la Repubblica, 4 luglio 2017
Maledetta moviola, la perfezione non c’è. I limiti del sistema Var e gli errori arbitrali
ROMA L’arbitro ferma il gioco, disegna con le dita un rettangolo nell’aria, come un mimo: basta un po’ di fantasia per capire che è un televisore. Il gesto indica il ricorso alla moviola: per adesso è una novità nella liturgia della partita, diventerà presto un’abitudine. Nella nuova Serie A, al via il 19 agosto con gli anticipi, la grande attrazione annunciata è la tecnologia Var, la videoassistenza che aiuterà gli arbitri a correggere le decisioni sbagliate. O almeno questo è il proposito. All’ultima Confederations Cup in Russia, la tecnologia ha moltiplicato dubbi, perplessità, paure. In alcuni casi, ha prodotto autentici pasticci. Nella finale fra Germania e Cile, una gomitata del cileno Jara al tedesco Werner, da rosso diretto, inizialmente è sfuggita all’arbitro serbo Mazic, che poi dopo qualche secondo ha voluto rivedere il replay a bordo campo e ha sanzionato l’intervento solo con il giallo. In Russia-Messico e Cile-Portogallo non sono stati assegnati rigori che sembravano chiari al rallentatore. Tutto ciò conferma una verità che è bene accettare presto: la moviola in campo limerà le ingiustizie del campionato ma non sarà perfetta, non emenderà ogni possibile errore. L’arbitro in campo conserverà l’ultima parola. E, con essa, pure il diritto di sbagliare. Se la goal line technology ha dato risposte affidabili su una questione squisitamente oggettiva – palla oltre la linea o no, il verdetto segnalato in tempo reale sull’orologio del direttore di gara -, la moviola lascerà ancora un margine all’interpretazione. In particolare, sull’intensità di un contatto, sulle sue conseguenze. O, ancora, sulla volontarietà di un fallo di mano in area.
In Russia, nella prima fase ci sono stati 35 casi da Var in 12 partite, con sei decisioni modificate che hanno inciso sul risultato. «È stato un successo, abbiamo evitato decisioni sbagliate», ha detto il presidente della Fifa Infantino, ricordando però che «le discussioni e le polemiche ci saranno sempre». Secondo Pierluigi Collina, la tecnologia rende gli arbitri tranquilli: «Uno di loro mi ha scritto che con la Var si diverte di più, non ha pressioni».
L’intento programmatico della Fifa è quello di contenere l’invasività della tecnologia e di limitare il frazionamento del gioco. In questo, l’Italia è più avanti, la Var è stata testata in 60 gare dell’ultima Serie A, a microfoni spenti: serviva solo a valutare i tempi di revisione delle immagini, senza possibilità di comunicare con il campo per mutare le decisioni. Dai test, è emersa la necessità di correggere errori gravi una volta ogni quattro partite. La seconda fase di sperimentazione, quella on-line, ha riguardato le Final Eight del campionato Primavera: qui c’è stato un caso eclatante in sette gare, in Roma-Lazio nei quarti, dove la terza rete del giallorosso Soleri è stata annullata per fuorigioco e poi convalidata. Per il momento, gli arbitri italiani hanno una media di 28 secondi per analizzare un replay e 40 per modificare una decisione.
Fino a ieri, il monitor a bordo campo era una presenza clandestine, spifferava la verità del replay in modo furtivo. Adesso, sarà obbligatorio averne uno fra le panchine, a disposizione dell’arbitro, qualora volesse rivedere i casi dubbi. Dovrà farlo, almeno questa è l’indicazione, ogni volta che l’azione richiederà una interpretazione, una valutazione discrezionale. Questo dovrebbe impedire di duplicare il baco legato agli arbitri di porta (che sono stati aboliti): dovevano solo aiutare il loro collega, hanno finito spesso per prevaricarlo, talvolta inducendolo in errore.
Fra i grandi campionati, la moviola sarà accesa in Italia – è stato il primo atto di Carlo Tavecchio da commissario di Lega – e in Germania. I fischietti italiani continueranno ad allenarsi al video per tutta l’estate. Perché c’è una cosa che la tecnologia non può sostituire: la qualità della classe arbitrale. Nel bene e nel male.