Vanity, 12 luglio 2017
Chi spegne le luci a Macao
Non c’è nemico peggiore per Macao del presidente cinese Xi Jinping. La sua scelta di combattere la corruzione dei funzionari pubblici, dei boiardi di Stato e dei politici locali e nazionali. è divenuto il problema principale dell’ex colonia portoghese. L’economia di Macao, che dal 1999 è diventata una regione amministrativa speciale di l’echino e del suo governo, si fonda al 50 per cento sugli introiti dei casinò. Se la campagna anticorruzione di Xi Jinping mette nel mirino chi si è arricchito in modo disinvolto o apertamente illegale, i profitti del gioco d’azzardo ne risentono immediatamente.
Le statistiche raccontano meglio di qualsiasi analisi politica che cosa significa per Macao la lotta alla corruzione decisa dal leader cinese: nel 2014. data d’inizio del repulisti, i tavoli verdi di Macao avevano incassato 44.16 miliardi di dollari. Poi è arrivato il 2015 – annus orribilis per i corrotti cinesi – e immediatamente è calato il drappo nero sui tavoli di poker, roulette, blackjack. baccarat e sulle slot machine: il fatturato si è fermato a 28,33 miliardi, meno 40 per cento. Nel 2016 un’altra flessione: 28 miliardi secchi. Per l’erario di Macao significa rinunciare a tasse per quasi 5 miliardi di dollari.
Un giorno qualsiasi di giugno 2017. in uno dei 33 casinò di Macao. I giocatori e le giocatrici di ogni condizione economica e di ogni età fanno le loro scommesse sui tavoli dei vari giochi (quasi seimila) e alle slot machine (oltre 14 mila e 500). Nei grandi saloni dei casinò – il più antico. l’Old Lisboa, rinnovato con un grattacielo che sembra un gigantesco ufo robot tutto d’oro, e i più moderni come il Galaxy Macau o il The Venetian Macao progettati secondo gli standard del turismo dei tavoli verdi di Las Vegas – la stragrande maggioranza sono asiatici, a cominciare da decine di migliaia di cinesi che in patria non possono giocare d’azzardo e la legge che lo vieta è fatta rispettare con durezza.
Girovagando nelle sale dei casinò si ha l’impressione che nulla sia cambiato dai primi giorni del XXI secolo, quando Macao ha cominciato la marcia trionfale che l’ha portata al primo posto nel mondo per il gioco d’azzardo, relegando in seconda posizione Las Vegas. Invece, la campagna anticorruzione del presidente Xi ha cambiato molte cose: nei casinò sono state chiuse le sale Vip. quelle dove si giocavano somme importanti e al riparo dalla folla dei travet del blackjack e delle slot machine. La ragione? I ricchi cinesi che hanno qualcosa da temere dalla campagna moralizzatrice di Xi Jinping o che. semplicemente, non vogliono che la polizia e le commissioni investigative del partito mettano il naso nei loro affari, hanno scelto di non andare più a Macao.
I giocatori Vip, quelli che arrivavano nell’ex colonia in jet privato all’aeroporto dell’isola di Taipa o in elicottero da Shenzhen – la più vicina a Macao delle megalopoli cinesi – si potevano permettere qualsiasi cosa, perché nella capitale del gioco d’azzardo erano fiorite una serie di società che si occupavano amorevolmente dei loro desideri e dei loro capricci. L’aereo, la stanza in albergo, i migliori ristoranti, le sale da gioco private, le accompagnatrici o gli accompagnatori. Ma, soprattutto, denaro cash. Quanto ne desideravano, pronto al solo schiocco delle dita. Per la prima parte di servizi, la percentuale chiesta usualmente da queste società che vengono chiamate junket (letteralmente, scampagnata) si aggira intorno all’ 1,25 per cento della spesa totale del giocatore.
Per la seconda voce, ovvero l’attività di apertura di lince di credito per scommettere, non ci sono dati ufficiali. Mettere a disposizione dei ricchi cinesi contanti per il gioco significa bypassare le regole di Pechino sulla esportazione di valuta e sull’uso delle carte di credito impiegate all’estero. Si tratta di veri e propri prestiti che, in qualche caso, hanno creato conflitti tra le junket e i giocatori. Molte di queste società si sono organizzate anche nelle principali città cinesi per recuperare i crediti più difficili, spesso facendosi aiutare dalla criminalità locale.
Accanto alle junket ufficiali, rappresentate da un’organizzazione sindacale che dialoga con le case da gioco e le autorità di Macao, sono comparse organizzazioni meno definite che supportano i desideri dei giocatori non classificati Vip: ecco allora che. per ottenere denaro fresco aggirando le regole valutarie di Pechino, molti orefici forniscono contanti ai giocatori, i quali pagano con la loro carta di credilo, utilizzata fittiziamente per acquistare orologi e gioielli di poco valore. Ma la spesa risulta molto maggiore e la differenza tra il prezzo degli oggetti e quello registrato sulla carta di credito viene dato in contanti al giocatore. Meno. ovviamente, una robusta commissione.
