Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  luglio 08 Sabato calendario

«La paziente non è stata uccisa». L’ex infermiera assolta in Appello

BOLOGNA «Sì! Sì!», un urlo a pieni polmoni e poi il pianto, ieri a Bologna, nella piccola aula della Corte d’assise d’appello ha costretto il giudice a chiedere silenzio per completare la lettura della sentenza con la quale l’ex infermiera Daniela Poggiali, 45 anni, è stata assolta «perché il fatto non sussiste» dall’accusa di omicidio di Rosa Calderoni. La donna, 78enne, era morta l’8 aprile 2014 all’ospedale di Lugo dove era ricoverata. Dopo più di due ore di camera di consiglio è stata ribaltata la sentenza di primo grado con la quale, a Ravenna, era stato comminato l’ergastolo all’ex sanitaria.
In aula, a sostenerla, c’erano le due sorelle Claudia e Barbara, visibilmente commosse: «Siamo felici di questo risultato, finalmente è stata fatta giustizia anche se quello che è stato tolto a Daniela non le potrà mai essere restituito». Fra il pubblico c’era anche Luigi Conficconi. «Daniela ha detto che stasera vuole mangiare un gelato – ha raccontato – e poi andare a casa». Lei, ieri, ha lasciato il carcere di Bologna per tornare nella casa di Giovecca di Lugo dove era stata arrestata il 9 ottobre 2014. Su di lei – oltre alla cattiva immagine dovuta ai macabri selfie fatti accanto a un cadavere – pesava anche il sospetto di un altra morte, quella del 95enne Massimo Montanari, avvenuta nel reparto in cui lavorava Poggiali e nel quale una decina di altri casi vennero ritenuti sospetti. Raggianti gli avvocati di Poggiali. «La prima cosa che mi ha detto è che potrà finalmente rivedere dalla sua casa i filari di pesco – spiega Lorenzo Valmigli – ma le avevamo detto di stare serena visto che la perizia medica aveva stabilito che la morte della signora Calderoni non è stata di tipo improvviso e che non c’era stato l’avvelenamento da potassio, sostenuto dall’accusa, perché questo provoca il decesso in modo veloce e non dopo più di un’ora come è stato dimostrato». Una perizia sulla quale è ruotato tutto il processo. «Questa sentenza è importante – aggiunge Stefano Della Valle, anche lui difensore dell’ex infermiera – per il presupposto giuridico forte e il contesto scientifico nel quale è maturata».
La famiglia di Rosa Calderoni è scossa. «È come se vivessi un secondo lutto», ha detto il figlio Viviano Alci al suo avvocato Marco Martines. «Ha assistito a tutte le udienze in silenzio – afferma il legale – e ora è molto provato». Un sentimento condiviso dalla sorella Emanuela. «Sono profondamente addolorata», ha detto al suo l’avvocato di parte civile, Maria Grazia Russo. «Capitela se non parla perché non avrà mai certezza di quello che è successo a sua mamma – spiega l’avvocato —. Ora attendiamo di leggere la sentenza e, prima di dire che questo caso è chiuso, vediamo se la Procura farà ricorso in Cassazione».
L’assoluzione di Poggiali potrebbe incidere su un altro processo che coinvolge Giuseppe Re, ex primario di Medicina interna dell’ospedale di Lugo, imputato per non aver dolosamente impedito un evento, cioè l’omicidio volontario addebitato all’ex infermiera. «Oggi si sono poste le condizioni per evitare un clamoroso errore giudiziario», ha detto il difensore di Re, Guido Magnisi.