la Repubblica, 10 luglio 2017
Global fund: «Così batteremo Aids, Tbc e malaria»
ROMA Nessuno deve rimanere indietro. Entro il 2030 cure mediche adeguate dovranno essere accessibili al 90 per cento della popolazione mondiale. È l’obiettivo ambizioso che dovrà essere realizzato dai Paesi membri dell’Onu. Una corsa che coinvolge anche il Fondo globale, la rete nata al G8 di Genova nel 2001 per accelerare la fine di Hiv, Tbc e malaria, che ha a disposizione poco meno di 12 miliardi di euro in tre anni, da destinare soprattutto alle aree più povere, prima fra tutte l’Africa. «Siamo già a metà del nostro lavoro e presto potremo raggiungere più persone. Nessuno deve vedersi rifiutare le cure se non ha i mezzi per pagarle, anche se abita in un Paese povero» spiega Christoph Benn, responsabile delle relazioni esterne del Fondo globale alla vigilia dell’incontro “No one left behind: global health, access to care, inequalities and migration”, in corso oggi a Roma. Una sfida alla quale partecipa anche l’Italia, ritiratasi dal 2008 al 2013, ma che in seguito ha aumentato il suo aiuto del 40 per cento, promettendo un contributo di 140 milioni di euro in tre anni.
In tempo di crisi, quando anche i sistemi sanitari dei Paesi più ricchi sono in difficoltà, garantire le cure a tutti potrebbe sembrare un’utopia. Ma negli uffici di Ginevra del Fondo globale c’è ottimismo, perché se si osservano i dati recenti sono stati fatti già molti progressi. Nel 2000-2015 le nuove infezioni di Hiv sono diminuite del 37 per cento nei Paesi sostenuti dal Fondo globale, mentre il numero di morti per Aids è calato in percentuale del 45 e quelle per Tbc del 31. Nel 2015 i casi di malaria trattati sono saliti del 13 per cento, fino a coinvolgere 626 milioni di pazienti nei primi sei mesi del 2016. Numeri incoraggianti, anche se quando si parla di Hiv una significativa porzione delle persone infettate vive senza una diagnosi.
«Fino a 15 anni fa in Africa non esistevano terapie per il virus – aggiunge Benn –. Ora metà della popolazione ha accesso alle cure, anche per malaria e Tbc».
Il Fondo globale interviene in 120 Paesi e più del 70 per cento del suo budget è destinato all’Africa subsahariana. Hiv, Tbc e malaria continuano a uccidere, soprattutto in Africa, dove sono la prima causa di morte di giovani e donne in età riproduttiva. «Anche l’Organizzazione mondiale della sanità ha lanciato un allarme sulla fragilità degli adolescenti africani» dice Benn. «Molte donne, anche giovanissime, spesso vittime di violenze sessuali contraggono l’Hiv e non sanno come proteggersi. Dobbiamo fare di più per tutelarle e informarle, lavorando anche con le scuole».
Fra i nodi che il Global fund deve affrontare, c’è anche quello della resistenza ai farmaci che mette a rischio milioni di vite. «Per evitarla è importante lavorare sulla prevenzione e curare queste malattie in modo corretto, applicando i protocolli – spiega Benn – senza interrompere le terapie. Cosa che accade spesso nella cura della Tbc nei Paesi dell’Est e in quelli dell’Asia centrale, dove interveniamo con programmi ad hoc».
Tutelare le persone più svantaggiate è strategico dal punto di vista della salute pubblica globale, anche per evitare che le epidemie si spostino da un’area del mondo all’altra. Così come investire di più nei sistemi sanitari nazionali lì dove ce n’è più bisogno.