Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  luglio 06 Giovedì calendario

Quando fai benzina finanzi il terrorismo islamico

Fare il pieno di benzina per la propria autovettura e finanziare (senza saperlo) l’Isis. Può sembrare uno scherzo, ma non lo è. Sta di fatto che il fatturato dello Stato islamico cresce anche attraverso la vendita fuori legge di carburanti, in Italia e in altri mercati europei. L’allarme è stato lanciato ieri dal Procuratore nazionale antimafia aggiunto, Giovanni Russo. Il quale ha spiegato che la rete illegale di carburanti è assai estesa e finisce per alimentare i paesi a matrice terroristica oltre che la criminalità organizzata del Belpaese. 
«I prodotti petroliferi illegali giungono da paesi collegati allo Stato islamico» ha detto il supermagistrato all’assemblea generale di Assopetroli Assoenergia. A scattare una fotografia precisa sul traffico illecito di carburanti è stato il generale della Guardia di finanza, Stefano Screpanti: 698, solo negli ultimi cinque mesi, gli interventi della Gdf che ha sequestrato 14mila tonnellate di prodotti energetici e intercettato 26 milioni di tributi sottratti al fisco. Il mercato cresce: i sequestri sono cresciuti di quasi il 50% nel periodo 2014-2016 rispetto al triennio precedente. 
L’origine dei prodotti energetici, come accertato dalla Gdf, è principalmente l’Est Europa: Polonia, Serbia, Bosnia, Ungheria. È probabile che, stando l’indicazione dell’Antimafia, i «fornitori» iniziali, in alcuni casi, si riforniscano a loro volta nei giacimenti controllati dall’Isis nel Medio Oriente. I carburanti fuori legge viaggiano e hanno destinazioni fittizie (Malta, Cipro, Grecia): formalmente entrano in Italia in transito, ma le nostre città diventano il «luogo di effettiva immissione in consumo» come ha illustrato Screpanti. Le porte d’accesso nei confini italiani sono Brennero, Tarvisio, Gorizia e Trieste; più recentemente, si sono aggiunte Busto Arsizio (Varese) e Rola (Trento) attraverso il trasporto ferroviario. E vista la dimensione sovranazionale del giro d’affari, diventa decisiva la cooperazione internazionale sia sul versante doganale sia su quello giudiziario. Una collaborazione che vede lavorare l’Italia insieme con parecchi paesi, dall’Austria alla Germania, dal Regno Unito alla Polonia e alla Bulgaria. 
A favorire il boom del «nero» è soprattutto l’elevato livello di tassazione: l’incidenza delle accise e delle altre imposte sul prezzo finale del carburante arriva al 70%. Di qui la crescita dei traffici illeciti e pure del mancato gettito. Illeciti realizzati in vari modi, con depositi e società cartiere, con vendita senza Iva e «false dichiarazioni d’intento» che, ha osservato Screpanti, «rappresentano un’evoluzione delle più note frodi carosello, basate sull’interposizione fittizia, in una reale operazione commerciale, di una società fantasma, che dichiara artatamente di essere un esportatore abituale». L’ingegneria criminale si evolve. Ragion per cui, le Fiamme gialle hanno intensificato le azioni di contrasto alle frodi tributarie che, tra altro, generano un’evasione di Iva da almeno 2 miliardi di euro, come ha denunciato il presidente di Assopetroli Assoenergia, Andrea Rossetti. L’associazione ha chiesto al governo misure efficaci proprio per combattere i furbetti delle tasse, a cominciare dall’introduzione del meccanismo (reverse charge) che impone al fornitore l’obbligo di versare l’imposta sul valore aggiunto applicata alle fatture sui carburanti. Rossetti ha incassato “in diretta” la promessa del viceminstro dell’Economia, Luigi Casero. Il quale ha garantito di inserire la misura nella prossima legge di bilancio mettendosi subito al lavoro con la Commissione Ue. Il blitz sull’Iva dovrebbe azzerare “l’interesse” dei venditori finali a comprare in nero. Di fatto, verrebbe a mancare il guadagno extra “pulito”. Viene solo da chiedersi perché la stretta non sia ancora stata varata.