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 2017  luglio 07 Venerdì calendario

Versace, e la Magna Grecia entrò nell’armadio

Gianni Versace vive. Le sue creazioni, il suo estro e il gusto estetico legato all’arte e all’archeologia, il suo modo di fare moda che negli anni Ottanta e Novanta ha rivoluzionato il fashion system fanno parte di un’eredità che rende la sua persona praticamente immortale. È come una presenza che continua ad aleggiare sulle tendenze e in passerella. E quest’anno più che mai. Sono trascorsi 20 anni da quel tragico 15 luglio 1997, quando venne assassinato a Miami, e il Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN) gli dedica la mostra Dialoghi/Dissing – Gianni Versace Magna Grecia Tribute, a cura di Sabrina Albano, che aprirà al pubblico il 14 luglio per poi rimanere aperta fino al 20 settembre.
COME I RAPPER«Ho in mente questo progetto da molto tempo», spiega la Albano, ideatrice dell’esposizione, con la collaborazione scientifica di Maria Morisco. «Il titolo Dialoghi/Dissing non è casuale – continua – Un nome come Gianni Versace all’Archeologico è un grande contrasto – come lo è la dissing battle per i rappers (che si attaccano a vicenda, ndr) – ma è anche un dialogo, una sfida che il direttore Paolo Giulierini è stato pronto ad accogliere».
L’universo fashion in questa mostra, prende un’aurea storico-artistica. «Il linguaggio della moda è per me un linguaggio storico. Parlare di Gianni Versace e della Magna Grecia significa andare alle radici della nostra cultura. Un abito degli anni ’90 non è altro che un reperto, figlio di iconografie artistiche, anch’esso un pezzo di storia: la nostra». E le creazioni del sarto, come amava definirsi Versace, sono sempre state un ponte tra la cultura occidentale e quella orientale, in cui l’iconografia del passato veniva resa moderna e catapultata nel futuro. Si pensi alla testa della Medusa del logo, una palese allusione alla classicità storica, o agli abiti di ispirazione neoclassica, dalle toghe ai long dress fluidi, da dea, fino all’accostamento iconico del nero con l’oro, grazie al quale lusso e decadenza si fondevano in un mix magico. Nelle sue sfilate la contaminazione con le altre espressioni artistiche – musica, teatro, danza – hanno sempre prodotto una messa in scena dove le indossatrici diventavano attrici a tutti gli effetti, personaggi che interpretavano il suo gusto, i suoi colori e la musica che amava.
Questo perfetto sincretismo è stato colto da Antonio Caravano, collezionista partenopeo, che nel tempo ha acquistato in giro per il mondo pezzi unici firmati dallo stilista che hanno segnato la storia del costume – dai vestiti ai foulard, fino agli arredi, ai cuscini, ai tendaggi, e tutto ciò che riportava il classico motivo barocco simbolo del brand – che ora fanno parte della mostra in scena a Napoli. «Ho iniziato nell’anno della sua morte, nel ’97, ma già adoravo il suo stile», spiega Caravano. «Andavo molto spesso a Miami per festeggiare lì il mio compleanno, quindi conoscevo i luoghi che lui amava frequentare. Il fatto che sia morto in questo modo così tragico mi ha spinto, con uno spirito di revanche, a desiderare di riportare quanti più pezzi possibile di Gianni Versace in Italia. In quel momento sono diventato un suo collezionista. E come tale sono divorato dall’impossibilità di porre fine alla mia ricerca di reperti da conservare».
METAL MESH
Tra i pezzi iconici della sua collezione presenti nella mostra, ci sono l’abito intitolato Metal Mesh della collezione autunno-inverno ’94-’95. «Quel vestito ha rappresentato un’autentica innovazione, è una maglia metallica. Il tessuto, come una seta, in realtà è metallo. Ho portato anche un altro pezzo cult, un completo barocco, caratterizzato da nero, oro, foglie di acanto e l’immagine della Medusa». L’esposizione è realizzata con dieci abiti completi, alcune ceramiche di Rosenthal, due poltroncine Vanitas, diversi tipi di accessori che si confrontano e dialogano con reperti archeologi della Magna Grecia di proprietà del MANN, le cui iconografie testimoniano la ricerca di Gianni Versace.
«È archeologia creata intorno al mondo della moda», ribadisce la curatrice Albano. La sala del Cielo Stellato e il giardino adiacente ospiteranno una serie di abiti, oggetti, video che parlano di questo genio della moda italiana e opere di altri artisti, tutte sotto il segno di Gianni Versace. Nel giardino tre sculture di Marcos Marin, opere di Manuela Brambatti, Bruno Gianesi, Marco Abbamondi e Ilian Rachov e l’abito olfattivo creato dall’azienda partenopea Mansfield. Un connubio quello tra storia, archeologia, arte e moda pieno di fascino, che il genio intramontabile di Gianni Versace ha reso immortale.