Notizie tratte da: Janine di Giovanni, Il giorno che vennero a prenderci. Dispacci dalla Siria, La nave di Teseo, Milano, pagg. 270, € 19 , 9 luglio 2017
LIBRO IN GOCCE NUMERO 141 (Il giorno che vennero a prenderci. Dispacci dalla Siria) Vedi Biblioteca in scheda: manca Vedi Database in scheda: manca GLI STUPRI DELLE FORZE SIRIANE Morti
LIBRO IN GOCCE NUMERO 141 (Il giorno che vennero a prenderci. Dispacci dalla Siria)
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GLI STUPRI DELLE FORZE SIRIANE
Morti. «Solo i morti hanno visto la fine della guerra» (Platone).
Adolescenti. Nel marzo del 2011, mentre la Primavera araba si diffondeva, si sentirono le prime notizie di agitazioni nella città sudoccidentale di Daraa, appena a nord del confine con la Giordania, dove ebbero inizio le rivolte siriane. Quindici adolescenti, tutti provenienti dalla stessa famiglia, scrissero degli slogan anti Assad sul muro della loro scuola. Furono arrestati, picchiati, torturati e chiusi in cella. Ogni giorno, i loro parenti andavano dalle autorità locali, implorando per avere notizie. Non ne ricevettero nessuna. E dal silenzio delle celle, a cui i siriani erano ormai abituati, nacque alla fine uno spirito di ribellione. Forse fu alimentato da quello che stava succedendo non lontano da lì, in Tunisia, Libia, Egitto; ma la gente, che prima era spaventata e sottomessa da una lunga repressione ormai da quattro decenni, insorse. «Fu come vedere delle persone addormentate svegliarsi improvvisamente».
Stupro. Secondo i rapporti dell’International rescue Committee (Irc) i rifugiati siriani in Libano e Giordania identificavano lo stupro come «la ragione primaria per portare le proprie famiglie fuori dal Paese».
Forze di sicurezza. Per quanto tempo hai fatto parte delle forze di sicurezza? Dall’inizio della rivoluzione. Qual è il vostro obiettivo? Distruggere la rivoluzione. (…) Quante donne hai stuprato? Sette. Dove sono avvenuti questi stupri? Alcuni presso il villaggio di Al Fawl. I primi casi nella scuola, le abbiamo violentate per sei ore consecutive. Poi siamo entrati in un’altra casa, abbiamo legato l’uomo, rubato gioielli e soldi, e stuprato le donne. Una di loro è di Knissat Bani Az. Eravamo in quattro a violentarla, io e altri tre Shabiha, e lei si è suicidata dopo lo stupro. L’altro caso è una ragazza. Abbiamo fatto irruzione nella sua abitazione come forze di sicurezza, abbiamo rubato i soldi e l’abbiamo stuprata. Un altro è avvenuto a Damasco. Abbiamo fatto irruzione, perché siamo forze di sicurezza. Siamo entrati e abbiamo violentato una ragazza.
Darayya. Darayya, un sobborgo a sette chilometri a sud di Damasco, era conosciuto un tempo per l’artigianato del legno. È citato anche in un’altra versione della leggenda di san Paolo. Darayya, secondo quanto riportato, è il luogo dove Dio apparve a Paolo, e questi divenne credente. Da lì, l’uomo illuminato cominciò il suo viaggio per Damasco. Ma non ci fu alcuna apparizione miracolosa, qui, nell’agosto del 2012, quando più di trecento persone, tra cui donne e bambini, furono uccisi – la città “ripulita”.
Detenzione. Secondo le organizzazioni per i diritti umani ci sono circa 38mila siriani tenuti in detenzione, spesso senza che le loro famiglie sappiano dove si trovano e perché siano stati arrestati.
Soldi. «C’era la storia di una ragazzina che aveva corrotto un soldato siriano dopo essere sfuggita al massacro della sua famiglia correndo. Gli disse: “Ho cinquecento lire siriane con me, prendile e non uccidermi”. Lui le prese e non la uccise. Un’altra ragazzina disse ai soldati, in procinto di massacrare la sua intera famiglia, che aveva dei risparmi, e li avrebbe dati tutti a loro. In cambio chiedeva che non uccidessero il suo fratellino di undici mesi. Spararono comunque... ma lei e il fratellino si salvarono».
Guerre. «Le guerre negano la memoria dissuadendoci dall’indagare sulle loro radici, finché non si è spenta la voce di chi può raccontarle. Allora ritornano, con un altro nome e un altro volto, a distruggere quel poco che avevano risparmiato» (Carlos Ruiz Zafon, L’ombra del vento).
Giorgio Dell’Arti, Domenicale – Il Sole 24 Ore 9/7/2017