Il Sole 24 Ore, 9 luglio 2017
Marco Pantani, il caso è aperto? Un libro mette in fila ciò che sappiamo
Il 14 febbraio del 2004, nella stanza D5 del residence “Le Rose” di Rimini, il ciclista Marco Pantani fu trovato senza vita. Aveva appena trentaquattro anni. L’autopsia stabilì che a ucciderlo fu un’overdose di cocaina. In pratica, un suicidio. Ma questa tesi regge malamente alle tante novità che sono emerse con il passare del tempo – sul caso doping di Madonna di Campiglio del 1999, sulla dinamica del “suicidio” e sulle scommesse clandestine del Giro d’Italia gestite dalla camorra. Luigi Steffenoni, ne Il caso Pantani. Doveva morire (Chiarelettere, 160 pagg., 12,00 euro), prova a mettere insieme gli indizi e a smontare alcuni luoghi comuni sul “maledettismo” autodistruttivo di Pantani. Chi e perché volle far escludere Pantani dal Giro del 1999? E quanto valse, la sua eliminazione? Non si tratta di domande astratte, ma di sospetti concreti scaturiti da intercettazioni e dichiarazioni spontanee. Il pirata, insomma, potrebbe essere stato incastrato con un anti-doping falsato portando così alle stelle le scommesse clandestine. Scrive Steffenoni: «Tutti i dati criminologicamente rilevanti concorrono a far ritenere altamente improbabile l’ipotesi di un suicidio. Rilievi autoptici e ambientali, posizione del corpo e presunte modalità di assunzione della dose mortale di cocaina rendono poco credibile la tesi che Marco Pantani abbia voluto togliersi la vita».