la Repubblica, 9 luglio 2017
La mia voce per Fantozzi a Mosca. Intervista a Dmitrij Filimonov
«Paolo Villaggio era un grande pagliaccio pari a Charlie Chaplin, Pierre Richard e al nostro Jurij Nikulin. E per me il pagliaccio è la massima realizzazione di un comico». A parlare, durante una pausa della sua tournée teatrale, è l’attore e doppiatore Dmitrij Filimonov, la “voce russa” dell’attore italiano in diversi episodi della saga di Fantozzi, il tragicomico ragioniere che a molti russi ricordava i personaggi “umiliati e offesi” di Nikolaj Gogol’ e Anton ?echov. Non a caso nel 2012 Villaggio fu insignito del prestigioso premio “Gogol in Italia” come “miglior scrittore tradotto”. Il primo film di Villaggio visto in Russia fu “Il signor Robinson”. «Sì, e fece tanto scalpore nell’Urss alla fine degli anni Settanta. Per me e per la maggioranza dei russi della mia generazione, Villaggio è il signor Robinson prima ancora che il ragionier Ugo Fantozzi. Il film è tuttora uno dei miei preferiti, l’avrò visto decine di volte».
Perché tanto successo?
«Allora i pochi film stranieri che arrivavano erano seri e di contenuto politico, come quelli di Damiano Damiani. Il signor Robinson era una commedia leggera, stupenda fotografia, bella colonna sonora e scene leggermente “spinte”, una cosa rarissima per quell’epoca. Film del genere di solito li vedevano solo i funzionari di partito a porte chiuse. Non so come sia riuscito a sfuggire alla censura».
E quando arrivò Ugo Fantozzi?
«Più o meno negli stessi anni, ma ebbe una distribuzione minore. Diventò popolare più tardi quando comparirono i videoregistratori e si sviluppò il mercato delle videocassette. È così che cominciarono ad arrivarci i capolavori del cinema occidentale, tra cui quello italiano. Ricordo che vidi qualche film della saga senza doppiaggio, con una voce dell’interprete appena sopra. Fu allora che uno studio mi convocò a doppiare Villaggio, incarico di cui sono tuttora orgoglioso».
Il poeta Evgenij Evtušenko paragonò Villaggio scrittore a Gogol e Cechov.
«Non posso che inchinarmi davanti al parere del grande poeta. Personalmente penso che la figura dell’uomo piccolo e sottomesso ricorra in tutta la letteratura mondiale, non solo in quella russa». Villaggio raccontava che durante una proiezione a Mosca, alla battuta “La corazzata Kotiomkin è una cagata pazzesca”, vi fu un applauso fragoroso. «Ridere degli stereotipi imposti dal totalitarismo sovietico era liberatorio. Era una consuetudine dell’intelligentsija di allora».