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 2017  luglio 06 Giovedì calendario

Dodici mesi di Raggi: le cose fatte e quelle (tante) da fare

Ieri in Campidoglio ha rivisto Beppe Grillo. E dal fondatore le è arrivato l’ennesimo invito “ad andare avanti”. Ma la sindaca di Roma Virginia Raggi deve fare in fretta “per dare la percezione del cambiamento”, come raccomandò giorni fa Luigi Di Maio. Perché il bilancio del suo primo anno di mandato, riletto settimane dopo la conferenza stampa di celebrazione in Comune, resta disseminato di buchi e buoni propositi rimasti su carta. A cui fa da contraltare qualche buon risultato. Primo tra tutti, l’approvazione nei termini di legge (entro il 31 gennaio) del bilancio di previsione 2017-19, una rarità per Roma. E poi c’è sempre il no alle Olimpiadi, promesso in campagna elettorale e mantenuto nonostante pressioni di ogni tipo. A cui si può legare l’accordo sullo stadio della Roma a Tor di Valle, grazie al quale il Campidoglio ha ottenuto dai costruttori la rimozione delle tre torri e la riduzione del 50 per cento delle cubature.
In cambio però ha accettato un robusto calo degli investimenti in opere pubbliche (75 milioni in meno), per un’opera su cui pende l’incognita della viabilità. Perché al posto del fondamentale Ponte sul Tevere si punterà sul Ponte dei congressi, finanziato dallo Stato con lo Sblocca Italia del 2014 ma ancora in fase di progettazione. E rimane il prezzo politico dell’approvazione della delibera del progetto, con tre consigliere del M5S contrarie e quindi assenti in aula (una, Cristina Grancio, è stata sospesa dal Movimento). In attesa che la Conferenza dei servizi dia il suo benestare, la sensazione è che i pro siano più dei contro, sul nuovo stadio. Non è invece discutibile l’immobilità della giunta sulle Partecipate, per cui in campagna elettorale Raggi aveva promesso un riordino celere e un netto taglio dei costi. Ma finora su un tema centrale si è fatto pochissimo, complici le premature dimissioni (nel settembre scorso) dell’assessore al Bilancio e alle Partecipate Marcello Minenna. Mentre proprio nel prossimo settembre se ne andrà il suo successore, Massimo Colomban. Da qui, si arriva al problema forse più rilevante del primo anno della giunta, ovvero i continui rimpasti. Con tanti, troppi nomi entrati e usciti tra guerre interne ed errori di scelta, tra cui spicca ovviamente il nome dell’ex capo del Personale Raffaele Marra, che per poco non è costato il fine corsa alla sindaca. A complicare tutto, una pioggia di nuovi dirigenti (due delibere su tre sono state per le nomine) soprattutto in Acea, la municipalizzata di acqua e luce, dove come presidente è stato insediato l’avvocato Luca Lanzalone, vicino a Davide Casaleggio e Beppe Grillo, e dove si è vista una corsa alla poltrona. In questo quadro, si è inserita l’emergenza rifiuti. La giunta ha ereditato una situazione difficile, con un ciclo di smaltimento strutturalmente fragile. E per migliorare punta sulla realizzazione di tre impianti di compostaggio per il trattamento dell’umido e sulla crescita della raccolta differenziata fino al 70 per cento entro il 2021. Ma è un obiettivo decisamente troppo ambizioso.
Poi c’è la viabilità. Il Campidoglio vanta la messa in strada di 150 nuovi autobus (ma sono un’eredità della giunta Marino) e il recupero di 15 filobus abbandonati nei depositi (buona idea). E ora promette 4 nuove linee di tram e il prolungamento di 2 già esistenti. Mentre il prossimo Piano della mobilità prevede anche tre funivie urbane: un pacchetto da 500 milioni di euro, però al momento sprovvisto di copertura finanziaria. E non è un dettaglio.