Libero, 7 luglio 2017
Eccellente idea di Berlusconi: Sergio Marchionne premier
Dal cilindro Berlusconi sta per tirare fuori un coniglio con il pulloverino blu. La parola coniglio in questo caso è però la meno idonea a definire l’esercizio prodigioso del mago di Arcore. Siamo in grado di anticipare che il Cavaliere lancerà come salvatore della patria Sergio Marchionne. Un coniglio? Un lupo, anzi, come dice un certo marchio, un cavallino ma con ali e artigli d’aquila. Sarà lui il candidato premier che proporrà Forza Italia. Berlusconi è da sempre una macchina da voti. Con questa carrozzeria, a motore Ferrari, si vincono le elezioni. Ne è arciconvinto. Addio ingovernabilità. Silvio pronostica un risultato glorioso per la sua compagine.
Noi aggiungiamo che un nome così è in grado di mettere insieme, dopo la suddivisione dei seggi, qualunque leader che voglia un po’ più di bene all’Italia che a se stesso, e fa niente se la Cgil e la sinistra del birignao faranno le barricate: per noi questo è e sarà sempre un titolo di merito, godiamo già all’idea di come le sbaraccherà. Alla malora l’Italietta flaccida e serva dell’Europa, ingrippata dalla burocrazia nelle faccende (...) domestiche, imbottigliata dagli scioperi, intasata dai profughi. Alè Marchionne, se è necessario Silvio ti regalerà la giacca Caraceni, e quel fighetto di Macron non lo vedi neanche, e pure la Merkel, che ufficialmente è inchiavabile, per una volta non sarà lei a fotterci.
Vediamo troppo cielo? Esageriamo in entusiasmo? I risultati conseguiti dall’italo-canadese incantano. È un tizio che è riuscito a trasformare in pochi anni un’azienda tecnicamente fallita, un marchio con una reputazione segnata per sempre dalla Duna, in un’azienda capace di reggere la concorrenza globale e pure di mettere in fila i rivali. La Fca, che è la Fiat risorta dalle sue ceneri come l’araba fenice, è riuscita a seminare le concorrenti americane nel momento più difficile. Marchionne ha saputo trasferire a Detroit la marcia in più dell’imprenditore italiano (il suo Dna è quello, parliamo di ius sanguinis et culturae) che si ostina a credere nella bontà del suo prodotto, della sua storia, opponendosi con l’efficacia delle opere alle profezie sulla fine dell’epoca industriale; non si è buttato nella finanza per limitarsi a staccare le bollette della corrente controllando i gasometri; ma è uno che sa trattare con chi comanda, ottenendo crediti che restituisce tutti, come i piccoli padroni nostrani delle fabbrichette. Ha spinto Obama a credere in lui e nei suoi operai e tecnici della Chrysler, ha indotto gli americani a credere non solo nella Ferrari, ma anche nella Cinquecento.
Se fosse nato negli Usa, gli consiglieremmo di candidarsi per la Casa Bianca una delle prossime volte. Non può, per fortuna nostra, gli è inibito. La Costituzione degli States prevede infatti che non si possa occupare il posto di Abramo Lincoln se si è nati all’estero.
Mercoledì sera, a Palazzo Grazioli, Silvio Berlusconi ha sfornato questa magnifica ciambella con il buco davanti a pochi invitati, tra i quali Vittorio Feltri e l’editore di Libero Antonio Angelucci (nell’elenco anche Gian Marco Chiocci, Anna Mossuto,... direttori di testata). Testimoni: Gianni Letta e Licia Ronzulli. Il Cavaliere è stato capace di stupire tutti con questa idea. Infatti dimostra una qualità che nemmeno i cicisbei più accreditati gli hanno mai osato riconoscere, per non grondare di ridicolo: l’umiltà. Invece, optando per Marchionne si prende il rischio che sia persino più bravo di lui. Una possibilità, accettando la quale, il fondatore di Mediaset e del centrodestra passa decisamente nella galleria degli statisti, una categoria che in Italia a tutt’oggi vanta solo alcuni defunti. Non si è scelto un pollo d’allevamento, tipo Alfano, e neppure una fotocopia riuscita così così, come sarebbe stato Renzi se il Nazareno non si fosse ribaltato. Indica un (super) homo novus, che non ha il suo conio e non ha bisogno della sua benevolenza, né gli restituirà alcun piacere. Se persevera nell’idea, e mette in campo la sua capacità seduttiva, Berlusconi ha vinto da solo e senza Milan, un’altra Champions. Marchionne saprebbe trovare la quadra dove ad altri risulterebbe impossibile: convince persone di destra e di sinistra con i progetti, quindi le inchioda a sé con i fatti e i profitti.
L’obiezione che emerge è presto detta. Ed è elementare. Chi glielo fa fare a Marchionne di dire di sì? È vero che ha fissato il suo addio a Fca per l’anno prossimo. Dunque in teoria è libero ed è già ricco. Ma perché uno come lui, dopo aver appena tirato il fiato da un’impresa clamorosa, dovrebbe accettare questa sfida? Qui evitiamo di rispondere e di scivolare nella retorica dell’orgoglio nazionale, della mission impossible. Siccome il tipo mette il pullover e non la marsina, né ci pare propenso a lanciare la stampella contro il nemico come Enrico Toti, confidiamo più che nell’amor patrio, nella sua vanità, che insieme all’invidia è una molla possente nel destino degli uomini. Marchionne ha rinunciato all’invidia, lui la riempie del suo orgoglio, condito di una faccia tosta che incanta come fece il Berlusca con stile diverso i grandi della terra.
Conosciamo un’obiezione di casa nostra. Marchionne ha flirtato con Renzi, gli ha tirato la volata quando faceva il premier, e tra loro corre ancora simpatia. Quindi sarebbe bene diffidarne. Si trascura il fatto che gli imprenditori sono come i parroci, i quali tendono ad andare d’accordo con il sindaco, purché gli lasci rifare il campetto dell’oratorio. Guardiamo il lato positivo: vorrà dire che se necessario sarà meno complicato fare un governo che faccia godere i cittadini italiani invece che quelli tedeschi.
Teniamo in fondo, come dessert, il resto dei discorsi berlusconiani. Riguardano il programma.
In un Tweet eccolo: Flat tax al 20%; pensioni minime a mille euro alle mamme (le casalinghe); via il bollo auto a utilitarie e auto da lavoro. E questo programma piace al 52% di chi non ha mai votato Forza Italia. Berlusconi candiderà nel partito moltissime facce nuove, perché i sondaggi dicono che i volti del passato sono respingenti (tranne il suo, ovvio). Ma queste cose si sapevano già. La novità vera si chiama Marchionne, e gliel’abbiamo portata via dal tavolo invece della posateria di lusso. E ce n’è un’altra, minore, ma che dovrebbe aiutare la prima: Silvio ha parlato benissimo di Matteo Salvini. Vedremo come prenderà l’idea numero 1.