la Repubblica, 4 luglio 2017
Prossima sosta a pranzo nel futuro
Finisce la guerra e l’Italia ha fame di futuro. Non c’è miglior metafora di quella fame e di quel futuro, che si apparecchiano davanti a un Paese dove quasi tutto è da ricostruire, dell’autostrada e dell’autogrill. Una strada lunga e diritta per andare da qualche parte, ma soprattutto verso l’avvenire. E un’area di sosta dove rifornire l’auto e il corpo della necessaria energia per farlo. Metafora che torna d’attualità domani, quando verrà inaugurato dopo il rinnovo quella che è stata la prima area di ristoro italiana: la Pavesi nata nel 1947 dalle parti di Novara, sulla A4, e restituita da Chef Express al ruolo di guida nell’innovazione che le spetta come capostipite. La sua stessa nascita è una tipica storia italiana, di intuito imprenditoriale e soluzioni pensate su misura per i nuovi bisogni. Dalla Milano-Torino, infatti, non sono rari gli automobilisti che all’altezza di Novara si concedono una piccola deviazione per raggiungere la vicina fabbrica Pavesi e sedersi ai tavolini dello spaccio aziendale dove saziarsi di biscotti, magari farne scorta e regalo. Mario Pavesi decide di risparmiare ai viaggiatori anche la deviazione e di aprire un’area di sosta accanto all’autostrada. Un luogo dove testare e far conoscere i nuovi biscotti e certe scelte innovative come le piccole confezioni perfette per il viaggio. Con la prima area compare anche il nome, autogrill, ispirato a quello dei punti di ristoro che esistevano a bordo strada negli Stati Uniti: le grill room.
A raccontare la storia è il volume di Giuseppe RomanoNovara, la prima area di ristoro autostradale, pubblicato da Franco Angeli (120 pp. 25 euro). Nel testo l’autogrill diventa il perno intorno al quale si approfondiscono “storia, abitudini, architetture della sosta in viaggio”. «Quella del futuro in questo caso non è solo una metafora», sottolinea Romano, «perché entrare nei primi autogrill era un po’ come entrare nel futuro: a progettarli venivano chiamati, e invitati a osare, i migliori architetti. E diventavano delle esemplificazioni di soluzioni avveniristiche, dagli oggetti ai servizi». Luoghi emozionanti, come testimoniano le parole di Alberto Arbasino in La bella di Lodi, una love story datata 1960 (e divenuta film con la Sandrelli tre anni dopo), vissuta su e giù per l’autostrada del Sole: «Come sfondo, una nuovissima stazione di servizio appena inaugurata. Distributori Supercortemaggiore con pennoni gialli sventolanti e bandierine dure di plastica, cani a sei zampe da tutte le parti… Macchine che passano velocissime. Anche camion: tutto uno sfrecciare. Rimorchi, polizia stradale, famigliacce euforiche… Del resto ricordiamo tutti – no? – l’emozione della scoperta, quando hanno inaugurato l’autostrada del Sole e si è cominciato ad andar su e giù sveltissimi senza gli intasi della via Emilia, e la prima volta che si è messo piede in un Pavesini. Il vero on the road!».Le ambizioni dei primi autogrill erano in sintonia con quelle che avevano portato la rete delle autostrade a un intenso sviluppo a partire dagli anni Venti: la prima, la Milano- Laghi, è del 1922. Curiosità: non aveva caselli, ma il pagamento del pedaggio avveniva nell’unica area di sosta, dove era obbligatorio fermarsi. Tutto l’opposto di oggi. Nota Romano: «Serbatoi capienti e moderati consumi consentirebbero alle auto di andare da Milano a Napoli senza nemmeno una sosta. Anche per questo gli autogrill devono uscire dal torpore in cui sono piombati dagli anni Settanta, cambiare e dare ragioni in più per fare una sosta. Cominciando a eliminare due dei principali difetti: la gimkana obbligatoria fra gli scaffali per raggiungere l’uscita e il cibo: più o meno uguale in tutta Italia. Invece la scelta, oltre a essere articolata in base a quanto tempo si ha e a quanto si vuole spendere, deve rispecchiare le identità territoriali. Se mi fermo dalle parti di Bologna non posso trovare le stesse cose che mangerei a Napoli».Le autostrade non sono solo state motori dello sviluppo – l’A1, la prima a due corsie, inaugurata nel 1964, ha consolidato il boom economico – ma, insieme alla tv, sono anche state un fattore chiave per l’unificazione del Paese. Unito, ma non uniforme. Perché l’Italia dei campanili è anche la patria delle mille cucine e delle infinite ricette. Dove i nuovi punti di ristoro potrebbero diventare oasi del gusto, dallo spuntino al pranzo d’autore del grande chef.