Corriere della Sera, 9 luglio 2017
In morte di Elsa Martinelli
Quella di Elsa Martinelli, scomparsa ieri a Roma a 82 anni dopo una lunga malattia, è stata una delle più fiabe costruite dal cinema nell’Italia degli anni del boom. L’attrice aveva iniziato la scalata al successo facendo prima la cassiera in un bar e poi lanciandosi nell’allora dorato ed esclusivo mondo delle mannequin. Al contrario di altre colleghe che nello stesso periodo fecero il tragitto Roma-Hollywood, la diva iniziò la carriera all’estero, notata da Kirk Douglas per una foto su Life che non si poteva non notare. Così nel ’55, 20enne, affrontò il western classico, Il cacciatore di indiani, lei, bella e insinuante, nata a Grosseto il 13 gennaio 1935 nella modesta numerosa (aveva 8 fratelli) famiglia di un contadino maremmano trasferito poi a Roma. Era fuori dai canoni di allora, non maggiorata, magra e slanciata, alta, non dialettale anzi già bilingue. L’innata raffinatezza, l’aria naturalmente sofisticata la spedirono fra le braccia americane di John Wayne nel film cult Hatari! di Hawks, storia di amore e caccia grossa che oggi sarebbe bandita dagli animalisti. Poi fu il turno del macho Robert Mitchum, di Anthony Perkins (nel kafkiano Processo di Orson Welles), Richard Burton, Charlton Heston, dei francesi Gérard Philipe e Jean Marais ma anche di Mastroianni ( La decima vittima di Petri) e di Walter Chiari, Fabrizi, Lulli, Grassilli in un bel film anti boom di Giuseppe Fina, Pelle viva.
Ma il titolo cui era affezionata e che le aveva dato il massimo premio al Festival di Berlino nel ’56 era Donatella di Mario Monicelli, storia di una povera ragazza che, restituendo una borsa ritrovata, entra in un giro di vip e viene scambiata e corteggiata dal nostro Ferzetti come una riccona. Insomma, la nostra Sabrina : Martinelli era elegante, di un fascino un poco altero e misterioso che ha resistito alla scalata degli anni anche quando il successo è scemato e la star si esibiva come ex star nei salotti dei talk tv del pomeriggio, sempre a rischio gossip ma senza scadere.
Eppure quella bella signora aveva recitato agli ordini di Lattuada, Vadim ( Il sangue e la rosa ), Auriel, Bolognini ( La notte brava ), Hathaway, Petri, De Sica, Salce, Cayatte, Autant Lara (la scelse 19enne nello stendhaliano Il rosso e il nero ), partecipando con buona dote espressiva a qualche film importante o comunque interessante. Nello stesso anno della romantic comedy di Monicelli, eccola in La risaia di Matarazzo nel ’55, copia conforme di Riso amaro e La donna del fiume, cioè Mangano e Loren, un successo melò popolare da 474 milioni dei tempi, abbarbicata al sex symbol da fotoromanzi, Rik Battaglia.
Passò per tutti i generi obbligatori, molti film a episodi, ma senza mai scadere né diventare stereotipo: restava sempre, comunque la (complemento di specificazione), Martinelli. L’ultimo film è 7 criminali e un bassotto, l’ultimo bello è Il garofano rosso di Faccini del ’76. Nel mezzo anche un po’ di tv, uno sceneggiato («Astuzia per astuzia»), la serie di «Atelier», poi «Patrizia» di Mogherini e anche una puntata a teatro nel cast di un giallo al femminile, 8 donne. Vita sentimentale da ottovolante, prima sposata col conte Franco Mancinelli Scotti (anche qui è usanza dei tempi, vedi Allasio e Rossi Drago), poi col fotografo e playboy Willy Rizzo nel corso di una vita divertente, movimentata, rivaleggiando con classe con le nostre star ma sempre con carta d’imbarco pronta.