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 2017  luglio 12 Mercoledì calendario

«Un punto di non ritorno. E da Trump solo confusione». Intervista a Charles Kupchan

WASHINGTON «Le nuvole sulla presidenza Trump si fanno sempre più nere. Ma non sta ancora piovendo». Il «Russiagate» ha un lungo percorso davanti, dice Charles Kupchan, 58 anni, analista al Council on Foreign Relations di Washington, già consigliere di Barack Obama dal 2014 al 2017, con deleghe sull’Europa.
Trump è in difficoltà, ma l’ipotesi di impeachment resta lontana. È il Congresso che può rimuovere il presidente con una procedura in due fasi. La Camera dei rappresentanti vota la messa in stato di accusa a maggioranza; il Senato si pronuncia nel merito, con un quorum dei due terzi.
La storia è sempre più intricata. Una catena che sembra cominciare nell’ufficio del procuratore generale di Mosca e finire sul computer di Donald Trump Jr. L’impressione è che ci sia ancora molto da scoprire...
«Questa storia è un regalo per i media, non c’è dubbio. Le ultime rivelazioni del New York Times segnano, però, un punto fermo. Lo staff di Trump ha discusso con esponenti russi di questioni molto importanti che riguardavano le elezioni Usa. La cosa inquietante è che i collaboratori di Trump abbiano sempre ammesso di aver avuto contatti con interlocutori riconducibili a Mosca, solo dopo che le informazioni erano uscite sui giornali. È successo con Michael Flynn, con Robert Page, con Paul Manafort e ora con Donald Jr. È da questo fatto che ricavo anch’io la stessa impressione: filtreranno presto altre notizie. E penso sia una sensazione condivisa da gran parte dell’opinione pubblica sulla base di un ragionamento molto semplice. Se le persone sfiorate dal sospetto si decidono a parlare solo dopo che vengono alla luce i fatti, vuol dire che probabilmente hanno qualcosa da nascondere».
Anche l’atteggiamento di Trump contribuisce ad alimentare la confusione, o no?
«Non c’è dubbio. Nell’ultima conferenza stampa in Polonia ha risposto in maniera ambigua alla domanda sulle interferenze dei russi nella campagna elettorale. “Possono essere stati loro oppure altri, non lo sappiamo, nessuno lo sa”, ha detto. Un modo per spargere incertezza e mettere in dubbio anche i risultati finora acquisiti dalle indagini».
Qual è il calcolo politico del presidente?
«Trump sente che il grosso della sua base elettorale gli è sempre fedele. E probabilmente non ha torto. Il presidente sta coltivando una vera strategia della confusione, sostenendo che tutta questa vicenda è il prodotto delle Fake news, le notizie false, oppure lasciando intendere che ci possono essere altre possibilità non ancora esplorate».
Con il passare del tempo, però, le indiscrezioni dei giornali riprese dalle tv diventano più concrete, più affilate e quindi più insidiose per Trump...
«È così. Il New York Times e il Washington Post hanno mobilitato i loro migliori giornalisti per scavare nelle relazioni tra lo staff di Trump e realtà russe o collegate alla Russia. Ora arrivano i primi riscontri concreti e quindi questo lavoro di indagine andrà avanti ancora con più convinzione».
Nella comunità dei corrispondenti di Washington è diffusa l’idea che spezzoni dell’Fbi stiano facendo arrivare le notizie più succose ai giornali. Un modo per impedire l’insabbiamento dell’inchiesta...
«Ci metterei dentro anche le Commissioni Intelligence del Senato e della Camera che stanno indagando sul tema. Ci sono diversi attori e quindi diverse fonti possibili in campo. Anche questo spiega perché la materia diventi sempre più complicata da seguire, con tanti dettagli e ramificazioni».
Quale sarà la reazione dei parlamentari repubblicani?
«È una domanda chiave naturalmente. Ma non saprei rispondere. Non vedo al momento delinearsi tra i repubblicani uno schieramento convinto e compatto contro Trump. Penso che i parlamentari seguiranno con grande attenzione, cercando anche di anticipare i possibili sviluppi giudiziari e decideranno volta per volta se sostenere o contestare Trump. Molto dipenderà, come si diceva, dagli umori della base che ha votato per il presidente».
Ma l’ipotesi dell’impeachment è più vicina?
«Il percorso è ancora lungo. Certo, questo passaggio mette oggettivamente in difficoltà Trump. Ma non credo sia sufficiente per l’impeachment. Servono elementi che dimostrino la responsabilità diretta e inequivocabile del presidente. Per ora stiamo parlando dei consiglieri, anche se sono coinvolti il figlio e il genero. Da mesi si sono addensate nuvole sulla presidenza Trump. Oggi possiamo dire che sono diventate più nere. Ma ancora non si vede la pioggia».