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 2017  luglio 01 Sabato calendario

Quelle chicche nella scatoletta che piacevano al conte di Cavour

È una questione di memoria, gustativa ma non solo. Quello della caramella è un piacere mai passato di moda e che mai passerà: che sia sfusa, pronta a finire in quei sacchettini trasparenti che fanno tornare bambini o confezionata nei modi più diversi, da tenere in salotto o meglio ancora da portare con sè. Oggi è tempo di gluten free e sugar free, però i nomi della dolcezza tascabile fortunatamente sono in gran parte quelli di una volta, legati a storie sorprendenti e quasi sempre iniziate nello scorso secolo. Poco importa se oggi molti brand sono nelle mani di multinazionali: tanto, se non tutto, è partito dall’Italia, da Torino in particolare, dove all’inizio del XVIII secolo esisteva l’Università dei Confettieri e Acquavitai, nata per concessione di Re Carlo Emanuele III e poco prima del ’900, nascevano le grandi industrie dolciarie. Una su tutte, Pastiglie Leone: autentico simbolo della piccola dolcezza tricolore, che sta festeggiando felicemente il 160° della sua attività. 
«L’Italia non era ancora unita, ma le Pastiglie Leone c’erano già»: recitava uno dei primissimi slogan pubblicitari della maison piemontese. È la verità, tra l’altro: il testimonial ante litteram dell’azienda piemontese Camillo Benso conte di Cavour, artefice dell’Unità e gran gourmet, era solito, durante i suoi interventi nell’aula del Parlamento Subalpino, umettarsi la gola assaporando le sue caramelle preferite: le gommose Leone alla liquirizia aromatizzate alla violetta. Non a caso, la pastiglia alla violetta divenne il gusto in voga anche tra i colleghi e ribattezzata per questo «senateurs». È cambiato tutto da quei tempi in primis la proprietà dell’azienda, dai Leone ai Monero ma non la composizione della pastiglia, creata nel 1857 da Luigi Leone, in una confetteria vicino ad Alba: l’idea era quella di produrre piccole, intense e fragranti pastiglie per deliziare le persone, a fine pasto. Oggi come allora, la prima fase prevede la miscelazione, a freddo, dello zucchero a velo, macinato in purezza, con la gomma arabica e la gomma adragante. Poi si aggiungono acqua, succhi di frutta, oli essenziali, estratti e coloranti naturali a seconda del gusto. Essendo composte per il 96% da puro zucchero, le pastiglie non hanno data di scadenza e sono senza glutine, vegane e con meno di 2 calorie a pastiglia.
La tipica forma a cilindretto viene dato dagli antichi stampi in bronzo con la lettera L mentre colore, fraganza e profumo sono frutto di un’attenta scelta di essenze, estratti ed aromi. A questo punto manca solo l’essiccazione (36 ore in essiccatoi ad aria calda) e le pastiglie sono pronte per essere confezionate: sin dall’inizio, Leone ebbe l’idea di proporle oltre che sfuse nelle pasticcerie in scatolette di carta gialla e oro, con l’immancabile fregio sabaudo. 
Ma la «genialata» arrivò nel 1880, quando pensò anche a lattine tascabili, in metallo: un successo incredibile e l’inizio del culto. Originariamente realizzate in un unico colore metallico/dorato con scritte in nero, vennero modificate solo negli anni 60 colorando le scritte identificative dei vari gusti, in rosso. Da una decina di anni, la maison si è impegnata su Special Edition delle lattine, che hanno attirato i collezionisti di mezzo mondo. L’ultima è arrivata insieme alla collezione che celebra adeguatamente il 160°: le Pastiglie Leone al gusto di Cedrata Tassoni. Due miti italiani della dolcezza, della nostra memoria.