Affari&Finanza, 10 luglio 2017
Vespa, un’idea piovuta dal cielo sulla Piaggio uscita dalla guerra
Pontedera (Pisa) Nel 1946 un operaio guadagnava 10.000 lire al mese. Un caffè costava 20 lire, un chilo di pane 45, un litro di latte 30, un chilo di bistecche 400. Una “motocicletta a complesso razionale di organi ed elementi con telaio combinato con parafanghi e cofano ricoprenti tutta la parte meccanica” (questa la descrizione della prima Vespa consegnata all’ufficio brevetti il 23 aprile di quell’anno) costava la bellezza di 55.000 lire, quasi sei mesi di stipendio operaio. Se volevi certi optional – la stampella laterale, gli pneumatici col fianco bianco o addirittura il contachilometri) il prezzo saliva a 61.000 lire. Un costo molto alto, per le famiglie appena uscite dalla guerra, che facevano fatica a comprare una bicicletta. Però, con quel “complesso razionale di organi ed elementi”, l’imprenditore Enrico Piaggio e l’inventore ingegner Corradino d’Ascanio fecero il botto. Non subito, perché nel 1946 furono prodotte 2.484 esemplari di questa Vespa 98cc e nel 1947 assieme alla nuova Vespa 125 le vendite salirono a 10.535. Ma già nel 1951 furono prodotti 171.200 veicoli. Il Times scrisse che la Vespa era “un prodotto interamente italiano come non se ne vedevano da secoli dopo la biga romana”. Non mancarono comunque le critiche, verso questo mezzo così panciuto, così diverso da tutti gli altri. “Sembra una vespa”, disse Enrico Piaggio, guardando il prototipo, “dalla parte centrale molto ampia per accogliere il guidatore e dalla ‘vita’ molto stretta”. La vespa è diventata la Vespa e fino ad oggi, in Italia e nel mondo, di questi insetti di acciaio ne sono stati venduti quasi 19 milioni. Sono tanti i “segreti” che spiegano il boom. All’ingegnere Corradino d’Ascanio non piacevano le motociclette, perché “scomode, ingombranti, con gomme troppo difficili da cambiare in caso di foratura”. La motocicletta, inoltre, “sporcava, a causa della catena di trasmissione”. L’ingegnere – aveva una certa esperienza, avendo progettato aerei civili e da guerra, carrozze da treno, locomotive – e risolse ogni problema. Scocca portante, a presa diretta, per eliminare la catena. Cambio sul manubrio per una guida più facile. Per aiutare la sostituzione delle ruote escluse la forcella ma preparò un braccio di supporto simile ai carrelli degli aerei. E infine una carrozzeria capace di proteggere il guidatore, che non doveva nemmeno “scomporsi nell’abbigliamento”. Della Vespa sono stati preparati più di 150 modelli, versioni o varianti ma queste caratteristiche resistono da 71 anni. Invenzione e tecnica ma anche fortuna. Nel 1953 esce il film “Vacanze romane” e tanti giovanotti pensano che se guidi una Vespa sei come Gregory Peck. Le ragazze che accettano un passaggio si identificano in Audrey Hepburn. Il mito cresce con “American Graffiti”, “Quadrophenia”, “Caro Diario”, “Alfie”, “The Interpreter”… Raquel Welch, Ursula Andress, Geraldine Chaplin si danno il cambio con Marcello Mastroianni, Charlton Heston, John Wayne, Gary Cooper al manubrio o sulla sella della Vespa. “Certamente – racconta Maurizio Carletti, direttore mercato Italia ed Europa Due ruote – chi compra Vespa non vuole soltanto un mezzo per spostarsi da un luogo all’altro. La sceglie perché vuole distinguersi, oggi come in passato. Ci puoi andare vestito bene, guidi a schiena dritta. Vespa ha la capacità di rinnovarsi in continuazione, di essere sempre contemporanea. Abbiamo cambiato tante cose ma abbiamo mantenuto quelle caratteristiche che danno un senso di appartenenza. Già nel 1951 alla Giornata italiana della Vespa parteciparono 20.000 vespisti. Nel 2006 è nato il Vespa World Club, con 49 club nazionali e 82.000 iscritti. Oggi la Vespa Gts 300 ha l’Abs e l’Asr, l’antislittamento. Sono cambiati i colori. Resistono i classici bianco, blu, nero ma ci sono tante proposte nuove. Noi abbiamo una clientela ampia – uomini e donne di età compresa fra i 14 ed i 65 anni – che cercano lo stile Vespa e l’innovazione. Riusciamo ad accontentarli. In Olanda due anni fa abbiamo proposto – partecipando