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 2017  luglio 12 Mercoledì calendario

Nesta: «Miami la mia scuola l’Italia è l’università»

Alessandro Nesta, c’è anche lei tra gli allenatori italiani all’estero che vincono o il campionato di «apertura» della Nasl (di fatto, la B americana) è troppo facile?

«No. Credo che vincere sia difficile ovunque, soprattutto in campionati, lingue e culture diverse. E poi a Miami fare calcio non è così scontato: fa un caldo impressionante».
Come ci si adatta?
«Una volta mi piaceva dormire, ora mi sveglio alle 6 per allenare con un po’ di fresco».
Che calcio propone?
«Offensivo, col 4-3-1-2. Gradualmente sono riuscito a introdurre più lavoro tattico e atletico: la cultura della fatica qui non manca di certo».
Si sente ancora un calciatore o ha tagliato il cordone?
«Il calcio giocato è un’altra cosa. Si nasce calciatori, non allenatori. E soprattutto per chi ha giocato ad alti livelli è difficile ripetere certe emozioni. Ma adesso come allenatore sento che miglioro ogni giorno le mie conoscenze».
L’addio di Totti che effetto le ha fatto?
«Penso che sia stato emozionante per chiunque, di qualsiasi fede calcistica. È qualcosa che ti ripaga di tutto. E non tutti i grandi campioni hanno potuto vivere una giornata così. A Roma sono critici, esigenti, ma non c’è niente da fare: sono bravi».
Francesco lo prenderebbe nel suo Miami?
«Ci siamo sentiti e lui ha un futuro da dirigente».
Ma la «paura» di cui ha parlato Totti, l’ha avuta anche lei quando ha smesso?
«Il giorno che inizia il campionato e tu non ci sei, è dura. E se non hai subito qualcosa di interessante da fare, è faticoso: ti manca il campo, lo spogliatoio, stai coi figli, vai a fare la spesa con tua moglie. Ma siamo stati abituati a emozioni diverse. Capisco bene quello che intendeva Francesco».
E Pirlo che fa?
«L’età si fa importante. Ma lui è sereno. E quando smetterà deve rimanere nel calcio».
La stupirebbe trovarselo da avversario in panchina?
«No, anzi, al contrario: lo vedo bello carico...».
La sua ambizione è quella di allenare in Europa?
«Sì. Sono partito da qui perché ho deciso di vivere a Miami con la mia famiglia. Ma adesso sono pronto a valutare qualsiasi soluzione: non sono un allenatore in vacanza».
Il calcio italiano visto da lì ha sempre fascino o no?
«Sempre. Ci sono giocatori molto interessanti. E guardo soprattutto gli allenatori».
Il dominio Juve continua?
«Penso che il prossimo scudetto la Juve lo può perdere da sola. La Roma finora ha solo venduto e vediamo cosa compra, il Napoli non vende e non compra. L’anti Juve per l’anno prossimo sarà comunque la squadra di Sarri».
E le milanesi?
«Il gap che devono colmare è più ampio e per farlo serve tempo. Dipende da quanto investiranno: solo loro da quel punto di vista potranno davvero competere con la Juve nei prossimi anni».
Avrebbe mai immaginato tanto caos per un portiere, per quanto forte come Donnarumma?
«Non so chi lo ha chiamato, ma se era il Real Madrid è chiaro che uno ci pensa un attimo. Alla fine è andata come doveva andare, ma la mia prospettiva è un’altra».
Quale?
«Quando il Milan ritornerà quello di un tempo non avrà più questi problemi. Pochi anni fa era il punto d’arrivo massimo. Deve riconquistare quel prestigio».
Capitolo difensori italiani: è ancora tempo dei grandi vecchi o il cambio generazionale è a un passo?
«Se stanno bene, credo che Barzagli e Chiellini giocheranno ancora il Mondiale. E Bonucci che ha 30 anni non si discute. Ma Rugani, Romagnoli e anche Caldara crescono bene: quando gli altri smetteranno, siamo a posto».
In Italia si esaltano troppo in fretta i giovani, facendoli passare per campioni?
«È un problema generale, non solo italiano. Ci sono tanti calciatori sopravvalutati, basta guardare le cifre che girano in questo calciomercato. La qualità mi sembra più bassa».
I suoi modelli quali sono?
«Ancelotti è un grande punto di riferimento, per come gestisce il gruppo, per l’approccio alle partite. Da Zeman ho imparato tanto: 20 anni fa era molto moderno. Ho studiato Conte, Giampaolo e Sarri. Che sta facendo qualcosa di più».
In cosa?
«Nel modo in cui vuole arrivare alla vittoria, con una costante ricerca del gioco. Poi si vince e si perde, ma poche squadre al mondo giocano come il suo Napoli. Spero che vinca qualcosa per essere considerato tra i più grandi, come merita».
Simone Inzaghi con la sua Lazio la stupisce?
«Molto. Non pensavo fosse così bravo: non sembrava coinvolto dalla tattica. Ma crescendo si cambia».
In Conte cosa la colpisce?
«La passione, che invece di diminuire sembra crescere: dev’essere uno che lavora 18 ore al giorno».
E Allegri?
«Arrivava al Milan dal Cagliari e ha fatto molto bene: quell’esperienza gli è servita alla Juve, soprattutto nella gestione delle personalità forti».
Un giocatore che le piacerebbe allenare?
«Thiago Silva, così mando tutti gli altri all’attacco, tanto dietro c’è lui...».
Suo figlio gioca a calcio?
«Sì, ha 9 anni. Gioca nell’accademia della Juventus...».
Quelle della Lazio e del Milan immagino che non ci siano a Miami.
«Esatto».