Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  luglio 12 Mercoledì calendario

Il segretario del Pd assunto nella spiaggia nera di Chioggia

Abbiamo appreso nei giorni scorsi, tramite una gragnuola di articoli di Repubblica, che a Chioggia esiste una «spiaggia fascista», un buco nero dell’anima in cui la libertà e la democrazia non sono giunte, in cui i diritti umani non valgono, e ancora vige la dittatura mussoliniana. Il giornalone progressista, indignato come si conviene, domenica ha sbattuto il mostro fascistissimo in prima pagina. E il prefetto di Venezia, Carlo Boffi, ha immediatamente emesso un’ordinanza per imporre la subitanea rimozione di «ogni riferimento al fascismo». Inoltre, ha intimato al gestore della spiaggia, Gianni Scarpa, di «astenersi dall’ulteriore diffusione di messaggi contro la democrazia». Non accada mai più che sul bagnasciuga si allunghi la cupa ombra del regime.
  Dal modo in cui è stata gestita la faccenda, è parso di capire che si trattasse di un’emergenza nazionale, un fatto orrendo di cui le massime autorità dello Stato dovevano occuparsi prima di subito. Stando alla realtà dei fatti, tuttavia, sembra di intuire che la situazione di  Playa Punta Canna non fosse proprio emergenziale, anzi.  Forse lo sdegno e la riprovazione dei cittadini di Chioggia non erano poi così smisurati da richiedere un cataclisma mediatico come quello che si è sollevato nei giorni passati.
  Il fatto è che per il pericolo stabilimento balneare  fascista e liberticida lavorava pure un sincero democratico. Per la precisione, il neo eletto segretario del Pd di Chioggia. Il signore in questione si chiama Terry Manfrin, ed è un giovane leone del partito. Classe 1983, è stato nominato segretario comunale dei democratici lo scorso 18 giugno. Per la stampa locale si è trattato di un grande segno di rinnovamento. Dal canto suo, Manfrin ha subito voluto mandare segnali chiari: massimo impegno e lavoro sul territorio, onde colmare le lacune della giunta locale del Movimento 5 stelle.
«La nuova segreteria comunale»,  ha dichiarato il battagliero Terry il giorno dell’elezione, «si troverà già questa settimana per rilanciare l’attività politica del partito, in particolare sui temi del degrado urbano, dato lo stato di abbandono che sta colpendo anche le zone centrali e turistiche del nostro territorio ed aprendo un dialogo con le forze sociali ed economiche della città».
Lo stato di abbandono, a quanto sembra, non ha però colpito la struttura turistica denominata Playa Punta Canna, tanto che in quello stabilimento per Manfrin si sono aperte interessanti possibilità professionali. Come lui stesso spiega nell’intervista che pubblichiamo in queste pagine, il giovane Terry ha firmato un contratto di lavoro a chiamata con la società che gestisce la «spiaggetta nera».
 Alcuni suoi amici, ci ha spiegato l’interessato, posseggono quote della società, e gli hanno proposto un accordo per lavori occasionali. Che Manfrin ha accettato, ovviamente prima che si scatenasse il pandemonio dei giorni scorsi.
Intendiamoci, il povero Terry aveva tutto il diritto di accettare qualunque forma di impiego gli facesse comodo: di questi tempi, sarebbe folle farsi sfuggire  un’occasione simile. Ma se perfino il segretario del Partito democratico di Chioggia non si sentiva così imbarazzato da rifiutare l’impiego, significa che forse la situazione della spiaggia Punta Canna non era poi così scandalosa. Non si trattava, dopo tutto, di un’emergenza nazionale tale da mobilitare con la massima urgenza il prefetto di Venezia.  Sostiene Manfrin di non aver mai notato busti del duce e altri cimeli del Ventennio. Ma era molto difficile non vedere la gigantesca insegna con la scritta, in caratteri neri, «ordine, pulizia, disciplina». Era complicato non notare i cartelli sparsi in giro con frasi come «la legge della giustizia nasce dalla canna del fucile». Se il segretario del Pd è andato a Punta Canna per «prendere il caffè», di sicuro li avrà notati. E li avrà trovati, tutto sommato, tollerabili. Di certo, non ha chiamato la polizia per farli togliere d’imperio. Sorge il dubbio, allora, che tutta questa vicenda sia stata, al solito, gonfiata. Con un solo obiettivo: agitare lo spauracchio dei camerati, evocare «l’eterno ritorno» delle forze oscure della reazione.  In modo che la sinistra, tramite l’antifascismo immaginario, possa rattoppare la sua identità sbrindellata.
Di tale antifascismo, il povero Manfrin è una vittima: gli è toccato dimettersi. Chissà, magari per consolazione gli daranno la tessera onoraria dell’Anpi.