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 2017  luglio 09 Domenica calendario

Così in Val d’Aosta crolla l’impero di Rollandin

AOSTA Il giallo dei 25mila euro dimenticati campeggia su ogni locandina della città e anima le discussioni tra i tavolini dei bar del centro, anche in quello di piazza Deffeyes, sotto il palazzo della Regione, dove i contanti sono stati trovati nel doppiofondo della scrivania del presidente della Regione Valle d’Aosta. «Tutta la città ne parla, anche se non si sa di chi sono», sorride amaro l’architetto seduto davanti a un Campari. «Se puoi permetterti di lasciare 25mila euro, vuol dire che hai dimenticato solo gli spiccioli».
Quando lo scorso 22 giugno, Pierluigi Marquis, il neo presidente insediatosi a marzo, ha trovato i soldi, il suo ufficio è stato blindato dagli investigatori. Ma quelle banconote sono state il detonatore che ha fatto esplodere un malessere covato negli anni, «la goccia che ha fatto traboccare un vaso già colmo», dicono ancora al bar.
Azzannata dalla crisi, provata dal taglio dei trasferimenti del governo, logorata dalla crisi del Casinò di Saint Vincent, la città punta il dito contro il sistema di potere quarantennale dell’Union Valdotaine e del suo massimo interprete, Augusto Rollandin, consigliere e assessore regionale dal ’78, alla Sanità e all’Agricoltura, presidente della Valle d’Aosta dal 1984 al ’90. Una carriera stoppata da una condanna per abuso d’ufficio, che non gli impedisce di tornare in politica dalla porta principale: eletto senatore nel 2001, è di nuovo presidente della Regione dal 2008 fino a pochi mesi fa. Non a caso chiamato “l’imperatore”, non solo per il facile accostamento al nome di battesimo. Si racconta in città che non ci sia stata decisione, negli ultimi anni, che non abbia avuto il suo placet, dagli atti delle giunte fino all’incarico nell’ultima partecipata. Un sistema di potere sostenuto negli anni dall’autonomia fiscale da Roma, con milioni riversati in assunzioni pubbliche (sono quasi cinquemila i dipendenti pubblici in una regione con meno di 130mila abitanti), finanziamenti a pioggia al mondo delle imprese, posti di lavoro al Casino di Saint Vincent, il più grande bacino elettorale con i suoi 800 dipendenti, il 75% del fatturato. Col taglio dei trasferimenti, il bilancio regionale si è ridotto da un miliardo e mezzo a un miliardo, la disoccupazione è passata dal 3,4% all’8%. «Per anni l’economia locale è cresciuta sulla spesa pubblica – spiega il sindaco di Aosta, Fulvio Centoz, Pd – Ora bisogna passare dal socialismo reale all’economia di mercato».
Crolla l’assistenzialismo, si sbriciola il consenso. E un sistema di potere fatto di relazioni, scambi, clientele, appoggi trasversali, va in crisi. Già negli anni ‘80, le indagini sull’omicidio del giudice Bruno Caccia avevano indicato il casinò come luogo di riciclaggio dei clan, svelando i legami tra amministratori, mafiosi e giudici “avvicinabili”. Uno schema, per quello che emerge dalle indagini, che si ripete nell’inchiesta che ha portato ai domiciliari, a gennaio, l’ex capo della procura, Pasquale Longarini, e svelato i suoi rapporti con imprenditori come l’immobiliarista Claudio Personnettaz, o il titolare del Caseificio Valdostano, Gerardo Cuomo, in contatto con il boss della ‘ndrangheta Giuseppe Nirta, ucciso in Spagna.
Nomi che dicono poco ai valdostani. Preoccupati invece dei posti di lavoro a rischio al Casinò. La ristrutturazione è costata 40 milioni, mentre la Regione ne ha spesi altri 60 per acquistare il Grand hotel Billia, che per molti non ne vale più di venti. Proprio sul Casinò è crollato tre mesi fa l’impero di Rollandin e oggi 270 lavoratori su 700 sono a rischio. E la Corte dei Conti contesta un danno erariale di 140 milioni, per erogazioni considerate senza giustificazione imprenditoriale.