Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  luglio 04 Martedì calendario

Paolo Villaggio: «Quello splendido orrore delle cene di Tognazzi». In un libro-intervista, il ricordo del comico sulla vita insieme ad amici e colleghi

Sembra di vederlo Paolo Villaggio, elegantissimo nel suo caffetano colorato, lassù tra le nuvole a riabbracciare i suoi amici di una vita: Fabrizio De André, Mario Monicelli, Federico Fellini, Marco Ferreri, Vittorio Gassman, Ugo Tognazzi e tanti altri. Li citava sempre, ne raccontava la grandezza e le scorribande, ma anche le piccole viltà, gli aneddoti meno edulcorati, perché Villaggio aveva il vizio della verità. E parlò molto di loro in una lunga chiacchierata avvenuta nel 2012, divenuta poi un libro, Non mi fido dei santi – autobiografia bugiarda (Aliberti editore), raccontando tanti episodi, compresi quelli delle cene a casa di Tognazzi. Cene nelle quali il padrone di casa si cimentava in nuove ricette, frutto della passione per i fornelli e dell’ambizione a diventare un grande chef. Ricordi lontani che Villaggio, con la consueta forza dissacrante del suo genio insolente e attento, tramutava in cinema. Eccone uno stralcio.
Raccontaci le famose cene a casa di Tognazzi, quelle in cui lui cucinava. Innanzitutto chi c’era?
Marco Ferreri, Mario Monicelli, Vittorio Gassman, Luciano Salce, Adolfo Cieli e tanti altri.
Il grande cinema italiano…
Un rituale famoso. Ugo era un uomo allegro e sincero, ma aveva un grosso difetto: era convinto di essere un ottimo cuoco. Invece non lo era, anzi, era un disastro. Avrà letto mille libri di cucina, ma non gli riusciva.
Quando avvenivano queste cene?
Sempre di venerdì sera. Un rituale che avevamo chiamato ‘L’ultima cena dei dodici apostoli’. Lui si impegnava al massimo: inventava, sperimentava, cucinava piatti stranissimi.
Ad esempio?
Il Maial-tonné, terribile. Oppure fettoni di mortadella impanati come le bistecche alla milanese. E diceva: ‘Questa è una mia invenzione’. Sì, va bene, ma perché inventare quando esistono tante buone ricette? Ricordo una volta in cui cucinò queste fettone di mortadella impanate con ancora la pellicola di cellophane intorno…
Voi gli dicevate la verità?
Alla fine della cena lui chiedeva: ‘Voglio sapere la verità’. Io rispondevo sempre: ‘Nessuno dirà mai la verità, sono tutti attori’. Come quando vai a vedere qualcuno a teatro, magari vedi una cagata pazzesca, ma poi in camerino gli fai i complimenti.
Dunque non seppe mai il vostro vero giudizio?
Una volta decidemmo di fare delle votazioni segrete, su ogni portata, con biglietti anonimi che finirono in un’insalatiera d’argento. Si poteva scegliere tra i seguenti giudizi: straordinario, ottimo, sufficiente, insufficiente, cagata, grandissima cagata. Ferreri andò in cucina a vedere i preparativi, quando uscì non disse niente ma, tenendo la mano nascosta, fece le corna. Ma ormai era deciso: alla fine di ogni portata lo spoglio delle schede e il verdetto. Lui parte con ‘Risotto alla moda mia’, c’erano dentro delle cose atroci: grandissima cagata, cagata, cagata, grandissima cagata, grandissima cagata, cagata, cagata, grandissima cagata. Lui non si diede per vinto. Arriva il secondo con un nome improbabile, ‘Triglie di bosco’: cagata, grandissima cagata, grandissima cagata, grandissima cagata, cagata, grandissima cagata, cagata, grandissima cagata. Ugo cominciò a dare segnali di grande nervosismo, ma non cedette: ‘Il prossimo vi piacerà’. Già il nome era tragico, ‘Coniglio di paranza’: grandissima cagata, grandissima cagata… a quel punto lui fermò tutto: ‘Basta! Adesso mangiamo in silenzio e finiamola con questa pagliacciata’.
E fini così?
No, a fine cena Ugo mi chiese tutti i bigliettini: voleva portarli da un grafologo per scoprire chi erano i più infami.
Altro aneddoto.
Una volta Monicelli, sempre alla fine della cena, prese una busta di plastica trasparente e cominciò a girare per la tavola e a riempirla degli avanzi. Tognazzi, ancora vestito da cuoco, col cappello bianco, chiese: ‘Mario cosa fai? Ti porti a casa gli avanzi? Ti è piaciuta così tanto?’. La risposta di Monicelli: ‘No, li porto all’istituto italiano di criminologia! Ti voglio denunciare per tentato omicidio!’.
Tognazzi che uomo era?
Tognazzi era una persona di intelligenza molto raffinata, forse il più intelligente tra gli attori.
L’assistente porta a Villaggio un bicchierone da birra, da un litro, pieno di un liquido rosa, denso.
Cosa bevi Paolo?
Tomato Soup.
Pomodoro?
Sì, pomodoro condito con spezie e altre diavolerie.
Te lo preparano apposta per te?
No, è un prodotto in scatola che arriva dall’Inghilterra. È già pronto all’uso, già condito: bisogna solo aprire la scatola e versarlo in un bicchiere. Ne vado ghiotto!
Forse a casa Tognazzi non si mangiava poi così male.