La Stampa, 7 luglio 2017
La verità di Consoli: così Bankitalia fece pressioni per le nozze con Vicenza
«Consoli lei non ha capito: Zonin deve essere incontrato immediatamente». È il 18 dicembre del 2013 e a rivolgere con durezza questo ordine all’allora amministratore delegato di Veneto Banca è Carmelo Barbagallo, capo del dipartimento vigilanza bancaria e finanziaria di Bankitalia. A raccontare l’episodio è lo stesso Consoli, nell’ottobre scorso, in un interrogatorio di sette ore durante il quale ha ripercorso le vicende della banca finita il liquidazione e salvata, insieme alla Vicenza di Gianni Zonin, con i soldi pubblici.
La ricostruzione di Consoli, per il quale la procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio nei giorni scorsi per una serie di reati tra i quali l’ostacolo alla vigilanza, va presa per quello che è: la difesa di un indagato che cerca durante tutto l’interrogatorio di alleggerire la propria posizione. Ma è estremamente dettagliata. Nel verbale dell’interrogatorio e in una memoria depositata dallo stesso Consoli, ripercorre quasi un decennio di rapporti con Banca d’Italia, concentrandosi nel periodo tra 2013 e 2015.
Prima, i rapporti con Bankitalia erano piuttosto buoni. L’ispezione del 2009 si è chiusa con esito “parzialmente favorevole” e Veneto Banca è stata a lungo “soggetto aggregante”, con Palazzo Koch che ha autorizzato senza rilievi le acquisizioni di Bim, Carifac e BancApulia. A inizio 2013 a Montebelluna arrivano gli ispettori di Bankitalia guidati da Biagio De Varti. L’ispezione dura dal 7 gennaio al 12 aprile e si concentra sul credito deteriorato. Il 23 luglio la relazione conclusiva viene portata al consiglio della banca. Oltre a De Varti, per Bankitalia c’è anche Mauro Parascandolo e Angelo Gramegna, direttore della sede di Venezia.
A parlare è Parascandolo che, ricorda Consoli, spiega come «dagli accertamenti ispettivi non siano emerse gravi evidenze, bensì la necessità per un gruppo di rilievo nazionale – quale era Veneto Banca – di risolvere alcune problematiche con soluzioni che fossero adeguate. Il giudizio è parzialmente sfavorevole e non viene avviata la procedura sanzionatoria». Nel frattempo però, il 15 aprile, è partita una seconda ispezione, condotta dallo stesso team di De Varti, focalizzata su governance e crediti in bonis che si chiuderà appena qualche giorno dopo il cda del 23 luglio.
L’esito arriverà il 6 novembre ed è radicalmente diverso dalla prima. Allegata alla relazione c’è una lettera del governatore, Ignazio Visco. Che, nel racconto di Consoli ai pm, «dice: cari signori, non siete capaci, le cose non vanno, quindi andate tutti a casa e vi trovate un partner di adeguato standing».
A dire che il partner doveva essere proprio la Vicenza, a detta di Consoli, sono ancora gli ispettori Bankitalia in occasione della consegna della memoria. Si arriva a metà dicembre, quando prima l’allora presidente Flavio Trinca (il 17) poi Consoli (il 18) incontrano Barbagallo. Ripete con vigore che Veneto Banca deve fondersi con Vicenza e che deve incontrare immediatamente Zonin.
L’appuntamento viene fissato ad Aquileia, in una delle tenute di Zonin, per il 27 dicembre. Nel racconto di Zonin, il presidente della Vicenza tiene a far sapere ai suoi ospiti (oltre a Consoli c’è Trinca e l’ex ad della Vicenza, Sorato) di essere stato al telefono oltre un’ora «con il governatore» e detta le condizioni: nessun rappresentante di Montebelluna in consiglio, il prezzo deciso da Vicenza: «I concambi li faccio io». Alle resistenze di Consoli, Zonin replica secco: «Se lei si frappone io informo il governatore».
Consoli ribalta su Visco anche la responsabilità dell’ultimo aumento di capitale, quello del 2014. «Perché facciamo gli aumenti? Oh, perché c’è una lettera dispositiva del governatore che ci impone di farlo, (...) di convertire immediatamente il bond, ce lo impone (..)». Si tratta di un bond convertibile emesso appena un anno prima. 350 milioni di euro che qualche mese dopo verranno “azzerati”.