5 luglio 2017
APPUNTI PER GAZZETTA - IL CASO CHARLIEREPUBBLICA.ITREGNO UNITO - Ancora un no per il piccolo Charlie Gard
APPUNTI PER GAZZETTA - IL CASO CHARLIE
REPUBBLICA.IT
REGNO UNITO - Ancora un no per il piccolo Charlie Gard. Il bimbo di 10 mesi affetto da una rara e incurabile malattia genetica non potrà venire in Italia. Dopo il blocco al trasferimento dato dai medici inglesi, a chiudere definitivamente la questione è ora il ministro degli Esteri britannico Boris Johnson che, in una telefonata con l’omologo italiano Angelino Alfano, si è detto "grato per la proposta dell’ospedale Bambino Gesù di Roma, ma ragioni legali non consentono lo spostamento del piccolo".
Già ieri i medici del Great Ormond Street di Londra, dove è ricoverato Charlie, avevano fatto sapere di avere "le mani legate dalle sentenze giudiziarie". Situazione che avevano illustrato anche all’ambasciatore italiano a Londra, Pasquale Terracciano, che martedì, su espressa richiesta di Alfano, aveva telefonato alla struttura per sollecitare il ricovero a Roma. La premier britannica Theresa May si è detta "fiduciosa che l’ospedale Great Ormond Street abbia preso e prenderà sempre in considerazione le offerte o le nuove informazioni che sono state avanzate".
In realtà una minima possibilità di trasferire Charlie a Roma esiste, ma per la presidente del Bambino Gesù Mariella Enoc non è contemplabile: "Lo trasferirebbero solo se noi fossimo disposti a eseguire la sentenza della Corte Suprena: quindi a non curare più il bimbo e a staccare la spina. È ovvio che a questo abbiamo risposto di no, che noi non intendiamo farlo".
Il protocollo. Nonostante le difficoltà, la struttura pediatrica romana non ha intenzione di abbandonare la causa. Anzi, Enoc ha annunciato che "i medici sono già al lavoro con altri esperti internazionali per mettere a punto un protocollo di trattamento sperimentale per Charlie". Gli operatori sanitari si stanno quindi preparando per aiutare il piccolo nell’eventualità che la sentenza venga annullata. "Il protocollo è internazionale - ha spiegato Enoc - che si potrebbe applicare al bambino dove si vuole: a londra, a roma, a new york".
In un’intervista al tabloid Sun, i genitori del neonato hanno detto che il sostegno arrivato da Papa Francesco e Donald Trump sta dando loro l’energia necessaria ad affrontare queste ore che potrebbero essere decisive. "Il sostegno del Papa e del Presidente ci ha dato speranza - ha detto Connie Yates, mamma di Charlie - Sono uomini tradizionali che credono nella famiglia. Credono nella nostra battaglia e capiscono perché riteniamo sia giusto continuare a batterci con tale forza per salvare Charlie".
Per chiedere il trasferimento al Bambino Gesù la mamma di Charlie aveva telefonato direttamente a Mariella Enoc, la presidente dell’ospedale pediatrico di Roma: "È una signora molto determinata. Difficile dire se c’è accanimento terapeutico o no - ha detto Enoc - mi astengo da ogni giudizio: dico solo che noi possiamo accogliere qui il bambino e accompagnarlo come ci ha chiesto la mamma. Ma il board dell’ospedale di Londra dice che non si può".
La battaglia legale. Con il placet dei giudici e contro la volontà dei genitori, i medici britannici vogliono staccare la spina ai macchinari che tengono in vita Charlie, anche se non è chiaro quando. Per questo ora è scattata una corsa contro il tempo per tentare ogni strada possibile. A Roma si sono messi a disposizione anche il Gemelli, l’ospedale del Papa, e la Santa Sede, che "farà il possibile per superare gli ostacoli legali che non consentono il trasferimento".
"È importante - ha spiegato il segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin - offrire tutta l’accoglienza a Charlie e ai suoi genitori perché proseguano le cure".
