione pari al 6,6%, con una riduzione maggiore dei ricavi pubblicitari (-7,7%) rispetto a quelli derivanti da vendita di copie, inclusi i collaterali (-6%), ipotizzando invariati i contributi e le provvidenze.
«Il settore – sottolinea Cardani – registra una perdita complessiva dei ricavi negli ultimi cinque anni, non solo pubblicitari ma anche derivanti e dalla vendita delle copie (-24%)», il che ha provocato «un netto scivolamento della professione verso la precarizzazione».
Al contrario, torna a crescere il settore televisivo, i cui ricavi sono passati dai 7,83 miliardi del 2015 agli 8,36 miliardi del 2016, arrivando a toccare livelli analoghi al 2012 dopo cinque anni di calo. La raccolta pubblicitaria rappresenta oltre il 40% del totale (pari a circa 3,5 miliardi, legati per il 90% alla tv in chiaro), seguita dalla vendita di offerte televisive (36%), in calo di 2 punti percentuali a favore dei fondi pubblici (canone Rai, convenzioni e provvidenze pubbliche), pari al 23%.
Ma se internet è l’area che mostra la maggiore dinamicità, è anche quella su cui bisogna intervenire più in fretta, sottolinea Cardani, che spinge per una legge che limiti lo strapotere di Facebook e Google. Il caso delle fake news, dice, «depone a favore di un intervento normativo la preoccupazione per l’eccessivo potere delle piattaforme online. Ci si chiede, infatti, come sia possibile fidarsi della promessa dei colossi del web di sviluppare algoritmi finalizzati a rimuovere le informazioni false e virali sequesti stessi colossi sono anche i principali”utilizzatori” gratuiti dell’informazione».