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 2017  luglio 05 Mercoledì calendario

Arresti e intrighi, Shakespeare nella corte di Riad

Un principe privato dei suoi poteri, rinchiuso nel suo palazzo e circondato da guardie a lui sconosciute, preoccupate più di controllarlo che di eseguire i suoi ordini. Un cugino giovane e ambizioso che ha preparato il passaggio con meticolosità, spiando per mesi quelli che potevano rappresentare un problema, monitorando le loro comunicazioni elettroniche, convocandoli per avvertirli che da quel momento in avanti sarebbe stato meglio tacere. E un gruppo disparato di giornalisti, economisti, religiosi dei più diversi orientamenti, che uno dopo l’altro scompaiono dalla scena pubblica. Ci sono tutti gli ingredienti di un intrigo shakespeariano in salsa moderna nella ricostruzione del cambio al vertice del potere dell’Arabia Saudita fatta dal Wall Street Journal e dal New York Times.
I quotidiani spiegano come l’ex principe ereditario Mohammed Bin Nayef, 57 anni, privato di tutti i suoi poteri il 21 giugno, sia da quel giorno di fatto recluso nel suo palazzo di Gedda. Rientrato dal colloquio in cui il re Salman gli annunciava la decisione, si sarebbe trovato circondato da guardie che non erano più i suoi fedelissimi, ma uomini leali a colui che aveva preso il suo posto di principe ereditario, il cugino Mohammed Bin Salman, meglio noto come MBS, 31 anni. Scopo della manovra, sarebbe quello di prevenire ogni forma di resistenza o opposizione da parte di colui che per oltre trent’anni, al fianco del padre prima e da solo poi, ha tenuto sotto controllo tutti gli apparati di sicurezza. E che gode, all’interno della famiglia reale e di centri di poteri fondamentali come la Cia e il dipartimento di Stato americano, del massimo credito. A conferma del tentativo di MBS di assicurarsi un passaggio di poteri senza problemi, ci sarebbe, secondo il Wall Street Journal, una campagna di intimidazione nei confronti dei più noti dissidenti del regno. Liberali, conservatori ma anche economisti che non approvano Vision 2030, l’agenda di riforme economiche e sociali voluta dallo stesso principe. Molti dei loro profili social e telefoni sarebbero stati monitorati per settimane grazie alla tecnologia fornita ai sauditi da Hacking Team, il controverso gruppo italiano già noto per aver venduto strumenti simili ad alcuni dei governi più controversi del pianeta, da quello egiziano a quello sudanese.
Le notizie arrivano mentre sta per scadere anche l’estensione dell’ultimatum concesso dall’Arabia Saudita e dai suoi alleati sunniti al Qatar, accusato di sostenere il terrorismo. Alla testa della crisi, a Riad c’è Mohammed Bin Salman. E c’è chi ipotizza che l’attacco contro l’emirato vicino non sia che un tentativo da parte del più giovane dei due principi di gettare una cortina di fumo su quanto sta accadendo intorno alla Corte reale saudita.