la Repubblica, 11 luglio 2017
La politica degli strappi e il governo del Presidente
Era prevedibile la reazione negativa della Commissione europea alle proposte di Renzi sul “Fiscal Compact” e sullo sforamento del deficit. Quello che stupisce è tuttavia la veemenza della replica: quasi sprezzante nei toni, soprattutto là dove cita Gentiloni e Padoan per contrapporli al segretario del Pd, sottolineando che questi non detiene oggi alcuna carica istituzionale e quindi – sottinteso – non merita di essere preso sul serio.
È ben raro che Juncker e i suoi commissari intervengano in modo così perentorio nel dibattito interno di un paese dell’Unione. Potevano limitarsi a un “no comment”: se sono andati oltre è perché giudicano necessario stroncare sul nascere le iniziative di Renzi, che è pur sempre un ex presidente del Consiglio di un paese importante. Un conto è se certe affermazioni circa le politiche europee arrivano da qualche esponente anti-establishment in Italia, Francia, Olanda o altrove; tutt’altro conto se a parlare è il capo del partito di maggioranza relativa, colui da cui dipende in larga misura la stabilità del governo.
Quindi la risposta di Bruxelles è volta a puntellare Gentiloni, ma al tempo stesso serve ad ammonirlo implicitamente a non seguire Renzi nelle sue giravolte. Il che vale soprattutto in vista della prossima legge di bilancio, circa la quale l’Europa appare disposta a dare una mano all’Italia, purché non si pretenda di farne un vessillo volto alla destabilizzazione dell’Unione in chiave elettorale. La vicenda è delicata per la semplice ragione che entra come un cuneo a dividere gli interessi istituzionali di Gentiloni e Padoan, premier e ministro dell’Economia, da quelli politici di Renzi. Al momento la frattura, benché visibile, non è grave. Ma in autunno, con la legge di stabilità da portare in Parlamento e le elezioni dietro l’angolo, sarà diverso.
In condizioni normali, la storia avrebbe una sola conclusione possibile: il governo deferisce alla volontà del suo azionista principale, ossia Renzi, e si piega alla ragion politica. In questo caso però l’impressione è diversa. Gentiloni e Padoan, sia pure con garbo e prudenza, tendono a evitare qualsiasi strappo con l’Europa. Con ciò non si comportano come esponenti di un governo fragile e provvisorio che esiste solo grazie alla convenienza o alla benevolenza di Renzi. Al contrario dimostrano che l’esecutivo si è lievemente rafforzato in questi mesi, in proporzione inversa all’indebolimento del socio di maggioranza.
Con evidenza l’Europa rappresenta un potere più forte e influente del leader domestico che si sente già in campagna elettorale. Per cui il governo, nato come emanazione diretta di un personaggio che si ritirava “pro tempore” dalla scena dopo la sconfitta del 4 dicembre, oggi sta cambiando natura. Gentiloni è sempre attento a non rompere le uova su cui cammina, cioè a non irritare Renzi senza motivo; ma è quest’ultimo ormai che deve badare a non commettere altri errori, il primo dei quali consiste nel comportarsi come se l’esecutivo non esistesse.
La verità è che la relativa solidità di Gentiloni deriva dall’avere dietro di sé il Quirinale. Con il suo stile sommesso e in apparenza minimalista, Mattarella non è diverso dai suoi predecessori: nel senso che la presidenza della Repubblica continua essere il punto di equilibrio delle istituzioni in ogni passaggio critico. Quello che stiamo vivendo senza dubbio lo è, fra la prospettiva di uno scontro con l’Unione sui conti pubblici e le inquietudini di un paese lacerato dalla gestione dei migranti. Se si aggiunge il rischio che la prossima possa rivelarsi una legislatura ingovernabile, si capisce l’importanza della ritrovata centralità del Quirinale.
Questo spiega il consolidamento di Gentiloni, il motivo per cui egli può reggere il confronto con l’Europa smussandone le asprezze e limitandone i pericoli. Il suo esecutivo si è evoluto fino a diventare un autentico “governo del presidente” nella forma possibile oggi. Ossia un governo che ovviamente trae la sua legittimità dal Parlamento, ma che nella navigazione quotidiana fa preciso e costante riferimento al presidente della Repubblica come a uno scudo protettivo quasi impenetrabile.