Intanto cresce il sostegno internazionale affinché il piccolo sia mantenuto in vita, seppure artificialmente. L’ultima a schierarsi, in ordine di tempo, è stata la cantante Cher con un tweet: "Mandatelo da noi. Le istituzioni non hanno il diritto di spegnere la vita di un bambino amato. Se gli Usa possono salvare il prezioso Charlie Gard, mandatecelo".
REPUBBLICA.IT DEL 30 GIUGNO
LONDRA - I medici che hanno in cura Charlie Gard, il bambino britannico di 10 mesi affetto da una rara malattia genetica incurabile, hanno deciso di rinviare il momento in cui staccheranno le macchine che lo tengono in vita. Secondo un’amica di famiglia, forse accadrà nel fine settimana. "Morirà sapendo che lo abbiamo amato", hanno detto Connie Yates e Chris Gard, che volevano portare il figlio negli Stati Uniti per una cura sperimentale e invece hanno perso la battaglia legale terminata davanti alla Corte europea per i diritti umani.
"Abbiamo parlato con l’ospedale, ci hanno dato un po’ di tempo in più da trascorrere con Charlie - si legge sul Daily Mail -. Siamo davvero grati per il sostegno del pubblico in questo momento terribilmente difficile. Stiamo raccogliendo preziosi ricordi che potremo tenere con noi per sempre, con il cuore pesante". Giovedi scorso sono stati messi al corrente dell’intenzione dei medici di staccare il respiratore oggi. L’ultima notte accanto al suo letto, al Great Ormond Street Hospital, l’hanno passata furenti con i dottori che gli hanno anche rifiutato il permesso di portarlo a casa, a morire nella sua stanza, circondato "da tutti i familiari che vorrebbero vederlo un’ultima volta".
Così hanno postato un videomessaggio, lanciando un ultimo appello che è stato ascoltato. Qualche ora, qualche giorno in più. L’ospedale di Great Ormond Street a Londra ha spiegato che il rinvio è dovuto anche al fatto che si stanno mettendo in atto i programmi per l’assistenza del bimbo. Lo riferisce la Bbc online.
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Secondo i medici britannici e i tribunali che hanno esaminato la vicenda non esistono concrete possibilità di miglioramento o di prolungamento della vita di Charlie e anche le terapie sperimentali non offrono alcun tipo di certezza. Non servirà dunque la montagna di denaro raccolta dal Charliès Army, l’esercito di Charlie, 1,4 milioni di sterline che sono stati donati per curarlo. "Charlie morirà sapendo che era amato da migliaia: grazia a tutti per il sostegno", hanno scritto ancora in un post su Facebook i genitori. E hanno pubblicato una serie di foto struggenti, tra le quali una in cui sono sdraiati e riposano a fianco del piccolo che dorme. Ma sarebbe stato tutto inutile, hanno decretato i dottori, e, anzi, il viaggio in aereo e le terapie avrebbero causato nuove sofferenze al bambino, che a causa della patologia non può vedere, sentire, muoversi, piangere e neppure deglutire senza assistenza delle macchine.
• LA BATTAGLIA LEGALE
I genitori si sono rivolti in Gran Bretagna, prima all’Alta Corte, poi alla Corte d’Appello, infine alla Corte Suprema, ma i giudici hanno sempre dato ragione ai medici. Alla fine Chris e Connie si sono rivolti alla Corte Europea dei Diritti Umani che si è rifiutata di intervenire. E la direzione dell’ospedale Great Ormond Street ha fatto sapere che la loro priorità è sostenere i genitori di Charlie, e che lavorano a stretto contatto con la famiglia per discutere i prossimi passi. "Nel caso di Charlie abbiamo discusso per mesi su come possa funzionare la sospensione delle cure. Di solito, sulla base della nostra esperienza, le discussioni e la pianificazione di questi casi durano alcuni giorni".