La crisi ha colpito in pieno anche le junket e tutti coloro che sostenevano le voglie di azzardo dei cinesi. Fino al 2014 le società registrale ufficialmente erano 234, nel 2015 sono diventate 142. una diminuzione del 40 per cento, esattamente la stessa percentuale in meno del fatturato dei casinò. I Very Important Players hanno sempre rappresentato per Macao due terzi dell’intero incasso e negli anni migliori (2011 ) si è superato il 70 per cento. Quell’anno i Vip persero ai tavoli verdi e alle slot machine quasi 29 miliardi di dollari. Adesso si è toccato il fondo, con soli 14 miliardi di dollari.
Per fare fronte al cambiamento, le junket hanno deciso di creare un loro sindacato, la Macau Gaming and Entertainment Promoters Association. Al vertice, un ex ufficiale della polizia della città. Primo atto, la creazione di una piattaforma comune a tutte le società per conoscere lo stato patrimoniale e creditizio dei loro clienti: molte junket sono saltate perché i crediti di gioco non sono stati onorati dagli scommettitori, i quali contano sul fatto che la legge cinese non riconosce come validi i debiti di gioco, e quindi non esiste la possibilità di rivolgersi alla giustizia cinese.
Anche i proprietari dei casinò stanno correndo ai ripari per trovare la strada che porti a un nuovo aumento del fatturato. Il turismo di massa del tavolo verde è la scelta operata dall’ultimo dei casinò che ha aperto i battenti all’inizio del 2016: lo Studio City ha deciso di non creare nessuna sala riservata ai giocatori Vip. Se sceglieranno questo casinò non avranno luoghi al riparo da sguardi indiscreti dove scommettere perché tutto è dedicato allo scommettitore medio. Del resto, quella fu la strada scelta dal governo di Macao quando giunse a termine l’esclusiva sul gioco d’azzardo che era durata 40 anni, dal 1961 al 2001.
L’unica licenza, allora, era nelle mani del miliardario cinese di Hong Kong. Stanley Ho. A partire da quella data fu messa all’asta un’altra licenza e questa suddivisa in sottolicenze. Così si aprirono le porte ai grandi gruppi già presenti nel business del gioco d’azzardo a Las Vegas, in Australia e nella stessa Macao: oggi a dirigere le danze, oltre alla famiglia di Stanley Ho. il cui posto operativo e stato preso dalla figlia Pansy. ci sono la Sociedadc de Jogos de Macau. compagnia che fa riferimento sempre a Stanley Ho. la Wvnn Resorts. Las Vegas Sands, Galaxy Entertainment Group e una società i cui soci sono la MCìM Mirage e Pansy Ho Chiu-king.
Da quando è finito il monopolio, a Macao sono stati fatti investimenti nell’industria del gioco d’azzardo per decine di miliardi di dollari. Le ultime inaugurazioni sono all’insegna delle spese senza limiti: Studio City è costato 3.2 miliardi di dollari: Wynn Palace 4.2; The Venetian Macao oltre 6: Galaxy 2,5; MGM Cotai 2.9. Per i prossimi anni sono stati approvati progetti che valgono oltre 28 miliardi di dollari. Che la crisi sia un passaggio momentaneo e che presto sarà alle spalle, é idea abbastanza diffusa.
A Macao contano sul fatto che i presidenti prima o poi passano, mentre il gioco d’azzardo prospera nel mondo da secoli. Nel lungo periodo, l’unico pericolo può venire da altre iniziative nello stesso settore capaci di suscitare la curiosità di milioni di giocatori d’azzardo per i motivi più svariati: la facilità di viaggio oppure l’abbinamento del gioco d’azzardo con altre attività che non siano solo lo shopping e l’entertainment. Esattamente quello che fece Macao quando cominciò a lare concorrenza a Las Vegas: nel giro di poco tempo conquistò il primo posto come destinazione del gioco d’azzardo. Gli esperti del settore hanno già segnalato come potenziale concorrente il Nepal, dove le case da gioco garantiscono ai cinesi l’ingresso senza visto (c, al contrario di Macao, hanno ammesso anche il gioco d’azzardo online). Ma se in Nepal l’unica attrattiva alternativa al gioco e il trekking, sull’isola di Saipan – arcipelago delle Marianne, geograficamente vicina al Giappone ma economicamente legata agli Stati Uniti – c’ò ovviamente il mare: potranno le spiagge dorate di un’isola del Pacifico soppiantare quasi 200 anni di esperienza nel giocò d’azzardo di Macao e la struttura che si ò creata dopo la fine del monopolio dei tavoli verdi? Se il presidente cinese Xi Jinping continuerà nella sua guerra alla corruzione. Saipan riceverà un grosso aiuto proprio da Pechino.