La Lettura, 9 luglio 2017
Le principesse illuminate d’Inghilterra
Tre principesse tedesche, tre principesse illuminate come giustamente le definisce la mostra «Enlightened Princesses: Caroline, Augusta, Charlotte and the Shaping of the Modern World» a Kensington Palace, Londra, fino al 12 novembre. Perché, al fianco di Giorgio II e Giorgio III, il sovrano che perse le colonie del Nord America, vissero il loro tempo da protagoniste e non da comprimarie nonostante la storia le abbia confinate in secondo piano. Protagoniste delle arti e delle lettere, ma soprattutto della scienza (in fondo è la stagione di Newton), e della politica che in modo discreto «navigarono» con abilità. Con loro furono di casa a corte Jonathan Swift e Alexander Pope, Mozart e Händel. Con loro cambiò il rapporto dei sovrani con i figli: la numerosa prole di Giorgio III e Charlotte anziché essere affidata alle bambinaie trascorreva molto tempo con i genitori. Donne di carattere dunque, e di talento che, con il loro soft power, contribuirono a connotare un’epoca politicamente in fermento, complici le tensioni con le colonie ribelli e la battaglia con la Francia per la supremazia sui mari. Ma anche una stagione curiosa, desiderosa di immergersi nella nuova atmosfera esotica che gli albori dell’Impero portavano a corte. E in queste dinamiche si inserivano loro, le principesse tedesche entrate con le nozze nella Royal House. Un racconto che i 200 oggetti in mostra frutto della collaborazione tra Historic Royal Palaces e Yale Center for British Art ricostruiscono per la prima volta.
L’orfana salì al trono e scoprì il soft power di scienze e musica
Caroline di Ansbach (1683-1737) «era appassionata di ricerca scientifica. L’astronomia, per esempio, esercitava un grande fascino al tempo nell’aristocrazia: lei seguì lezioni alla Royal Society e commissionò persino un modellino del sistema solare a Thomas Wright che fu collocato a Kensington Palace», spiega a «la Lettura» Joanna Marschner, senior curator a Kensington Palace. Scienza, astronomia ma non solo, la principessa tedesca, un’orfana cresciuta dall’Elettore di Brandeburgo Federico III e dalla moglie Sophie Charlotte di Hannover, regina di Prussia, fu introdotta dai genitori «adottivi» anche alla musica di Händel, e conobbe Leibniz. Nel 1705 sposò George, principe ereditario dell’elettorato di Hannover e terzo nell’ordine di successione al trono di Gran Bretagna, e trovò subito un’alleata per le sue passioni intellettuali nella nonna del marito, Sophia, che la invogliò a prendere lezioni d’inglese e coltivare interessi politici. Insegnamenti che le saranno utili quando nel 1714 si trasferirà a Londra.
Dotata di una spiccata intelligenza politica oltreché di una passione per scienza e musica, entrò subito in contatto con il potente ministro Robert Walpole. Nel 1727 il marito salirà al trono di Londra come Giorgio II, dopo una stagione conflittuale con il padre Giorgio I. E Caroline, regina consorte, sarà libera di aprire le sue stanze a letterati e pensatori, scienziati e innovatori: così nel suo studio a Kensington Palace si alterneranno gli scrittori Jonathan Swift e Alexander Pope, mentre Isaac Newton condurrà esperimenti di rifrazione della luce proprio nelle regali stanze. Inizia così una nuova era per le figure femminili alla corte di San Giacomo.
Quale potere ebbero davvero Caroline e le altre due «principesse illuminate» come le chiama la mostra a Kensington Palace? «Oggi – continua Marschner – diremmo un soft power, che proprio per questo è stato ben più difficile da dimostrare. Ma costruendo questa mostra siamo riusciti, per la prima volta, a dimostrare l’influenza che hanno avuto».