• LE REAZIONI
Una vicenda, quella di Charlie, che ha scatenato veglie, ma anche polemiche e dibattiti. "Soprattutto in Italia" scrive il Daily Mail. Il Papa su Twitter commenta in serata: "Difendere la vita umana, soprattutto quando è ferita dalla malattia, è un impegno d’amore che Dio affida ad ogni uomo". Per il segretario del Pd, Matteo Renzi, il caso meritava un’attenzione diversa dall’Europa. "Non riesco a togliermi dalla testa il pensiero del piccolo Charlie. Mi fanno paura i social quando diventano curve da tifoseria con persone che sparano certezze e urlano, non cerco facili like. Ma condivido uno stato d’animo, più che uno status: il dolore di quei genitori e di quel bambino mi rimbomba in testa continuamente", scrive su Facebook l’ex presidente del Consiglio. "Mi sembra insopportabile per noi, figuriamoci per quella povera famiglia che vive queste ore così. Perché la Corte Europea dei diritti umani (diritti?) non ha concesso la cura sperimentale in America? Perché non consentire alla scienza un ultimo tentativo? Facciamo proteste ovunque per qualsiasi cucciolo, e facciamo bene. E un piccolo cucciolo d’uomo non valeva un’attenzione diversa delle autorità europee? Per una volta ho più domande che risposte...", conclude.
Beppe Grillo si scaglia contro la Ue, definita senz’anima, dimenticando, però, che la Cedu non è un organismo dell’Unione europea. "Neppure Pilato se ne lavò le mani in questo modo. Charlie Gard non è clinicamente morto, i suoi genitori non desiderano che siano spente le macchine che lo tengono in vita, addirittura se ne andranno via! Un viaggio di coraggio e di speranza: una musica che trova orecchie da mercante in questa Europetta insipida e senz’anima", scrive il leader M5s sul suo blog.
"La Corte europea per i diritti dell’uomo - spiega - ha sentenziato: ciò che hanno deciso i tribunali inglesi riguardo la sospensione dei trattamenti per mantenere in vita il piccolo Charlie Gard va bene così. Non è entrata nel merito la Corte europea. Si è comportata come una Corte di Cassazione: non è più un processo al fatto in sé, ma piuttosto alla forma dei gradi di giudizio precedenti. È incredibile, significa che tutta la Ue non ha da dire nulla, in più oppure in meno, riguardo una questione così atrocemente fondamentale".
"Avere la risposta in tasca per situazioni come queste è arrogante in ogni caso, ma la vita va salvaguardata senza dubbio. Per altro una malattia che distrugge i microscopici polmoni che stanno dentro le cellule (i mitocondri) progressivamente e senza eccezioni note è una specie di incubo solido! Un orrore che condanna a morte certa un bellissimo bimbo", rimarca il leader M5s.
Non si discosta da questa visione il leader della Lega Nord, Matteo Salvini: "’Volevamo portarlo a casa, fargli l’ultimo bagnetto e avvolgerlo in lenzuola in cui non aveva mai dormito... Volevamo morisse a casa sua, tra l’affetto di genitori, parenti e amici, non ce l’hanno permesso...’. Ma come si fa??? È un omicidio con la complicità, anche questa volta, dell’Ue che tace. Da papà, un bacio al piccolo e un abbraccio fortissimo ai suoi coraggiosi genitori", ha detto il segretario del Carroccio.
Anche la Cei, nella persona di don Arice, condanna la gestione del caso: "Disumano stabilire chi ha diritto di vita e chi no". Per il direttore dell’Ufficio Nazionale per la Pastorale della Salute della Cei, "il problema è che il caso rischia di fare scuola, aprendo strade di morte". Con questa vicenda, ha aggiunto, si tocca con mano "la crisi antropologica denunciata da papa Francesco con la cultura dello scarto. Si fissano parametri su ciò che è vita e dignità e su ciò che non lo è, questa è disumanità. Stiamo andando verso il principio di autodeterminazione dove i diritti individuali ("che talvolta sono solo desideri") devono essere garantiti dallo Stato".
