La Lettura, 9 luglio 2017
Rivendico il diritto di avere paura (anche degli squali)
Quindi gli squali attaccano. Quindi sono cattivi. Quindi attaccano sempre di più, oppure è solo in aumento la loro popolazione, o la nostra, e ci si incontra più spesso. E quando uno squalo e un uomo si incontrano, l’uomo è un uomo morto. Questa è la tesi di tutti noi che abbiamo visto il film di Spielberg, e che da allora non crediamo a una parola sulla possibile indifferenza o bontà degli squali. Alcuni ragionamenti estremi dicono: l’ha mangiato uno squalo? Sarà colpa sua, avrà fatto qualcosa di sbagliato, lo ha provocato, ha fatto un movimento sbagliato, lo squalo si è spaventato, ha pensato che volesse fargli male e allora lo ha mangiato. Se fosse vero, sarebbe comunque una reazione spropositata, ma non è vero. Bisogna diffidare degli animali pericolosi. Bisogna conservare quell’antico istinto di difesa che andiamo perdendo con il tentativo di comprensione. È colpa degli studiosi. Umanizzano. Se ci dicono che il coccodrillo ha l’istinto di protezione verso i suoi figli noi subito ci fidiamo e quando vediamo un coccodrillo in riva al fiume ci viene da accarezzarlo.
Una volta, in Australia, sulla barriera corallina, chi mi guidava durante lo snorkeling mi ha detto: vieni qui, c’è uno squalo di quelli pericolosi. E io ho detto: no che non ci vengo (e ho pensato: non esistono squali pericolosi, altrimenti vuol dire che esistono squali non pericolosi, è questa la trappola in cui non cadrò). Ma la mia guida mi ha spiegato che alla barriera corallina gli squali non sono pericolosi perché mangiano di continuo e sono sempre soddisfatti, satolli. E allora mi sono avvicinato e ho guardato giù uno squalo enorme che dormiva. È stato bello? Non lo so, l’unica sensazione che ho provato è la paura. E per fortuna che soltanto la notte rigirandomi nel letto ho pensato: ma se sono satolli, allora perché mangiano continuamente? E se sono così bulimici da voler mangiare di continuo, anche se sulla barriera corallina hanno tutto quello che vogliono, io non sarei comunque una novità? Un pranzo esotico? Un pranzo della domenica?
La paura è la più grande difesa che abbiamo. Non bisogna sottovalutarla né denigrarla. Ci serve. Quindi non voglio sentir parlare del problema della paura degli squali. Ma quale sarebbe l’alternativa? Bisogna considerarne il carattere, la permalosità, l’irascibilità? Non bisogna esagerare, perché poi hanno anche tante virtù? Contribuiscono all’equilibrio della natura? Beh, modestamente anche io, nel mio piccolo, a casa mia, contribuisco.
Alla paura degli squali non c’è alternativa, se sei in mare, da solo, e nuoti tornando a riva e a un certo punto ti sembra di aver visto qualcosa. Se entra nella testa l’idea dello squalo, entra nella testa immediatamente anche una scena del film Lo squalo. Dopodiché cominci a nuotare forsennatamente e urlando, compari sulla riva atterrito e senza fiato mentre ti guardi intorno, e a quel punto vedi che tutti gli ospiti della spiaggia ti guardano interrogativi e qualcuno – non tutti, però molti – pensa: questo sarà scemo.
Da qualche tempo poi, la homepage dei quotidiani riporta tra le notizie curiose che uno squalo è stato avvistato a Rimini, Torvajanica o nel Salento. Tra l’altro, succede sempre d’estate, e ci si chiede perché gli squali d’inverno non vengono avvistati. Forse perché la gente non va al mare e quindi non avvista? O forse perché, è il nostro sospetto, quando sentono odore di carne umana e sudore e sale vengono attirati? In ogni caso, quella nuotata improvvisa e scema, non è più così scema allora.
La paura fa peggio? Con i cani sì, ti ripetono tutti. Se hai paura, ti morde. Ma se ti dicono così, tu hai paura, e infatti ti morde. È così anche con gli squali? E se c’è uno squalo davanti a te, come fai a non avere paura? Cosa devi fare? Ignorarlo, accarezzarlo, fare buh?
Non credo che la paura per gli squali sia un discrimine. L’ho capito quando sono stato in Australia, appunto. Quello è il Paese dei pericoli mortali, e gli squali sono uno di questi. Poiché ce ne sono tanti (ci sono perfino dei cani che ti sbranano in tre minuti, e ti dicono non devi avere paura sennò ti sbrana, e tu quindi hai paura, e infatti quello ti sbrana), gli australiani hanno un atteggiamento sportivo e filosofico nei confronti dei pericoli: ci convivono. Dicono: ci sono gli squali, i serpenti velenosi, le piante velenose, le meduse mortali, i coccodrilli e i cani sbrananti – è vero, che cosa possiamo farci? La vita è così. È un antidoto questo? La risposta è no. Sapete che cosa fanno gli squali a quelli che dicono in modo filosofico e sportivo che la vita è così, bisogna conviverci? Se li mangiano. Esattamente come mangiano quelli che hanno paura e trovano inaccettabile la presenza di uno squalo nello stesso oceano. Gli squali, come i coccodrilli, come i serpenti, come le piante, o non capiscono o se ne fottono. Davvero ci sono quelli che dicono che attaccano perché hanno paura – ma di cosa: di un corpo umano coperto da un costumino con il laccio bianco che una volta annodato non si slaccia mai più? E se invece ci considerassero come un montblanc? E se ci fossero due montblanc, uno impaurito e l’altro che dice nella lingua montblanchese (che non è detto che lo squalo riconosca): a cuccia, squalo – quale dei due mangerebbe?
Ve lo dico io. Tutt’e due.
E se siamo l’equivalente di un montblanc, allora nemmeno più il discorso dell’essere satolli vale, perché la golosità è un’altra cosa, e non finisce mai di essere possibile. Quindi, liberiamoci, liberiamo la paura che è in noi, la paura sana e costante di tutto quello che ci fa paura. Se quando siamo a riva continuiamo a indicare un pesciolino dicendo: ma è una tracina? Secondo me è una tracina. Attento che ti punge, fa male, non sai che dolore. Ma allora di che cosa ci dobbiamo vergognare?