Il Messaggero, 1 luglio 2017
Johnny lo zingaro scappa ancora. È caccia all’uomo `
Lo ha fatto ancora. Giuseppe Mastini, detto Johnny lo zingaro, protagonista delle cronache criminali negli Anni Ottanta, è di nuovo fuggito da una prigione. Esattamente come aveva fatto nel 1987, quando non rientrò da un permesso premio per buona condotta. Da ieri mattina, quando ha lasciato il carcere di Fossano, non se ne hanno più notizie. Mastini, che oggi ha cinquantasette anni, stava scontando l’ergastolo nel penitenziario ligure. In semilibertà, non si è presentato a Cairo Montenotte in provincia di Savona. Gli era stata concessa la possibilità di lavorare presso la scuola di formazione della Polizia Penitenziaria. Ma lui ha preso il volo. E L’Osapp, il sindacato della Penitenziaria, chiede ora una commissione d’inchiesta parlamentare sulle carceri, perché «certi fatti dimostrano il degrado a cui sono giunte le istituzioni penitenziarie, laddove il buonismo fuori luogo applicato a oltranza nei confronti dei detenuti qualunque ne sia la pericolosità arreca danni a tutti».
SCONTAVA L’ERGASTOLOMastini, dopo una lunga serie di delitti, stava scontando l’ergastolo dal 1989. Figlio di una coppia di giostrai lombardi di etnia Sinti, si trasferì a Roma all’età di dieci anni. Abitava in una roulotte, si occupava delle giostre del padre e si distinse subito per essere pronto a tutto. A soli undici anni ebbe un conflitto a fuoco con la polizia che lo ha lasciato leggermente claudicante. A soli quindici anni il primo omicidio. È il 28 dicembre del 1975 quando lo zingaro, insieme a un complice, rapina un autista di tram, Vittorio Bigi, portandogli via diecimila lire e un orologio. L’uomo ha dato un passaggio ai due giovani, non accetta l’affronto, reagisce. I ragazzi non esitano a sparargli alla testa. I due portano via il corpo dell’autista che viene ritrovato una settimana più tardi in un campo al Tiburtino. Le indagini, grazie alla testimonianza di un tassista, portano subito ai responsabili. Mastini ha solamente quattordici anni e si ritrova a Casal del Marmo (da dove fugge una prima volta) con un omicidio impresso nella coscienza e scritto sulla fedina penale. Nel carcere minorile lo zingaro conosce Giuseppe Pelosi, poi arrestato per l’uccisione di Pier Paolo Pasolini, e quel legame gli varrà il sospetto (tale rimarrà) di aver avuto un ruolo nell’uccisione dello scrittore.
LE RAPINE
Condannato a quindici anni di carcere per la feroce uccisione dell’autista dell’Atac, Mastini nel febbraio del 1987 evade ancora dal’Isola di Pianosa. Beneficia di un permesso premio per buona condotta e non rientra in carcere. Fuori ne combina di tutti i colori. Lo segnalano per una lunga serie di rapine e la moglie di Paolo Buratti, console italiano in Belgio, lo indica come il bandito che ha ucciso il marito durante un colpo finito male in una villa a Sacrofano. Lo zingaro, tra reati veri e leggende che lo circondano, è ormai il pericolo pubblico numero uno. Lo cercano ovunque, la sua foto segnaletica è in tutte le auto delle forze dell’ordine, e intanto attorno a lui cresce un’aura di imprendibilità. Nel frattempo Mastini ha conosciuto una ragazza di umili origini, Zaira Pochetti, 20 anni, figlia di un pescatore di Passo Oscuro e residente in un collegio di suore. Ne fa la sua compagna e i due diventano inseparabili.
La sera del 24 marzo 1987 segna un’ulteriore escalation criminale nel destino dello zingaro. Mastini, latitante, e la Pochetti sono in macchina quando una pattuglia della polizia li intercettata al Tuscolano. Lui, pieno di cocaina, non ci pensa due volte e fa parlare la pistola. Uccide uno degli agenti che volevano fermarlo, Michele Giraldi, e ne ferisce gravemente un altro, Mauro Petrangeli. Dopodiché fugge a tutta velocità verso viale Palmiro Togliatti a cavallo tra la Casilina e la Prenestina. L’allarme è generale. Un carabiniere in borghese lo riconosce per strada, tenta a sua volta di fermarlo e riceve per tutta risposta un’altra scarica di proiettili.
L’OSTAGGIO
Miracolosamente illeso, il militare riesce a dare l’allarme da una cabina telefonica. Tutta Roma dà la caccia a Mastini, il quale sembra seguire il copione di un film. La macchina con la Pochetti a bordo finisce in panne dalle parti della Nomentana. Johnny allora, armi in pugno, ferma una Lancia Gamma di passaggio, ne prende possesso, e sequestra una giovane che si trova a bordo nella fretta di proseguire la fuga. La ragazza viene fatta scendere dalle parti della Bufalotta. Mastini e la Pochetti, braccati da decine di pattuglie della polizia e dei carabinieri, sembrano imprendibili. Rapinano anche un benzinaio. Ma verso sera, alla fine di una giornata di incredibile tensione, vengono bloccati e arrestati dalle parti di Mentana. Nel 1989 arriva la sentenza: ergastolo. Ma Johnny, ancora una volta, ha sentito il richiamo della libertà».