Corriere della Sera, 9 luglio 2017
Il giardiniere di Wimbledon sotto accusa: «I campi sono in salute»
Quei diciotto figli, tutti belli e amati dal nobile centrale all’ultimo nato in periferia sotto la collina di Aorangi Park, sono la sua croce e la sua delizia. «Il mio lavoro? Passare inosservato» diceva Neil Stubley, giardiniere capo dell’All England Club, all’inizio del torneo di Wimbledon. Ma sei giorni dopo, nella domenica di mezzo che i Championships santificano al riposo come da tradizione, con i due tabelloni allineati agli ottavi di finale (senza italiani: Fabio Fognini e Camila Giorgi hanno buttato via occasioni d’oro), Mister Groundsman deve abbandonare i guanti da giardinaggio, il grembiule verde e le galosce per difendere i 18 campi del circolo, coccolati tutto l’anno per essere perfetti per due settimane, ahiloro – in questa edizione – senza riuscirci.
Il grido dell’americana Bethanie Mattek Sands («Aiutatemi!») risuona ancora tra i vialetti silenziosi di Wimbledon: «Tutto quello che mi ricordo è un crack nel mio ginocchio. E il dolore. Il peggior infortunio della mia carriera». Kristina Mladenovic è scivolata e si è fatta male poco dopo aver chiesto all’arbitro di sospendere il match con la Riske sul campo numero 18, giudicato dalle giocatrici «inaffidabile». Per non parlare di chi si è lamentato delle buche e dell’invasione di formiche volanti, che a tratti hanno fermato i match. Il problema è che l’ondata di caldo su Londra, inedita quanto una visita della regina Elisabetta in Church Road, ha seccato molto l’erba rendendola in certi casi inadatta alle scivolate e in altri viscida come ghiaccio. Venerdì, prima dell’inzio dei match in programma, il tetto del centrale è stato chiuso per preservare il manto del giardino più nobile del tempio dalla cottura assicurata. «I dati in nostro possesso dicono che i campi sotto accusa sono in linea con gli altri e con la qualità dell’erba degli anni passati – ha detto Stubley, chiamato in causa —. Certo fa molto caldo, e non ci siamo abituati. Cerchiamo di bagnarli di più, per tenerli idratati. Ma i nostri campi sono in salute, questo non si discute».
Per esserlo, i 18 bambini di Neil Stubley, sono accuditi da uno staff di 17 tate. Il processo di preparazione comincia poche ore dopo il match point della finale maschile: tosatura, zollatura, semina. Domani scattano gli ottavi e Stubley spera di tornare nell’ombra.