• LE TAPPE DELLA VICENDA
LA MALATTIA DI CHARLIE GARD
Charlie Gard è un bebè di 10 mesi nato il 4 agosto 2016, che a otto settimane è risultato affetto da una malattia rarissima, la sindrome da deplezione del DNA mitocondriale che colpisce diversi geni causando un progressivo deperimento muscolare. Una sottounità della proteina P53 di fatto non svolge la funzione di riparare il Dna danneggiato. La malattia genetica, di cui entrambi i genitori erano a loro insaputa portatori sani, ha colpito finora solo 16 persone nel mondo. A marzo scorso le condizioni di Charlie si sono aggravate: si è aggiunta una encefalopatia che ha modificato il funzionamento del cervello. Il bambino non è stato più in grado di respirare da solo e fino ad ora è stato mantenuto in vita dai respiratori meccanici ospedalieri.
I GENITORI E LA SPERANZA DI UNA CURA
Connie Yates e Chris Gard, i genitori trentenni del piccolo, non si sono rassegnati. Scoprono che una ricerca del 2014 della Columbia University di New York ha fatto esperimenti riusciti su topi affetto da malattie mitocondriali. I genitori contattano una clinica americana, di cui non è stato reso pubblico il nome per motivi legali, chiedendo di poter trattare il bambino con il metodo sperimentale. La terapia proposta dai medici Usa è nucleosidica e dovrebbe dare al corpo del piccolo gli elementi per cercare di riparare il suo Dna. Inizialmente il Great Ormond Street Hospital di Londra, l’Ospedale inglese dove il bimbo è ricoverato, li appoggia: anche se il trattamento era stato fino ad allora provato su un diverso tipo di mutazioni.
LA RACCOLTA FONDI E LA COMPLICAZIONE
I Gard avviano una importante raccolta fondi per pagare le spese mediche del viaggio: raccolgono 1,3 milioni di sterline grazie all’aiuto di 80 mila diversi donatori. A marzo scorso, però, quando il bimbo ha ormai 7 mesi ed è già in corso l’iter della richiesta di trasferimento dalla Gran Bretagna agli Stati Uniti, Charlie è colpito dall’encefalopatia. I medici inglesi e quelli americani concordano nell’impossibilità di portare avanti il viaggio della speranza. Non ci sono più le condizioni scientifiche per curare il bambino. Si rendono però disponibili a tentare la cura in via sperimentale senza però assicurare alcun successo.
IL CONFLITTO CON L’OSPEDALE
Il Great Ormond Street Hospital è l’ospedale pediatrico londinese, famoso per essere “l’ospedale di Peter Pan”, perché J.M. Barrie, l’autore della celebre favola per bambini, nel 1929 donò le royalties del suo libro affinché proseguissero la loro attività benefica. Ha la fama di essere uno dei migliori del mondo. Anche per questo, quando i suoi amministratori lo scorso marzo, hanno chiesto a un tribunale di poter staccare le macchine che permettono di respirare al piccino, sono stati presi molto sul serio. La questione legale è ruotata intorno a quello che viene definito il “child’s best interest”, l’interesse del bambino. La tesi dei medici, approvata dai giudici in tutti i passaggi, è stata quella che essendo Charlie allo stato finale della malattia, aveva diritto a una morte dignitosa senza accanimento terapeutico. Per questo chiedevano di staccarlo dal respiratore che ha tenuto in vita il bambino, sempre sedato, fin dallo scorso settembre, per quello che è stato calcolato come il 96% della sua esistenza. A una prima decisione i genitori hanno fatto ricorso ad aprile. Sconfitti, sono ricorsi in appello a maggio. La Corte suprema inglese si è pronunciata in favore dell’ospedale l’8 giugno scorso.