Il volto della regina nera che ispirò i moti contro la schiavitù
Nelle vene di Charlotte di Mecklenburg-Strelitz (1744-1818) la donna che visse al fianco di Giorgio III, il re che perse le tredici colonie americane e finì i suoi giorni ostaggio della pazzia (o meglio della porphyria), scorreva anche il sangue della casa reale portoghese. Per questo, per alcuni storici, la regina tedesca che aveva sposato il nipote di Giorgio II, aveva tratti del viso e carnagione più intensa di una nordica. Per i sostenitori di questa ipotesi, analizzata anni fa da Stuart Jeffries sul «Guardian», è stata la «regina nera». Possibile? In mancanza di fotografie, al tempo, si scrutano i dipinti di corte. Senza contare che pittori come Sir Thomas Lawrence che la ritrassero in modo troppo realistico si videro rifiutare il lavoro. Sir Allan Ramsey fu comunque piuttosto fedele al modello originale e il quadro dell’incoronazione inviato nei territori coloniali forse diede un aiuto al primo movimento anti-schiavitù. Di certo, non bella, non era una donna-vetrina. Ma di cultura e passioni politiche, con un amore per la musica che affinò con Mozart.
A proposito di politica la regina seguì gli eventi che portarono alla dichiarazione d’indipendenza delle colonie nel 1776, consigliando il re che diede battaglia ai piani di riforma della East India Company e chiamò al governo William Pitt il giovane. «Certo, si è detto tanto dei sovrani Hannover, della difesa della nuova dinastia in Gran Bretagna, delle volatili dinamiche del tempo tra Londra ed Europa, del ruolo nella costruzione del British Empire e, infine, nella perdita delle tredici colonie, mentre poco si è scritto delle loro mogli», fa notare la curatrice di Kensington Palace, Joanna Marschner. «Con la mostra presentiamo una rassegna ricca di capolavori, gran parte prestati dalla regina Elisabetta II: oggetti personali come il set da cucito di Charlotte o i pastelli dei Royal children». Charlotte e Giorgio ebbero 15 figli e la regina volle seguirne l’educazione: anche questa una novità a corte. Sostenitrice dei primi vaccini, ancora rischiosi, pianse la morte dei piccoli Octavius e Alfred che aveva fatto inoculare con il vaiolo. Un dolore che la sconvolse e aggravò la «follia» del re.
Sovrana senza corona cambiò il modo di fare beneficenza
La terza principessa è Augusta di Saxe-Gotha (1719-1772). «All’inizio del XVIII secolo, i reali avevano alle spalle una lunga ma piuttosto limitata tradizione con le charity che invece proprio durante la stagione di Augusta (moglie di Frederick principe di Galles, primogenito di re Giorgio II e Caroline) sarebbero evolute in modo vantaggioso per la corona britannica e per le stesse cause filantropiche», spiega Marschner. Oggi Elisabetta II sovrintende a 800 patronati e nel suo insieme la famiglia reale segue 3.500 enti benefici.
Per capire il ruolo di Augusta – continua Marschner – «basta leggere nel resoconto storico del suo Privy Purse, il suo ufficio contabile, una lunga lista di ospedali e scuole che beneficiarono delle sue generose donazioni, incluso il London Foundling Hospital, l’Edinburgh Infirmary e il Westminster Infirmary. Mentre il Paese diventava più urbano e industriale, le vecchie forme di filantropia con donazioni sporadiche e casuali, divenivano inadeguate. Non solo, ma Augusta incoraggiò la femminilizzazione della filantropia e della monarchia, un’influenza destinata a trasformare le charity e la corona nei secoli a venire». Sostenne per esempio i concerti di Händel organizzati a sostegno del London Foundling Hospital.
Ancora una volta era stato Sir Robert Walpole a notare l’intelligenza di Augusta, andata in moglie al principe ereditario. Principe che, in realtà, morirà nel 1751 e non salirà mai al trono. La mente aperta di Augusta si trovò quindi in sintonia con la regina Charlotte, altrettanto piena di interessi. Così se nel cottage di Charlotte apparvero i primi canguri, e se la regina introdusse nel regno piante esotiche come la Strelitzia Reginae (il cui nome è un omaggio alla sovrana nata principessa di Macklenburg-Strelitz), Augusta chiese a William Chambers di costruirle una pagoda nei Kew Gardens riempiti di piante esotiche e animali insoliti provenienti da terre lontane. La pagoda divenne così un monumento alla nuova passione per l’esotismo, fondamenta del British Empire.