Corriere della Sera, 5 luglio 2017
Test di Kim Jong-un. Il missile ora può colpire l’America
PECHINO Telegiornale nordcoreano: un’anziana annunciatrice in costume tradizionale rosa scandisce con tono enfatico la grande notizia. «Scienziati e tecnici della Repubblica democratica popolare di Corea hanno lanciato il missile balistico intercontinentale Hwasong-14 programmandolo per un volo di 39 minuti durante i quali ha volato accuratamente per 933 chilometri dopo aver raggiunto un’altitudine massima di 2.802 km... il supremo leader Kim Jong-un ha personalmente assistito sul campo al successo... come potenza nucleare ora dotata di capacità missilistica intercontinentale, possiamo colpire in ogni parte del mondo, ponendo fine al ricatto americano».
Il missile è piombato all’interno delle acque giapponesi, a circa 200 chilometri dalla costa. Valutando l’apogeo e la traiettoria, esperti occidentali hanno osservato che con un diverso angolo di lancio, «più normale», lo Hwasong-14 avrebbe potuto viaggiare per almeno 6.700 km: un raggio d’azione che mette nel mirino l’Alaska, territorio degli Stati Uniti. Il test è stato effettuato proprio nell’Independence Day, la festa nazionale americana del 4 luglio.
Era notte a Washington, ma il presidente Trump ha reagito rapidamente, con due tweet: «La Nord Corea ha appena lanciato un altro missile. Questo tizio non ha niente di meglio da fare nella sua vita? Difficile credere che la Sud Corea... e il Giappone sopporteranno ancora a lungo. Forse la Cina farà una mossa pesante sulla Nord Corea e metterà fine una volta per tutte a questa assurdità!». Segno di frustrazione presidenziale. A gennaio, quando Kim promise di lanciare presto un ordigno intercontinentale, Trump rispose: «Semplicemente non accadrà». Colpito dalla sfida, si dice di nuovo pronto a un’azione risolutiva solitaria.
I cinesi, chiamati ancora in causa dalla Casa Bianca, hanno risposto condannando la violazione delle risoluzioni Onu, chiedendo moderazione alle parti e sostenendo di aver fatto il possibile. Dal Cremlino, dove Xi Jinping si coordinava con Putin prima del G20 di Amburgo, dicono che si rischia la catastrofe (addossando la colpa a Trump, però). E poi propongono una moratoria sui test missilistici e nucleari di Pyongyang, chiedendo a Usa a Corea del Sud di evitare esercitazioni militari congiunte.
Quello di ieri è stato il 91° test missilistico dell’era Kim Jong-un (cominciata nel 2012), l’11° dall’inizio di quest’anno, il 5° da metà maggio. I nordcoreani hanno mostrato praticamente tutta la gamma di missili.
Perché Kim Jong-un ordina test missilistici con una frequenza così alta? Ogni esperimento affina la tecnica e la capacità del suo arsenale. Ma la fretta potrebbe anche avere due obiettivi politici: creare ulteriore confusione nei rapporti tra Donald Trump e Xi Jinping, costringendoli a fare qualche proposta vantaggiosa a Pyongyang, e alzare il prezzo per un eventuale congelamento del programma. Pechino propone da tempo a Washington di rinunciare alle manovre militari congiunte con Seul in cambio dello stop ai test nordcoreani: finora Trump (ma anche Obama prima di lui) ha rifiutato questo baratto. Ieri Xi e Putin lo hanno riproposto insieme.
La rapidità di Kim Jong-un nella sequenza dei test ricorda «quella di un atleta di taekwondo che tira un calcio a spirale intorno al collo dell’avversario, lancia un grido e lo sbilancia», sostiene Peter Hayes, direttore del Nautilus Institute. Kim può giocare su diversi ring: con Trump che aveva manifestato disponibilità a incontrarlo definendolo «un ragazzo sveglio»; con il nuovo presidente sudcoreano Moon Jae-in, che vorrebbe riaprire un canale di dialogo. Usando magari Xi come arbitro.