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 2017  luglio 05 Mercoledì calendario

Orgoglio Armani

Parigi «Si è perso il piacere delle cose costruite con sentimento» dice Giorgio Armani poco prima di far sfilare la collezione Privè del prossimo inverno nella sala del Palais de Chaillot da cui di solito si gode la vista della Tour Eiffell. Stavolta sulle ampie vetrate della bella costruzione neoclassica realizzata per l’Esposizione Universale del 1934, ci sono perfette riproduzioni fotografiche del settecentesco salone di Palazzo Orsini in via Borgonuovo 11 a Milano che da qualche tempo il più famoso dei nostri stilisti ha trasformato nel suo atelier. Il messaggio arriva subito forte e chiaro: noi italiani siamo gli ultimi depositari di un’arte tipicamente francese. 
«Les italiens stanno alla couture come Parigi sta all’alta moda» dicono infatti a mezza voce i nostri amati cugini d’Oltralpe che in calendario si ritrovano 11 nomi made in Italy su 37 totali senza contare che Dior, marchio-simbolo di Francia, è egregiamente disegnato da Maria Grazia Chiuri romana di origini pugliesi. Insomma scoppia l’orgoglio italiano sulle passerelle dell’alta moda francese e Monsieur Armani fa da portabandiera al meglio nazionale. La sfilata comincia con una delle sue incredibili giacche nel nuovo colore-feticcio della maison: quel verde acquamarina detto «celadon», dal nome di un’antica porcellana cinese. La linea è pura, rigorosa, con spalle ben insellate e maniche affusolate in cui è nascosta una piccola zip che, una volta aperta, rivela il prezioso polsino ricamato del sottostante body di tulle. Da qui in poi è tutto un crescendo di sontuose decorazioni ottenibili solo in atelier.
Ci sono le rose stilizzate nelle baguette di plexiglass tagliate a mano e bloccate da un microcristallo nero oppure ricreate ad arte con quel bellissimo ricamo chiamato soutage che consiste nel fissare con punti infinitesimali chilometri di fettucce in pelle o tessuto. Quelle di Armani sono in vernice su cui poi a volte fioriscono anche petali di cristallo, corolle di chiffonn, pistilli di gemme colorate. Tutto luccica, ondeggia, ammicca e traspare per una donna che non s’incontra tutti i giorni, più sognata che reale, una donna a forma di rosa ancora capace di coltivare il mistero della femminilità. L’autorevolezza di Armani è tale che può concedersi il lusso di nascondere tra i ricami la sua firma e poi di accessoriare tutta questa perfezione con uno strano copricapo a metà strada tra il berretto da hipster e la veletta ottocentesca. Strepitosi, invece, gli stivaletti, i cuissard di velo nero, le borse in coccodrillo e tutti gli orecchini in oro e agata oppure a volute di cristalli colorati. Il senso del mistero e la straordinaria maestria sartoriale italiana si ritrova anche nella collezione limited edition di Alberta Ferretti: 18 pezzi di rara bellezza ispirati al fascino dell’Oriente e alla leggenda dei giardini di Shalimar senza alcun riferimento allo stile etnico. I magici sbiechi dell’adorabile designer di Cattolica trasformano lo chiffon ametista in un prezioso sari occidentale mentre i ricami bianchi sui tessuti impalpabili candidi oppure oro sul raso topazio dettano la linea degli abiti di sofisticata semplicità. Il bello è che tutto questo viene chiamato demi couture perché la Ferretti chiama alta moda solo i pezzi unici, creati su ordinazione in atelier. La pensa così anche Bebe Moratti, direttore creativo del brand Redemption che ieri ha presentato la sua seconda prova couture nel giardino dell’Istituto di cultura italiana a Parigi. «Abbiamo aperto un atelier a Milano con una bravissima première che guida un pool di giovani sarte» annuncia davanti a dieci deliziosi modelli ispirati al glamour al glamour delle dive di Hollywood.