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 2017  luglio 10 Lunedì calendario

Moggi compie 80 anni. Oggi la festa è in Albania

A 10 anni era già furbo come nonna Celeste, che procurava licenze alle reclute del paese. A 20 la malattia del calcio gli era entrata sotto pelle. A 30 si stava già stancando di biglietti alla stazione di Civitavecchia. A 40, sotto Italo Allodi, aveva preso potere alla Juve, ma certi modi spicci non piacevano al sabaudo Boniperti. A 50 aveva firmato col Napoli fresco fresco di scudetto. A 60 aveva mentito pure all’Avvocato: «La vendita di Vieri? Solo fandonie dei giornali». A 70 il suo mondo era crollato con ignominia, da poco gli avevano «ucciso l’anima». A 80 anni Luciano Moggi festeggerà come mai prima. Da esule, nella nuova patria calcistica: oggi l’ex padrone del calcio italiano nato a Monticiano (Siena) il 10 luglio 1937 sarà a Tirana, dagli amici del Partizan che l’hanno assunto a fine aprile. Ma non tesserato: non può esserlo perché la radiazione per il malaffare di Calciopoli è stata notificata alla Fifa e l’inibizione a ruoli dirigenziali è ormai globale. Il contratto da consulente è solo un modo per aggirare l’ostacolo ma, si sa, in questo decennio Luciano non ha mai lesinato consigli agli amici rimasti.

Come un diavolo Ieri una cenetta italiana in famiglia, oggi il trasferimento nella nuova sede di lavoro in cui lo aspetta una festa da re. Tra l’altro, il triennale firmato ha il sapore della nostalgia perché il Partizan (o Partizani), vecchia squadra dell’esercito e campione nazionale per 15 volte, è «la Juve d’Albania». In Italia, invece, Luciano ha lasciato qualche nostalgico oltre a verità giudiziarie impresse sul marmo: Moggi è stato radiato dopo che il Consiglio di Stato ha rigettato l’ennesimo ricorso. Nel mentre, ha spostato il caos di Calciopoli in Europa e attende l’esito del ricorso alla Corte europea per i diritti dell’uomo: in quelle pagine lamenta lo «scopo occulto di favorire l’Inter». Eterne schermaglie, tra lacune, prescrizioni e, soprattutto, sentenze da rispettare. Intanto, Moggi ha messo in cascina un decennio in più, il primo ufficialmente lontano dal calcio. Anche da 80enne sul viale del tramonto, resta il vecchio spavaldo re Mida. Il feroce ex ferroviere a caccia di talenti. Per questo i primi nemici lo chiamavano «Paletta», ma gli piaceva «essere dipinto come un diavolo». Una volta, però, lo ammise: «In questo lavoro bisogna mentire».