a un bando di quel Paese – una Vespa non elettrica che viaggia a 25 chilometri all’ora e che non può essere ‘truccata’. Così può viaggiare sulle piste ciclabili. Abbiamo già conquistato il 46% del mercato olandese degli scooter”. E pensare che la Vespa è stata anche un macchina da guerra. Entri nel museo della fondazione Piaggio e trovi la 150 Tap, chiesta dal ministero della difesa francese nel 1956 per la Legione straniera. Ha un cannone da 75 millime-tri, senza contraccolpo, con sei proiettili infilati in cilindri appesi ai lati del mezzo. Poteva viaggiare a 66 chilometri all’ora e aveva un’autonomia di 200 chilometri. Veniva paracadutata ed è stata utilizzata soprattutto in Indocina (la storia ha raccontato che non è servita a molto). Stranamente, anche l’idea stessa della Vespa arrivò dal cielo, con un motociclo militare lanciato da un aereo americano alle proprie truppe. Finì vicino allo stabilimento Piaggio e gli operai lo raccolsero. Erano i giorni – la guerra non era finita – in cui Enrico Piaggio diceva che certamente i vincitori americani non avrebbero permesso all’Italia di costruire aerei militari e che bisognava pensare a nuove idee. Così, copiando un po’ la moto caduta dal cielo gli operai costruirono un prototipo, MP5, che per la sua forma sgraziata fu chiamato Paperino. Ma fu la premessa del prototipo MP6, la Vespa. Da Pontedera amezzo mondo,e anche in fretta. Nel 2004, quando la holding Immsi spa (presidente e ad Roberto Colaninno) ha acquisito la Piaggio, si producevano 58.000 Vespa all’anno. Con l’internazionalizzazione la produzione annua ha superato le 150.000 unità. Nel marzo 2012 è stato inaugurato uno stabilimento ad Hanoi e in cinque anni sono stati prodotti 600.000 veicoli. Un mese dopo è stato aperto uno stabilimento a Baramati per la produzione di Vespa destinate all’India, di veicoli per il trasporto leggero a 3 o 4 ruote e per lo scooter sportivo Aprilia SR 150. I tentativi di imitazione sono pari a quelli della Settimana enigmistica. Il 7 aprile il tribunale di Torino ha sancito comunque “la piena validità del marchio tridimensionale dello scooter Vespa” tutelando “l’iconica forma di questo prodotto globale”. L’innovazione continua: fra pochi mesi verrà messa in produzione la Vespa elettrica, mentre continua la vendita della Vespa (Red), “che si colora di rosso per sostenere il Global Fund per la lotta ad Aids, malaria e tubercolosi”. (Red) è stato fondato nel 2006 da Bono e Bobby Shriver e per ogni Vespa (Red) venduta riceverà 150 dollari Usd. Guerra ad Aids e malaria, senza il cannone da 75 millimetri. Sopra, lo storico fotogramma da Vacanze Romane con Gregory Peck e Audrey Hepburn.
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Il gruppo Piaggio (ricavi consolidati nel 2016: 1.313,1 milioni di euro, a confronto di 1.295,3 milioni del 2015) è stato fondato nel 1884 e dal 2003 è controllato da Immsi spa, holding industriale quotata. Presidente e ad è Roberto Colaninno. Ha debuttato in Borsa nel 2006. La prima Vespa è stata costruita nel 1946 e da allora ne sono state vendute, in Italia e nel mondo, quasi 19 milioni. Nel 2004 Piaggio ha acquisito i marchi Aprilia e Moto Guzzi. I dipendenti italiani sono 3.509 e sono oltre la metà degli addetti del gruppo nel resto del mondo. In Italia la sede è a Pontedera, dove c’è anche il principale stabilimento produttivo del mondo. Qui vengono prodotti i veicoli Piaggio, Vespa e Gilera e i veicoli per trasporto leggero destinati al mercato europeo, assieme ai motori per scooter e motociclette. A Mandello del Lario, dal 1921 ad oggi, vengono prodotte le moto Guzzi. A Scorzè di Venezia lo stabilimento Aprilia e Scarabeo. A Noale di Venezia c’è il centro tecnico per lo sviluppo delle motociclette. Nel marzo 2012 Piaggio ha inaugurato uno stabilimento ad Hanoi in Vietnam. Sempre nel 2012 è stato inaugurato lo stabilimento di Baramati, nello stato di Maharashtra in India. A Pontedera c’è il museo Piaggio, con aerei e treni costruiti fino alla seconda guerra mondiale e soprattutto con la collezione delle Vespa, dal primo prototipo del 1946 ad oggi.