IL RICORSO ALLA CEDU
Il 9 giugno i genitori di Charlie hanno fatto l’ultimo disperato tentativo: si sono rivolti al tribunale per i diritti dell’uomo di Strasburgo sostenendo che la sentenza inglese violava la libertà di cura e che il bambino era “prigioniero” nell’ospedale inglese. Il tribunale europeo ha così ordinato all’ospedale di Londra di continuare a curarlo, fino a nuova delibera. Il 28 giugno il nuovo verdetto: la corte di Strasburgo ha detto di non avere alcuna autorità per prendere decisioni su un tema del genere, rimandando alla decisione della Corte suprema inglese. Di fatto, imponendo di sospendere le cure. Ai genitori devastati è stato impedito anche di portare Charlie a casa per farlo morire nel suo lettino. Anche quello, secondo i medici, imporrebbe al bimbo “che già soffre indicibilmente” pene troppo grandi.
LE ULTIME ORE
Da oggi i medici potranno staccare la spina. Hanno detto che lo faranno senza fretta, in accordo con i genitori. «Charlie morirà fra poco, coccolato da mamma e papà. Saprà di essere stato amato da tanti fino all’ultimo» è l’ultimo disperato post di mamma Connie su Facebook. E proprio sui social media cresce l’indignazione degli inglesi: su Twitter oggi sono numerosi i messaggi che hanno come hashtag #charliesfight, la battaglia di Charlie. Così Kelly (@kellyt_82) scrive: “Mi chiedo perché i giudici non abbiano concesso un’ultima possibilità di salvare Charlie. Diabolico”. Mentre July Gimenez-Gato (@Lullay29) si è rivolta direttamente all’ospedale: “Avete l’opportunità di dare a Charlie un’ultima speranza. Per favore guardate nel vostro cuore, ancora una volta e non staccate la spina.
Molte le prese di posizione dal mondo cattolico nelle ultime ore. Dopo l’intervento dell’Osservatore Romano, anche il presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti, è intervenuto sulla vicenda: "Penso alla vita fragilissima del piccolo Charlie Gard, a cui va tutta la nostra attenzione, riflessione e preghiera. Non esiste una vita non degna di essere vissuta. Altrimenti è la ’cultura della scarto’: ovvero ciò che non è utile si butta via. La vita, in realtà, è sempre dono e relazione, perché viene da Dio ed anche le leggi degli uomini hanno i loro limiti".
TRUMP
Dopo il Papa, anche Donald Trump. Il presidente degli Stati Uniti al fianco dei genitori di Charlie Gard, il bambino di 7 mesi affetto da una sindrome rara e incurabile, scrive su Twitter: “Se possiamo aiutare il piccolo #CharlieGard, come i nostri amici in Gb e il papa, saremmo felici di farlo”. Ieri Francesco aveva fatto un appello per rispettare i desideri dei genitori di Charlie, che vorrebbero tenere in vita il piccolo e tentare una terapia sperimentale proprio negli Stati Uniti, le cui speranze di riuscita sono comunque ridotte al lumicino.
Nella stessa giornata di ieri era stata la Cei ad annunciare la disponibilità degli ospedali cattolici Bambin Gesù e Gemelli per accogliere il bambino. E la conferma arriva oggi dalla presidente dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù, Mariella Enoc: “Ho chiesto al direttore sanitario – dice – di verificare con il Great Ormond Street Hospital di Londra, dove è ricoverato il neonato, se vi siano le condizioni sanitarie per un eventuale trasferimento di Charlie presso il nostro ospedale. Sappiamo che il caso è disperato e che, a quanto risulta, non vi sono terapie efficaci. Siamo vicini ai genitori nella preghiera e, se questo è il loro desiderio, disponibili ad accogliere il loro bambino presso di noi, per il tempo che gli resterà da vivere”. Enoc riprende le parole di Bergoglio: “Difendere la vita umana, soprattutto quando è ferita dalla malattia, è un impegno d’amore che Dio affida ad ogni uomo”. Parole, spiega la presidente del Bambin Gesù che “riassumono la mission dell’ospedale Bambino Gesù”. Il Bambin Gesù è di proprietà della Santa Sede